Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Gli americani confermano di aver ucciso Turki al Binali, la star dei predicatori dello Stato islamico

Il CentCom, il comando del Pentagono che copre le operazioni dall’Egitto all’Afghanistan (dunque il Medio Oriente), ha confermato martedì 20 giugno, che in un bombardamento mirato dell’operazione Inherent Resolve, come gli americani chiamano la guerra all’IS, è stato ucciso Turki al Binali. Binali è un grosso personaggio del Califfato, è un predicatore dei più in voga tra i baghdadisti, un leader. L’attacco contro di lui è avvenuto il 31 maggio in Siria (sulla località ci si tornerà); già dai primi di giugno se ne sa qualcosa.

CHI È BINALI…

Binali è del Bahrein, dove ha passato diversi anni a predicare e raccogliere consensi, mentre scriveva parallelamente con un’identità segreta testi radicali che invitavano alla lotta armata da diffondere su internet. Queste informazioni le ha raccolte Daniele Raineri del Foglio, che tra i giornalisti occidentali è stato uno dei primi a sottolineare l’importanza del chierico baghdadista nell’organizzazione. La sua vita è, come quella di altri leader dell’IS, coperta da mistero e vuoti, ma si sa che nel 2013 viaggiò in Libia, dove a Sirte tenne un ciclo di lezioni che avevano come secondo fine iniziare a preparare il terreno per quella che poi sarebbe diventata la “fiorente capitale dello Stato islamico” (come un paio d’anni più tardi la chiamò il New York Times).

… NELLA CATENA DI COMANDO

Binali, che ha scritto la biografia del portavoce Abu Mohammed al Adnani, era considerato una grande fonte di reclutamento e proselitismo. CentCom dice che era anche molto vicino al Califfo Abu Omar al Baghdadi, “uno stretto confidente”, e questo apre uno scenario laterale all’uccisione (ci si arriverà). Il predicatore è stato ucciso a Mayadin, che da tempo da chi segue i movimento dello Stato islamico è considerata la nuova roccaforte, dopo che Raqqa è stata completamente circondata dalle forze che la Coalizione internazionale sta spingendo contro il Califfo, e Mosul, la capitale dello Stato islamico, sta ormai cadendo completamente sotto i colpi della campagna di riconquista.

MAYADIN E IL CORRIDOIO

Mayadin si trova sulla direttiva nordovest-sudest di Raqqa: l’accerchiamento dell’ex capitale siriana ha lasciato aperto la rotta meridionale che scorre lungo il cosiddetto Corridoio dell’Eufrate, un’area teoricamente protetta che ha dato riparo a diversi baghdadisti (leader compresi), ma che è diventata allo stesso tempo il territorio di caccia dei velivoli americani che, grazie a informazioni di intelligence sempre migliori, martellano la catena di comando dell’IS (nell’ultimo anno e mezzo, sono stati uccisi: Abu Omar al-Shishani, Abu Muslim al-Turkmani, Abu Mohammed al-AdnaniAbu Ali al-Anbari). Binali è stato colpito mentre viaggiava nella sua auto – i sistemi di attacco americani hanno una precisione tale che riescono a scegliere il posto macchina di un veicolo da colpire, usando missili a potenziale ridotto per evitare danni collaterali.

SUL CALIFFO NIENTE CONFERME

Ecco allora lo scenario laterale. Binali è un altro dei leader di alto livello uccisi lungo il corridoio naturale che costeggia il corso del fiume (là gli americani hanno anche cercato approcci diretti, con missioni delle forze speciali per catturare vivi alcuni quadri). E questo è un elemento circostanziale in meno a sostegno della tesi russa di aver ucciso il Califfo a Raqqa, molto più a nord – ‘Perché il Califfo sarebbe dovuto rimanere a Raqqa, assediata?’ è il dubbio di fondo davanti alla debole ricostruzione di Mosca. Il procedimento di riconoscimento di un leader terroristico ucciso a distanza segue diverse piste: potrebbe esserci l’annuncio da parte dell’organizzazione, sempre suscettibile di falsi avvisi per distrarre l’attenzione; potrebbe esserci un contatto visivo sul posto; o ancora l’analisi del Dna, che richiede ancora più vicinanza. Martedì il vice ministro degli Esteri russo, Gennady Gatilov, ha detto alla Interfax che Mosca non può confermare l’uccisione di Baghdadi, tornando su una linea più cauta seguita dalla diplomazia (rispetto a quella più spregiudicata degli ambienti militari, che hanno detto che il Califfo è stato ammazzato in un raid in cui sono morti 300 baghdadisti). La Difesa russa sostiene da venerdì di aver buone prove sull’uccisione del più grosso ricercato del momento, avvenuta in un raid aereo del 28 maggio: per ora non ci sono conferme, ma anzi annunci cauti, quasi smentite, dal Cremlino.

(Foto: Twitter, @DanieleRaineri)

×

Iscriviti alla newsletter