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Ecco come Matteo Salvini straparla di immigrazione e Nigeria in tv

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Davvero siamo un “popolo” di radici e cultura cristiana scosso dall’arrivo di portatori di altri sistemi di vita, di altri “valori”, che ci mettono nel pericolo di perdere la nostra “identità”? Per affrontare questo importantissimo argomento prendo spunto da un’affermazione del leader della Lega Nord, Matteo Salvini, che ieri sera, parlando di immigrazione e rimpatri, ha assicurato dagli schermi di La7: “In Nigeria non c’è nessuna guerra”. È proprio così? “Nei primi tre mesi del 2017 il numero di minorenni utilizzati [da Boko Haram] in attacchi suicidi nella regione del Lago Ciad — che oltre alla Nigeria comprende Niger, Ciad, e Camerun — è salito a 27 rispetto ai 9 casi registrati nello stesso periodo dell’anno scorso. Questo incremento è un’ulteriore conferma della strategia che l’organizzazione terroristica ha scelto per compiere le sue azioni. Dal 2014 a oggi sono 117 i bambini utilizzati per portare a termine attacchi suicidi con bombe in luoghi pubblici”. Questo ha scritto Tempi proprio in questi giorni. Siamo sicuri che in Nigeria non ci sia nessuna guerra? “Nei prossimi sei mesi 20 milioni di persone rischiano di morire di fame in quattro Paesi devastati da guerre civili e carestia. Sono Yemen, Somalia, Sud Sudan e il Nord della Nigeria”. Lo ha detto pochi mesi fa il vice segretario generale dell’Onu: 1,4 milioni di bambini sono a “imminente rischio” di morte. Le dimensioni della crisi “non hanno precedenti negli ultimi decenni”.

Il discorso merita attenzione perché la discussione cui ho fatto riferimento è giunta dopo la trasmissione di un raccapricciante reportage da un Centro di accoglienza per richiedenti asilo dove, in condizioni disumane, al costo di 22 euro al giorno per ospite pagati non a loro ovviamente ma a chi gestisce la struttura, vengono tenuti tantissimi sventurati giunti nel nostro Paese. E molti di loro sono nigeriani e nigeriane. Ma se nel loro Paese non ci sono pericoli probabilmente sarà possibile rimpatriarli.

Eppure è ancora recente il terrificante racconto di oltre ottante ragazze liberate da Boko Haram, dopo un lunghissimo sequestro. Se ne parlò molto, a suo tempo. Ora quel sequestro e l’agghiacciante racconto di chi è sopravissuto sembra sparire. Come la stessa “emergenza Boko Haram”. Villaggi incendiati, popolazione messa in fuga, razzie.

La trasmissione è stata importante però anche per un terzo aspetto. Non solo per il dolore lancinante che provoca vedere persone tenute senza acqua corrente, senza strutture igieniche adeguate, che dormono in camerate che ricordano gli allevamenti intensivi. Non solo per le dubbie certezze sulla Nigeria, ma anche per l’apprezzata politica europea e italiana di investire nel Niger. Vediamo. Ha scritto Emilio Drudi su Diritti e Frontiere: “Nei piani di Bruxelles è il Niger il caposaldo del nuovo sistema da attuare a sud del Sahara per bloccare il flusso dei profughi verso l’Europa. Nel programma sono inseriti anche altri Stati. Nel giugno scorso, i commissari per la politica estera, Federica Mogherini, e per l’immigrazione, Dimitris Avramopoulos, ne hanno elencati altri sei: Etiopia, Mali, Nigeria, Senegal, Tunisia e Libia. La chiave di volta, però, è il Niger, che quest’anno – come ha riferito il quotidiano spagnolo El Pais, citando come fonte l’ambasciatore Ue nel Paese, Raul Mateus – è stato il maggiore beneficiario degli aiuti europei per abitante (per un totale di centinaia di milioni di euro) e che, facendosi forte evidentemente del ruolo che gli viene assegnato, ha già richiesto nuovi consistenti finanziamenti, più di un miliardo, per la “lotta all’immigrazione clandestina”.

Il motivo della scelta sta nei “numeri”: l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha stimato che nel 2016 sono transitati dal Niger circa il novanta per cento dei migranti arrivati in Libia per cercare poi un imbarco verso l’Italia. E, sulla base di quanto emerge dai rapporti di varie organizzazioni umanitarie, da inchieste giornalistiche e da fonti di polizia, ce ne sarebbero a migliaia in attesa di mettersi in marcia da Agadez, la base di partenza principale delle “piste del contrabbando” che attraverso il deserto portano in Libia o in Algeria. L’idea, allora, sarebbe quella di “gestire” questi flussi in continua crescita facendo del Niger una sorta di hub di concentrazione, identificazione e smistamento dei migranti, con il supporto di campi attrezzati, magari sotto l’egida dell’Unhcr e dell’Oim, dove i profughi potrebbero eventualmente presentare domanda d’asilo e aspettare poi l’esito dell’esame, oppure soggiornare in attesa di riuscire a stabilizzarsi nello stesso Niger o in qualcuno degli Stati vicini, tanto più che, secondo i dati della Banca Mondiale, oltre il 75 per cento dei migranti subsahariani non puntano verso l’Europa ma preferiscono restare in Africa. Per molti versi, dunque, un grande hub che farebbe da “barriera selettiva”. E il Niger, rileva El Pais, diventerebbe così “il nuovo confine della ogni giorno meno salda Fortezza Europa”.

Tutto questo, a mio avviso, è di grande importanza, perché ci dice che la mancanza di consapevolezza davanti alla questione migratoria ci sta portando a cambiare noi stessi, non “loro”. Si riflette poco sul dato, credo oggettivo, che la spesa per l’accoglienza in Italia, intorno ai dieci miliardi annui, è inferiore agli introiti per il nostro sistema previdenziale, che vede i migranti partecipare con 12 miliardi. Questi soldi, indubbiamente, contribuiscono alla tenuta del sistema previdenziale per tutti. Ma non è solo questo. La mancanza di una politica nei confronti dell’Africa, dove la Cina ha investito enormemente di più rispetto alla più vicina Europa, l’illusione di risolvere tutto con un tappo, ieri la Libia di Gheddafi, da molti rimpianta proprio per questo motivo, per i suoi lager di migranti, si unisce a una percepita questione identitaria per cui saremmo a rischio “invasione”.

È questo il nodo di fondo alla base della percepita “questione sicurezza” posta da flussi migratori che l’Europa non è capace di governare. Ma quale sicurezza potrà venirci da Centri di accoglienza per richiedenti asilo come quello mostrato da La7?  “In televisione non si sente il fetore”, diceva un operatore mentre riprendeva il Cara in questione. Immagini importanti, forse anche per chi cerca luoghi di radicalizzazione.

L’Europa in calo demografico deve fare i conti con la diversità e l’integrazione, che vuol dire portare all’interno di una cultura altri elementi e portare in altre culture la nostra, creando un nuovo soggetto, basato su un riferimento di principi giuridici indiscutibili. Indiscutibili vuol dire “certi”, e quindi qualche certezza deve esserci. Una base postmodernista, dove di certo non v’è più nulla, non è ammissibile. E tra queste certezze c’è anche il principio dell’accoglienza. Senza il quale ho l’impressione che saremmo noi a respingere noi stessi. Perché questo Paese assetato di “identitarismo cristiano” non può dimenticare Giovanni: se gli apriamo il cuore gli permetteremo di mettere la sua dimora tra noi. Dunque l’accoglienza ci permette di ritrovarci finalmente a casa.

Tutto questo ovviamente deve fare i conti con la realtà, ma è negandolo che si creerebbero le condizioni per essere invasi, non affermandolo. Ecco perché, a mio avviso, se c’è qualcuno che difende la nostra “identità”, le nostre radici cristiane, è papa Francesco, non certo i neocrociati che lo definiscono il papa che favorisce “l’invasione”. Anzi, guardando le immagini trasmesse dal Cara, quei corpi ammassati come fosse pollame, pensando agli utili che ne derivano e riflettendo sulle conseguenze mi sono ricordato di quanto ha detto papa Francesco qualche mese fa: “Chi governa allora? Il denaro. Come governa? Con la frusta della paura, della disuguaglianza, della violenza economica, sociale, culturale e militare che genera sempre più violenza in una spirale discendente che sembra non finire mai. Quanto dolore e quanta paura! C’è – l’ho detto di recente – c’è un terrorismo di base che deriva dal controllo globale del denaro sulla terra e minaccia l’intera umanità. Di questo terrorismo di base si alimentano i terrorismi derivati come il narco-terrorismo, il terrorismo di Stato e quello che alcuni erroneamente chiamano terrorismo etnico o religioso. Ma nessun popolo, nessuna religione è terrorista! È vero, ci sono piccoli gruppi fondamentalisti da ogni parte. Ma il terrorismo inizia quando hai cacciato via la meraviglia del creato, l’uomo e la donna, e hai messo lì il denaro. Tale sistema è terroristico.” Non è proprio così?

 



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