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Ecco tutte le follie burocratiche della norma Airbnb

affitti brevi

Dopo la falsa partenza di giugno, gli intermediari immobiliari, compresi i portali online, grazie al provvedimento pubblicato solo ieri dall’Agenzia delle entrate, già dal prossimo 17 luglio saranno chiamati alla cassa e non potranno più sfuggire al nuovo carico di adempimenti fiscali portato dall’applicazione della “norma airbnb”.

La norma infatti, benché introdotta con lo specifico scopo di contrastare la diffusa evasione nel settore delle locazioni turistiche, si è rivelata un vero e proprio pugno nello stomaco per gli intermediari, usati dal legislatore come “longa manus” dell’Agenzia delle Entrate.

Le disposizione appunto oltre ad obbligare tutti gli operatori che “mettono in contatto persone in ricerca di un immobile” ad applicare ai locatori una ritenuta sul canone incassato del 21%, li vincola anche all’invio di una comunicazione stile “censimento” con nome, cognome e codice fiscale del proprietario, ma con anche la durata del contratto, l’importo del corrispettivo lordo e l’indirizzo dell’immobile affittato.

Già questo potrebbe sembrare un onere eccessivo per chi come Airbnb opera con centinaia di migliaia di locatori in tutta Italia ma gli adempimenti non si limitano a questo, coloro che applicheranno la ritenuta del 21% infatti dovranno adempiere a tutti obblighi dei sostituti di imposta inviando la certificazione di quanto trattenuto ad ogni singolo cliente-proprietario e presentando modelli 770 estremamente complessi ma saranno esentati però dall’invio della comunicazione “censimento”.

Stiamo dunque di parlando di un aggravio documentale mostruoso il cui costo grava totalmente sulle imprese che non può essere giustificato con la necessità di tenere sotto controllo un particolare settore, attività il cui onere che dovrebbe essere sopportato dallo Stato.

La visione diventa ancora più critica se si considera che questi portali operano in totale trasparenza girando ai locatori gli incassi su conto corrente e tutti ben sappiamo che l’Agenzia delle Entrate avrebbe tutte le capacità accertative sui proprietari degli immobili essendo a conoscenza dei dati bancari di tutti i cittadini italiani che sono periodicamente inviati dagli intermediari finanziari.

Senza entrate nel merito delle altre, enormi, incongruenze delle norma come la ritenuta forzatamente applicata anche agli “operatori professionali” o la necessità di identificazione per gli intermediari esteri ci troviamo di fronte l’ennesimo caso in cui per risolvere parzialmente un problema (l’evasione) ne vengono creati molti altri a sempre a danno degli operatori, gravati di altri costi ed altri pesantissimi obblighi burocratici.

Alla luce degli ultimi neo introdotti adempimenti come le liquidazioni iva e lo spesometro trimestrale sempre in nome della lotta all’evasione pare chiaro che alle imprese è stato attribuito coattivamente il ruolo di “data entry” dell’Agenzia delle Entrate ed a questo punto, visto il prezioso lavoro svolto, attribuirgli un compenso a carico dello Stato sarebbe così improprio?



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