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I sauditi danno altre 48 ore al Qatar (e Trump cerca di sbloccare la crisi)

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Il presidente americano Donald Trump ha annunciato stamattina su Twitter di aver parlato domenica 2 luglio con il re saudita a proposito “della pace in Medio Oriente”, qui espressa in declinazione ‘rottura dei rapporti diplomatici tra Qatar e altri paesi locali’, e ha scritto che “stanno accadendo cose interessanti”.

Il lavorio diplomatico gira tutto intorno alle richieste che sauditi, emiratini, e altri paesi di un blocco guidato da Riad e Abu Dhabi, avevano avanzato per rompere l’isolamento in cui l’emirato è stato messo a inizio giugno con l’accusa formale di essere un paese che finanzia il terrorismo – informalmente: è un modo per far pressione su Doha affinché allinei le sue politiche con quelle degli altri paesi del Golfo e dimentichi ambizioni personaliste soprattutto nei rapporti internazionali. Il ministro degli Esteri qatarino Mohammed bin Abdulrahman al Thani si trova in queste ore in Kuwait, stato che si sta occupando della mediazione.

L’ULTIMATUM PROLUNGATO

Oggi, lunedì 3 luglio, sarebbe dovuto scadere l’ultimatum dato a Doha, che però è stato prolungato di altre 48 ore su richiesta dell’emiro kuwaitiano – mercoledì è previsto al Cairo un incontro dei ministri degli Esteri del blocco Saudi-led. Ieri la notizia del rifiuto qatarino è stata diffusa da Al Arabiya, Tv panaraba controllata dai sauditi diretta concorrente di Al Jazeera, di proprietà del Qatar. La chiusura di quest’ultima è una delle condizioni imposte dal blocco isolante, considerate dal Qatar una violazione della propria sovranità, ed è uno degli aspetti probabilmente più complicati: Doha la considera un asset governativo, anche perché grazie al media network riesce a fluidificare parte del suo soft power (il resto lo fa in maniera meno soft il gigantesco portafoglio del suo fondo sovrano QIA).

LE PAROLE ROMANE DEL MINISTRO DI DOHA

L’avversità nei confronti della lista di richieste è stata affrontato da al Thani durante un intervento all’hotel Excelsior di Roma, sabato. Il ministro aveva detto in anteprima: “Tutti sanno che queste richieste sono state fatte per violare la sovranità del Qatar, limitare la libertà di parola e imporre un meccanismo di controllo sul Qatar. Pensiamo che il mondo non si governi con gli ultimatum, ma con il diritto internazionale, con un ordine che non permette ai grandi paesi di fare i prepotenti con quelli piccoli”. La lista, secondo il capo della diplomazia di Doha, era stata fatta apposta “per essere rifiutata”.

E SE DOHA DICE NO?

Il ministro degli Esteri degli Emirati Arabi, paese che con l’Arabia Saudita ha promosso il blocco, ha già annunciato che se Doha non avesse rispettato le richieste della lista sarebbe stata messa sotto ulteriori sanzioni, ed ha evocato apertamente la possibilità di buttarla fuori dal Consiglio della Cooperazione del Golfo, l’entità regionale che raccoglie  Arabia Saudita, Bahrein, Emirati, Kuwait, Oman, e Qatar appunto.

IL GIOCO DEGLI ATTORI ESTERNI

Su certe posizioni rigide il ruolo degli attori esterni è piuttosto importante. L’amministrazione Trump ha lavorato su due binari: da una parte il presidente, che ha fatto anche eco alle accuse saudite (rivendicando un sorta di ruolo sulla decisione, probabilmente rafforzata dalla sua visita a Riad); dall’altra il dipartimento di Stato e il Pentagono che hanno da subito avviato una traiettoria diplomatica. In questo genere di contatti è stato piuttosto attivo anche il Cremlino. Sabato scorso il presidente russo Vladimir Putin ha parlato con i leader di Qatar e Bahrein per cercare di “normalizzare la situazione”.

IL RUOLO AMERICANO

Trump domenica ha avuto contatti telefonici anche con Doha e Abu Dhabi. Una nota della Casa Bianca ha anticipato il tweet: “Il Presidente ha sottolineato che l’unità nella regione è fondamentale per realizzare gli obiettivi del vertice di Riyadh di sconfiggere il terrorismo e promuovere la stabilità regionale. Il presidente Trump, comunque, ritiene che l’obiettivo primario della sua iniziativa è la cessazione del finanziamento del terrorismo”. Sabato anche il senatore John McCain, repubblicano a capo delle voci critiche con la presidenza, s’è mosso per incontrare alcuni alti rappresentati emiratini. McCain è il presidente della Commissione Forze armate del Senato: il Qatar è un alleato americano che ospita la più grande base militare statunitense in Medio Oriente.

 

 


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