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Vi racconto 2 storie su corsi di formazione e assegni di ricollocazione

Maurizio Del Conte, storie

Giunta Capitolina: come Lemmetti così Lettogli.

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Donald Trump e Virginia Raggi hanno inventato una nuova sfida a chi impiega meno tempo tra l’assunzione e il licenziamento dei propri collaboratori. Per adesso è in vantaggio il sindaco di Roma.

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L’Unione industriali di Treviso ha deplorato, con una lettera aperta su di un giornale cittadino della sua presidente Maria Cristina Piovesana, l’insuccesso di un corso di formazione riservato ai giovani aderenti ad un bando che metteva a disposizione 200 posti di lavoro. Nella lettera la presidente si è spinta fino a denunciare un vero e proprio “boicottaggio”, dal momento che a presentarsi sono stati solo in cento. Bisognerà, prima o poi, riflettere su casi come questi che diventano sempre più frequenti, ma che vengono ignorati apposta perché è “politicamente corretto” dissertare della disoccupazione giovanile e compiangere una generazione che riesce a vivere benino anche senza prendersi il disturbo di lavorare.

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In un articolo sul Corriere della Sera, un giornalista economico di vaglia, come Enrico Marro (nella foto), racconta le difficoltà che incontra l’Anpal, l’agenzia per le politiche attive del lavoro di recente istituzione, presieduta da Maurizio Del Conte. Il Jobs act ha affidato all’Anpal il compito di erogare l’assegno di ricollocazione, un bonus che i lavoratore disoccupato porta in dote ad un’agenzia di collocamento che si offre di ricollocarlo sul mercato. Dalle prime esperienze compiute – il loro numero è tuttora limitato – emerge una diversa propensione dei lavoratori aventi diritto: il 90% di coloro a cui è stata la lettera con l’inviato ad usufruire dell’assegno di ricollocazione e quindi dei servizi utili a trovare una nuova occasione di lavoro hanno ignorato la proposta per continuare a riscuotere la Naspi (la prestazione che ha sostituto l’indennità di disoccupazione) fino alla sua scadenza (e magari svolgere nel frattempo un lavoro in nero).

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“Trevico Torino, viaggio nel Fiat-nam” è un film del 1973 di Ettore Scola, prodotto da una casa cinematografica legata al Pci. Nel film vengono descritte – con la partecipazione di molti lavoratori presi dalla vita reale – le condizione dell’emigrazione di molti giovani meridionali nell’area del triangolo industriale, ma soprattutto alla Fiat, allora grande idrovora di manodopera. La trama è la seguente. Fortunato Santospirito è un giovane che da Trevico (Avellino) arriva a Torino, convocato dalla Fiat. La prima sistemazione la trova nell’atrio della stazione Porta Nuova, poi alla mensa per i poveri e nel dormitorio pubblico. Un prete assistente sociale gli espone la situazione precaria degli immigrati meridionali e gli fornisce i primi orientamenti. Assunto in fabbrica, Fortunato osserva, ascolta, riflette e fa amicizia con un sindacalista comunista, anch’egli meridionale. Frequenta gli ambienti dove si riuniscono i meridionali, sente e legge gli incitamenti degli studenti di gruppi dell’estrema sinistra, fra i quali Vicky, ragazza saccente, simpatica e sincera a modo suo, fuggita da una famiglia priva di calore umano. Intanto ai suoi familiari comincia a mandare i primi soldi guadagnati e a scrivere loro le proprie impressioni. La vita è stentata, il lavoro durissimo è appesantito dalla frequenza delle scuole serali. I suoi incontri con Vicky si trasformano in un’amicizia, che si interrompe quando Fortunato – qui comincia il messaggio politico – ha ormai maturato la convinzione che i problemi del Sud si possono risolvere solo al Sud.

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