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Civiltà Cattolica, Donald Trump e la nomina di Sam Brownback

Conservatore, protestante fino al 2002 quando si è convertito al cattolicesimo. Il governatore del Kansas è un convinto prolife, contrario al matrimonio omosessuale, amico di Israele e scettico verso certe richieste musulmane. Da senatore repubblicano ha affrontato la tutela dei diritti umani tra Corea del Nord e Iraq. È con questo curriculum che Sam Brownback (nella foto, tratta dal suo profilo Twitter) è stato scelto dalla Casa Bianca come ambasciatore nel mondo per la difesa della libertà religiosa. Se Donald Trump voleva rispondere al saggio di Civiltà Cattolica su fondamentalismo evangelicale e integralismo cattolico negli Stati Uniti, non poteva farlo in modo più diretto. Brownback è per certi versi il perfetto ritratto di quell’American way of life bersagliata da Antonio Spadaro e Marcelo Figueroa. Ma la sua personalità rappresenta anche un appiglio per chi quel saggio approvato dalla Santa Sede lo va criticando. Come l’arcivescovo di Philadelphia. Per Charles Chaput è “semplicistico e inadeguato”.

COSA FA L’AMBASCIATORE PER LA LIBERTÀ RELIGIOSA

Se confermato dal Senato, Brownback sarebbe il primo cattolico a capo dell’Office of International Religious Freedom, incaricato di “promuovere la libertà religiosa e di coscienza nel mondo come obiettivo fondamentale della politica estera statunitense”. L’ufficio, insieme a quello di una commissione indipendente in materia, è stato creato nel 1998 da Bill Clinton con sostegno bipartisan. Tra i principali sponsor c’è lo stesso Brownback. “Democratici e repubblicani decisero che gli Stati Uniti si dovessero identificare con il diritto di libertà religiosa e la libertà religiosa dovesse identificarsi con l’esperienza americana”, riassume Pasquale Annicchino, autore di Esportare la Libertà religiosa. Il modello americano nell’arena globale (Il Mulino).

CHE COSA HA FATTO DA SENATORE

Certi temi l’ambasciatore eletto li frequenta da tempo. Dal 2005 al 2011, quando sedeva a Capitol Hill, si è segnalato come il primo senatore ad andare nel Darfur. Impegnato per aiutare le popolazioni del Sudan; ha viaggiato in Rwanda e Congo in piena crisi umanitaria. Nel 2005 con una risoluzione ha tuonato contro la persecuzione delle minoranze religiose in Russia. Nel 2010 ha introdotto una misura per condannare l’Iran e chiedere il rilascio di alcuni leader Baha’i presi prigionieri. Considera Israele il paese chiave per la pace in Medio Oriente.

GLI USA E LA RELIGIONE

Dichiarava nel 2007 che è “difficile capire gli americani senza comprendere la fede”. Rivendica la voce della religione nello spazio pubblico. Priorità che l’integralista cattolico Brownback aveva fatto sue quando ancora era fondamentalista evangelico. Nello stesso intervento anticipava le obiezioni sulla presunta ricerca del conflitto di un certo americanismo religioso che se un tempo si sentiva minacciato “dai diritti degli schiavi neri”, oggi per Civiltà Cattolica si sente assediato da “migrati e mussulmani”: “Come si può capire Martin Luther King e il movimento dei diritti civili senza partire dalla sua appartenenza religiosa, dal suo essere un pastore battista?”. Sostiene che fede e impegno sociale-politico non siano separabili.

TRUMP INSISTE SULLA LIBERTÀ RELIGIOSA

Trump ha ancora parecchi suoi ambasciatori da piazzare nelle capitali del mondo. Sedi sono ancora vacanti in Paesi cruciali. Eppure si è mosso spedito per un ufficio che qualcuno cominciava a considerare di secondo piano. Durante l’amministrazione Obama quel posto è rimasto scoperto per buona parte della presidenza (43 mesi su 96). Mr Donald agisce diversamente. Già in maggio aveva firmato un ordine esecutivo sulla tutela della libertà religiosa nel Paese, con il plauso dell’episcopato Usa. A sette mesi dall’insediamento guarda oltre confine, dove, secondo un rapporto del Pew Research Center, la persecuzione religiosa è in aumento: quasi i tre quarti della popolazione mondiale vive “con restrizioni o ostilità elevate o molto elevate”.

SAM, L’ECUMENISMO SOTTO IL TETTO

Scrive Civiltà Cattolica: “Sia gli evangelicali sia i cattolici integralisti condannano l’ecumenismo tradizionale, e tuttavia promuovono un ecumenismo del conflitto”. Sam Brownback l’ecumenismo lo vive quotidianamente. Fin sotto il tetto di casa. Cresciuto da metodista, col tempo comincia a frequentare con la moglie e i cinque figli (due adottati: una è originaria della Cina, uno dal Guatemala) la Topeka Bible Church, una nondenominational chiesa evangelica. Nel 2002 si fa battezzare a Washington in una parrocchia gestita dall’Opus Dei. La famiglia rimane protestante. Così la domenica mattina prima va a messa nella chiesa cattolica, poi accompagna moglie e figli al servizio evangelico.

LE CRITICHE, RICAMBIATE, AL MOVIMENTO LGBT

Per lui la famiglia, quella uomo-donna, è centrale. Si era battuto al Congresso contro le unioni civili. Nel 2016 ha, tra l’altro, firmato il Campus Freedom Bill, che consente ai gruppi studenteschi di negare l’accesso alle loro organizzazioni a chi è ritenuto non coerente all’impronta religiosa. Per gli attivisti Lgbt, una norma discriminatoria. A Brownback contestano anche di avere difeso pubblicamente un fiorista che si era rifiutato di fornire i propri servizi al matrimonio di una coppia gay. Insomma: under the rainbow, la sua nomina è stata presa malissimo. Infatti si chiede al Senato di non ratificarla.

THE DONALD E L’ARCOBALENO

Su certi temi come la pensi Brownback è evidente. Trump lo ha scelto, e lo ha fatto negli stessi giorni in cui si beccava una gragnuola di epiteti come omofobo e bigotto per avere annunciato di volere vietare l’arruolamento di persone transgender nell’esercito americano. Le stesse ore in cui posizionava un altro tassello del puzzle diplomatico, nominando ambasciatore in Germania Richard Grenell, omosessuale dichiarato.

UN GOVERNATORE “MANICHEO”

Il governatore del Paese dei girasoli è politicamente considerato un conservatore sociale. Qualcuno lo definisce “compassionevole”. Brownback presta il fianco alle critiche sul fondamentalismo Usa quando fa sua l’idea dell’eccezionalismo americano: descrive gli Stati Uniti come “luogo speciale” con “un destino per l’umanità”. Poi scompiglia le carte: nella sua visione l’eccezionalismo va declinato come soccorso ai deboli. Decreta Civiltà Cattolica nel numero uscito a metà luglio: “In alcuni governi degli Stati Uniti si è notato il ruolo sempre più incisivo della religione nei processi elettorali e nelle decisioni di governo: un ruolo anche di ordine morale nell’individuazione di ciò che è bene e ciò che è male”. È “manicheismo politico”. Non si può dire che Brownback non distingua.

CRISTIANESIMO E POLITICA, FAITH & FIGHT

Nel 2006, quando stava accarezzando l’idea di correre alle primarie repubblicane, rivelò di avere incorniciato nel suo studio il passo evangelico dell’ama il prossimo tuo come te stesso. Senza la fede in Dio, diceva citando il brano di Matteo, quell’amore non sarebbe possibile. Un ritratto del The Weekly Standard di qualche anno fa dava conto del fatto che l’allora senatore facesse regolarmente visita nelle carceri per aiutare il reinserimento sociale dei detenuti. Spesso utilizza immagini bibliche come “vedove e orfani”, il “più piccolo di questi”, “stranieri sulla terra” per descrivere la fonte del suo impegno politico. Sono persone che individua nei “non nati”, nei malati e nei disabili. Include i poveri e gli immigrati; i perseguitati per le loro convinzioni politiche e religiose; gli uccisi a causa della razza o dell’etnia; chi è ridotto in schiavitù o è colpito da malaria e Aids. Solo per stare al tema aborto: da governatore ha firmato 17 provvedimenti restrittivi e uno a tutela dell’obiezione di coscienza dei farmacisti sulla vendita di farmaci abortivi. Per molti tornanti somiglia alla strada di quell’ecumenismo conservatore che per il quindicinale dei gesuiti si percorre “sul terreno di temi come l’aborto, il matrimonio tra persone dello stesso sesso, l’educazione religiosa nelle scuole e altre questioni considerate genericamente morali o legate ai valori”. Così la fede (faith) si fa battaglia (fight). Per Brownback non è un problema.

LE PREOCCUPAZIONI DEI LIBERAL

C’è chi ha espresso il timore che, se confermato nel nuovo incarico, si concentrerà sui diritti dei cristiani anziché promuovere la libertà di tutte le credenze, compreso l’ateismo, come richiede la legge. Appena nominato ha twittato: “La libertà religiosa è la prima libertà”.

In seguito ha affermato “di essere ispirato dalla massima di Madre Teresa, che aveva detto di amare tutte le religioni, ma era innamorata della sua fede”. Qualcuno lo ha trovato poco rassicurante.

CONSERVATORI FELICI

Così gli Usa si sono divisi tra applausi e fischi. Conservatori felici. Liberal in stato di shock. “Grande personalità”, commenta, tra i molti altri, il leader evangelico Richard Land. Jeff Ballabon, attivista ebraico repubblicano, dichiara a Jta tutto il suo entusiasmo: “È una scelta davvero ispirata”. Il prossimo cane da guardia della libertà religiosa per gli Stati Uniti nel mondo si è battuto per il riconoscimento internazionale del genocidio armeno, parola tabù per la Turchia che Obama non è riuscito a pronunciare. Lo ha fatto Papa Francesco. Oggi gli armeni americani applaudono alla promozione del governatore.

UN INCUBO (ANCHE) PER I GESUITI

È un nightmare, un incubo. Sotto un titolo che dice tutto, Mark Silk del Trinity College, sul Religion News Service, ironizza: “L’unica cosa buona è che lascerà il Kansas”. Allusione alla politica di tagli aggressivi alle tasse adottata dal governatore, a cui opposizione e stampa contestano il risultato di un drammatico contorno di buchi di bilancio. Secondo un recente sondaggio con appena il 25% di gradimento è il governatore più impopolare degli Stati Uniti. Padre Thomas Reese, ex direttore di America, magazine dei gesuiti della big apple newyorkese, si è affrettato a ritwittare il giudizio. Reese è consigliere dell’agenzia federale sulla libertà religiosa che dovrà collaborare con il nuovo ambasciatore.

MUSULMANI ALLARMATI

Non solo liberal e gay. Alcune organizzazioni di musulmani sono allarmate. Per il Cair, la storia personale di Brownback è sufficiente per “escluderlo dall’ufficio di ambasciatore per la libertà religiosa”. Robert McCaw, direttore del Council on American-islamic relations, non gli perdona le misure adottate nel Kansas. A cominciare dalla legge del 2012 destinata a bloccare ogni uso della legge islamica (sharia) nei tribunali del Paese. Un provvedimento che altri governatori hanno adottato – e che è in vigore anche fuori gli Stati Uniti, come in Quebec. Nel testo del Kansas non è esplicitamente citata la sharia, quanto una più ampia supremazia delle leggi nazionali su qualsiasi altra, a tutela della laicità. Mossa irrispettosa della volontaria sottomissione religiosa o rivendicazione della separazione chiesa-stato? Da che parte starebbe Civiltà Cattolica che critica la difesa di una libertà religiosa suonata “al ritmo dei fondamentalisti della religione in libertà, percepita come diretta sfida virtuale alla laicità dello Stato”? Con il fondamentalista evangelicale e integralista cattolico Brownback o coi musulmani liberal del Cair che vorrebbero l’applicazione della sharia nella terra di Lincoln?

IMMIGRAZIONE MA CON JUICIO

Per Civiltà Cattolica “la prospettiva più pericolosa di questo strano ecumenismo dell’odio” avrebbe in migranti e musulmani i suoi nemici dichiarati. Il profilo di Brownback ancora una volta corrisponde e si sottrae alla lettura offerta dal saggio. Se nel 2015 il governatore storceva il naso all’annuncio elettorale di Trump di un bando all’ingresso nel paese da alcuni paesi a maggioranza musulmana per possibili infiltrazioni terroristiche, l’anno dopo, e prima dell’incidentato muslim ban della Casa Bianca, si è mosso per sfilare il Kansas dal programma federale di reinserimento dei rifugiati provenienti da paesi che potessero rappresentare un rischio sicurezza. Non senza imbarazzo alla fine ha elogiato la politica sull’immigrazione del presidente: “Desidero che l’America possa essere un paradiso per coloro che si trovano ad affrontare la persecuzione religiosa e un rifugio per chi cerca libertà. Ma come governatore, la sicurezza dei cittadini è la mia priorità”.

INTANTO SANSONE ALLA CASA BIANCA

Governatore Brownback a parte, Trump ci mette del suo a farsi accreditare dal quindicinale rivisto dalla Segreteria di Stato vaticana tra quei conservatori che sentono la “necessità teocratica di sottomettere lo Stato alla Bibbia”. Riporta l’evangelica Cbn News che alla Casa Bianca alcuni dei suoi consiglieri più vicini si riuniscono settimanalmente per studiarla. Nell’esclusivo circolo catechistico della west wing non manca chi paragona Mr President a Sansone. Non è dato sapere se per la forza o per gli eccessi dell’eroe biblico. Meno di auspicio fosse per la proverbiale fine.


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