Tra obiettivi economici e politici, con la gloriosa bandiera a stelle e strisce della Jeep pronta ad essere sostituita da quella del Dragone, che cosa ci guadagnano i cinesi di Great Wall a comprare lo storico marchio dei Suv oggi in mano ad Fca e che cosa ci potrebbe guadagnare Sergio Marchionne a cedere il gioiello di famiglia? Ecco che cosa ne pensano gli analisti. Non mancano i dubbi, visto anche che Great Wall ha una capitalizzazione di mercato di 121 miliardi di yuan (18,1 miliardi di dollari) e nel 2016 ha realizzato profitti 1,6 miliardi di dollari con un calo delle vendite. Insomma c’è chi sostiene che il gruppo potrebbe non avere le spalle finanziarie forti per sostenere l’operazione.
CINESI A CACCIA DI BRAND
Dal punto di vista di Great Wall, che vuole mettersi alla guida del mercato mondiale dei Suv, avere in portafoglio il marchio Jeep “ha senso”, commenta Bill Russo, managing director di Gao Feng Advisory ed ex direttore di una filiale Chrysler in Cina. “Tuttavia Jeep non è un marchio che si fa notare per tecnologie all’avanguardia come alimentazione elettrica e guida automatizzata. Dal punto di vista tecnologico, non porta molti vantaggi a Great Wall”.
LE VERE MIRE DI GREAT WALL
La cinese però non cerca tecnologia: possiede un team di ricerca e sviluppo di 10.000 persone e quattro centri tecnici di eccellenza dove fa tutto, dalla progettazione ai test e per i quali ha speso 8 miliardi di yuan (circa 1 miliardo di euro) dal 2006 al 2015; possiede anche numerosi brevetti. Sono i brand e il riconoscimento globale che le servono. Anche se ci vorranno anni per imporsi sulla fascia alta, Great Wall con Jeep metterebbe nel portafoglio Cherokee, Wrangler e altri modelli famosi in tutto il mondo e molto redditizi, con prezzi sui 30.000 euro.
LE PROSSIME MOSSE
“Jeep è la scelta logica visto che vuole essere il più grande costruttore di Suv del mondo”, conferma Yale Zhang, direttore della società di consulenza di Shanghai Automotive Foresight. Ram pure potrebbe interessarle, ma “Jeep è il marchio che tutti conoscono. Io penso che Great Wall Motor cerchi una strategia globale, non solo l’espansione verso gli Stati Uniti”.
OBIETTIVO USA
Ma gli Usa restano uno dei maggiori obiettivi, secondo le fonti di Reuters: la casa cinese ha già potenziato il marketing e migliorato alcuni prodotti per attrarre i consumatori americani. In particolare, ha lanciato il marchio premium “Wei” per veicoli “pronti per il mercato Usa” (Wei come il cognome del fondatore Wei Jian Jun).
DUBBI PER FCA
Il guadagno per Fca da un’operazione di mercato con Great Wall sarebbe meno evidente. Jeep dà un contributo fondamentale ai risultati di Fca: 38% delle vendite complessive, pur se in calo del 13% nel primo semestre 2017, e Marchionne ha dichiarato l’obiettivo di salire a 2 milioni di vendite l’anno per fine 2018. Secondo Jonas di Morgan Stanley, nel 2018 metà delle vendite di Fca potrebbero essere Jeep: negli Usa i Suv continuano a guadagnare terreno sulle berline (complice la benzina poco cara) e Jeep è un marchio consolidato anche nel resto del mondo (dove ha venduto 1,4 milioni di veicoli nel 2016).
LE IPOTESI SU MARCHIONNE
Tuttavia Marchionne potrebbe ritenere conveniente vendere perché i Suv non sono sostenibili in un futuro più ecologico a meno di ingenti investimenti. Con il ricavo Fca potrebbe accelerare sulle tecnologie delle auto elettriche e autonome in cui è finora rimasta indietro. Per gli analisti però, cedere la divisione di punta dei Suv potrebbe rendere complicato vendere altre parti di Fca, sempreché sia questa l’intenzione di Marchionne: secondo Morgan Stanley il Ceo italiano, che ha deciso di lasciare il gruppo a fine 2018, sarebbe pronto a vendere Maserati e Alfa Romeo a gruppi ben forniti di risorse finanziarie e tecnologiche per sviluppare le auto del futuro.
UN’OPERAZIONE NON SCONTATA
Al momento Fca in Cina ha una partnership con Guangzhou Automobile Group per la fabbricazione delle Jeep ma questa aziende cinese ha già chiarito che non intende rilevare il brand italo-americano. Da notare anche che con Great Wall Fiat ha avuto un contenzioso nel 2008: la casa italiana ha citato in giudizio i cinesi per aver “copiato” la Panda con il modello Peri; ha vinto la causa e ottenuto il divieto di vendita per le Peri in Europa.
IL RUOLO DEL GOVERNO CINESE
Resta da vedere che cosa penserà dell’intera operazione il governo cinese. Great Wall è un’azienda privata ma Pechino ha chiare strategie per il futuro del paese che includono veicoli e combustibili più sostenibili: investire in Suv che bevono carburante e inquinano potrebbe non ricevere il necessario beneplacito del regolatori (già nel 2010 le authority cinesi hanno bloccato l’acquisizione del marchio dei Suv Hummer di General Motors da parte della Sichuan Tengzhong Heavy Industrial Machinery). Anche la reazione di Donald Trump è un’incognita: il presidente del Made in America potrebbe non gradire inquilini cinesi a Detroit.
NUMERI A CONFRONTO
Tuttavia Great Wall accelera baldandosa: Il Sole 24 Ore, che riprende il Financial Times, conferma che il gruppo cinese vuole tutta Fca, non solo Jeep. Gli analisti hanno dubbi sulla capacità di Great Wall di finanziare una possibile acquisizione: Fca ha una capitalizzazione di 16,45 miliardi di euro e un debito netto di 4,2 miliardi di euro. Great Wall l’anno scorso ha registrato un fatturato di 14,4 miliardi di dollari, riporta AP, una frazione dei 118 miliardi di dollari di Fca, ma ha anche messo a segno un utile di 1,5 miliardi di dollari, quasi uguale a quello del gruppo italo-americano (1,8 miliardi).
L’AFFONDO DEL DRAGONE
Anche nell’industria automobilistica le aziende cinesi stanno investendo a suon di miliardi di dollari per comprare marchi e tecnologie globali che le rafforzino sul mercato domestico e permettano di espandersi al di fuori dei confini nazionali. Great Wall è solo uno dei tanti costruttori indipendenti cresciuti all’ombra dei colossi di proprietà pubblica, come Shanghai Automotive Industries, fino a divenire colossi a loro volta: la rivale Geely è ormai il primo automaker cinese e, se comprasse Jeep, Great Wall diventerebbe il secondo.
LO SCENARIO
Geely ha seguito la stessa strategia di espansione: ha comprato Volvo Cars da Ford Motor nel 2010, lanciando un brand congiunto chiamato Lynk, mentre quest’anno ha rilevato il 49,9% del costruttore d’auto malese Proton e il 51% della britannica Lotus. Il costruttore cinese Dongfeng Motor Group, di proprietà statale, ha a sua volta comprato nel 2011 una partecipazione del 14% nel gruppo francese PSA Peugeot Citroen, il secondo maggiore in Europa. In un mercato in radicale trasformazione come quello dell’automotive, le ingenti risorse finanziarie della Tigre asiatica danno la spinta necessaria verso i nuovi traguardi dell’automazione, dell’elettrificazione e di più elevati standard di sostenibilità e sicurezza.