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La scuola, i licei e la povertà culturale

La Fedeli ministro al Miur forse non avendo ricevuto sufficienti riscontri alla sua idea di sperimentazione quadriennale nelle scuole superiori, ieri in diverso modo ha rinnovato la questione e ha lanciato l’ipotesi di portare l’obbligo scolastico a 18 anni. Non si capisce bene dalla sua intervista se parla di obbligo scolastico da far coincidere con l’obbligo formativo o altro. La calura d’agosto, il tempo feriale, i gravi problemi dell’immigrazione hanno attenuato l’interesse su una tematica molto seria che riguarda la scuola secondaria superiore. Ma tant’è. Il responsabile del dicastero della pubblica istruzione ha dichiarato che si procederà dal 2018 con la sperimentazione della riforma in cento istituti superiori, che vedrebbe il corso degli studi passare da cinque a quattro anni, per permettere un rapido inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Non scelte quindi per realizzare una scuola efficiente, migliorando la sua qualità, ma solo operazione per far quadrare i conti, tagliando altri posti di lavoro. E’ da decenni che si va sostenendo che la scuola italiana è in crisi e con questo espediente si sono abbattuti, anno dopo anno, pilastri importanti delle istituzioni scolastiche, facendole diventare sempre più deboli e inadeguate. Esempi evidenti: le ripetute volte che è stato riformato l’esame di stato negli ultimi cinque lustri, o la riformulazione dei programmi di storia introdotta senza neppure uno straccio di discussione parlamentare.

Era necessario(?) esaltare la storia del Novecento, che per molti versi storia non è, perché priva ancora della sedimentazione delle fonti, ma la vulgata così voleva e Luigi Berlinguer ministro della P.I. del tempo acconsentì. Il risultato è stato la sovrapposizione confusa e sciatta della periodizzazione delle epoche storiche, che ha quasi annullato la conoscenza della interessante epoca del nostro Risorgimento. Provvedimenti episodici, senza visione organica, incapaci di conservare il buono che c’è nei percorsi di studio e curando poco l’effettivo miglioramento della missione della scuola italiana. Si organizzano discussioni, dibattiti, confronti per capire quale funzione deve avere la scuola nella società, dimenticando che quella superiore, soprattutto quella liceale, deve essere in grado di influenzarla dal punto di vista politico e civile. La scuola non deve servire solo per coronare ambizioni di carriera, ma deve svolgere l’importante ruolo di progettare la costruzione della comunità politica. Le istituzioni scolastiche hanno il compito di costruire le fondamenta della convivenza civile, senza la scuola non c’è la nazione e il contrario.

Una organica e compiuta riforma della scuola ha necessità di alimentarsi con idee originali di pedagogia, di psicologia, di didattica, di antropologia coerenti con l’avanzare della modernità, e che fino ad oggi pochi hanno sviluppato in maniera coerente e convinta. C’è confusione a livello ministeriale, e non da oggi, tra il cosa insegnare e come insegnare, la strada da fare è molto lunga. Altro che quattro anni. Nell’ultimo ventennio la crisi dei licei non ha consentito di svolgere la storica opera: influenzare dal punto di vista civile e politico e formare la personalità dell’italiano nuovo, figurarsi come sarà possibile farlo in un quadriennio. Il liceo, soprattutto quello classico, ha avuto un ruolo importante nella formazione della classe dirigente del nostro Paese ed è figlio delle vere e storiche riforme della scuola: la legge Casati del 1859 alla vigilia dell’Italia Unita e quella di Giovanni Gentile del 1923 col fascismo al potere. Il percorso formativo liceale, importante dal punto di vista morale e civile, è stato considerato dagli stessi giovani scelta di qualità per accedere al grado successivo degli studi universitari, finalizzato all’inserimento nel mondo delle professioni; epoca in cui ci si iniziava a confrontare con i libri e soprattutto con i professori, figure mitiche degli anni cruciali della giovinezza. Il liceo era l’istituzione scolastica per eccellenza dove si formavano le giovani generazioni dell’Italia contemporanea. La povertà culturale che oggi si vive in Italia non è dovuta forse anche alla crisi del liceo, gloriosa istituzione scolastica del nostro sistema educativo?

È il tempo per provare a ricostruire ab imis la scuola secondaria superiore (licei, istituti tecnici) di qualità che sappia influenzare in modo concreto la società dal punto di vista civile e politico e avviare la formazione, nel percorso pre-universitario, delle future professionalità. Operazione difficile, che deve impegnare non solo qualche ministro di passaggio, preoccupato della campagna elettorale alle porte, ma figure di altissimo livello culturale, intellettuale, universitario, scientifico capaci di resistere alle sirene di forze esterne o governative che intendono abbreviare il corso degli studi per tagliare la spesa. No grazie, abbiamo già dato con la fallimentare riforma universitaria del tre + due.


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