La battaglia è stata vinta da Marco Minniti, per vincere la guerra manca ancora un po’. Perché la guerra tra Minniti e Graziano Delrio, rimasta sott’acqua per un po’ di giorni e definitivamente esplosa dopo il trasbordo di migranti da una nave di Medici senza frontiere a due motovedette della Guardia costiera, ha avuto una svolta decisiva il 7 agosto con l’apprezzamento del Quirinale e di Palazzo Chigi per il lavoro del ministro dell’Interno, con ulteriore e non secondario sostegno della Presidenza della Repubblica al codice di condotta per le Ong varato dopo una votazione unanime della commissione Difesa del Senato. Messaggio inequivocabile: il codice serve e l’ha voluto il Parlamento all’unanimità. Anche l’appoggio del presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, stretto nella morsa di due ministri di primo piano, ha un significato politico evidente visto che Minniti avrebbe posto un “aut aut” ben sapendo che nessun presidente sano di mente avrebbe potuto costringerlo alle dimissioni.
Le polemiche e la posizione irremovibile del Viminale hanno portato un’altra conseguenza importante: Sos Mediterranée ha chiesto un incontro al ministero perché potrebbe firmare il codice di condotta, finora sottoscritto da Save the Children, Moas, Sea Eye e Open Arms. Tra le Ong sta prevalendo il realismo e perciò spicca ancora di più che sia una delle più grandi Ong al mondo come Msf a rifiutare quelle regole.
Le frizioni politiche non sono certo finite e la posizione del ministro delle Infrastrutture e Trasporti lascia appesa una domanda, di cui Formiche.net ha già scritto. In un’intervista a Repubblica Delrio tiene il punto ricordando che le convenzioni internazionali impongono il salvataggio in mare di chi rischia di morire e che la sala operativa della Guardia costiera deve far intervenire la nave più vicina, una “prevalenza giuridica” rispetto all’applicazione del codice di condotta. Questione seria che si risolverebbe solo se tutte le Ong firmassero il codice. Delrio, pro domo sua, è invece impreciso quando dice che la Guardia costiera dipende dal suo ministero: è vero da un punto di vista amministrativo, ma la Guardia costiera (corpo della Marina militare) quando effettua un salvataggio è in contatto con il Viminale che infatti indica il porto verso il quale le navi devono dirigersi. Quindi il ministero dell’Interno ha decisamente voce in capitolo.
La posizione di Minniti si è dunque rinforzata e lo sguardo può tornare alle coste libiche, dove si gioca la partita decisiva: comunque la si pensi, l’immigrazione orienterà la campagna elettorale per le elezioni siciliane e quella per le politiche. Il governo non rischia la crisi e il Quirinale non la permetterebbe, ma, a seconda di quante persone sbarcheranno di qui all’autunno, la navigazione di Gentiloni sarà più o meno tranquilla.