Molte parole, un po’ di preoccupazione, alcuni annunci. Al vertice dei ministri dell’Interno a Bruxelles il commissario agli Affari interni, Dimitris Avramoupoulos, ha rilanciato l’idea di un’unità di intelligence europea “che assicuri che le informazioni sul terrorismo vengano condivise in modo automatico tra i servizi segreti europei e con le autorità di polizia”, aggiungendo che a ottobre presenterà un pacchetto di misure per combattere il terrorismo di cui questa idea farà parte e che la prossima settimana, a margine dell’assemblea generale dell’Onu, presenterà il lavoro della Commissione sull’Internet forum per la lotta al terrorismo online. Non è chiaro come riuscirà a convincere le strutture di polizia e di intelligence di diversi Paesi europei che non scambiano le informazioni neanche tra loro, ma la speranza è l’ultima a morire.
Il tema del terrorismo era al centro del vertice insieme con quello dell’immigrazione, argomenti legati soprattutto in relazione ai controlli sulla libera circolazione nell’area Schengen. I controlli alla frontiera introdotti quando era forte la pressione sui Balcani e che inizialmente avrebbero dovuto concludersi a novembre rientreranno in un aggiornamento del Codice Schengen perché gli ultimi attentati come quello di Barcellona impongono la massima cautela. Probabile una modifica più stringente del Codice che non riguarderà solo le frontiere. Alcune nazioni premono più di altre, come Austria, Francia, Germania, Danimarca, Svezia e Norvegia, e il ministro austriaco Wolfgang Sobotka ha insistito sul collegamento tra immigrazione, integrazione ed estremismo così come ha rifiutato altri ricollocamenti di immigrati.
La redistribuzione dei richiedenti asilo “autorizzati” che dovranno essere trasferiti da Italia e Grecia proseguirà anche dopo il 26 settembre, teorica data di scadenza del programma, ma è stato ribadito che non sarà certo una panacea per il nostro Paese perché oggi in Italia non sono più di 7mila, in gran parte eritrei, quelli nelle condizioni di essere ricollocati. I ministri europei hanno apprezzato il lavoro del ministro Marco Minniti in Libia, che ha ridotto drasticamente i flussi, e Avramoupoulos (che ha negato accordi sottobanco dell’Italia con le milizie libiche) ha auspicato il passaggio da un’immigrazione irregolare a una controllata indicando tre priorità: “Continuare con gli forzi dentro e intorno alla Libia, rafforzare i rimpatri e migliorare i canali per la protezione dei migranti e i canali legali”. Minniti ha ripetuto i punti fermi espressi più volte: un impegno europeo sulla Libia è determinante perché la sua frontiera meridionale è la frontiera dell’Europa e da lì possono entrare dei terroristi. Dunque, più soldi per il Fondo per l’Africa e un maggiore impegno dell’Unhcr e dell’Oim per la gestione dei campi profughi. L’Onu, nel frattempo, ha prorogato di un anno la missione Unsmil in Libia, fino al settembre 2018, a sostegno del governo di Tripoli.