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Papa Francesco, la Chiesa cattolica e la psicanalisi

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Papa non era ancora, quando si fece psicanalizzare. Bergoglio lo confessa nella sua ultima intervista: Politique et société, dal 6 settembre in libreria (L’Observatoir, pag. 432, euro 21): una vera silloge del suo pensiero, in 12 conversazioni col sociologo Dominique Wolton. Era l’anno 1978, aveva 42 anni, conclusa la sua esperienza di provinciale dei Gesuiti stava per divenire rettore della loro università.

Le sedute con una psicanalista israelita, una ogni settimana per sei mesi, “mi hanno aiutato molto”, confessa.

I media ne hanno fatto una notizia virale, ma non c’è niente di strano. È vero che la Chiesa cattolica ha combattuto a lungo la psicanalisi: nel 1934 chiese a Mussolini di sopprimere la Rivista di psicanalisi e ancora nel 1952 la definiva “peccato mortale”. Anche Giovanni XXIII proibì ai seminaristi le sedute psicanalitiche (un divieto cancellato da Paolo VI). Ma sempre con delle distinzioni, perché la psicanalisi di Freud è tre cose distinte: 1. un metodo terapeutico, che va giudicato per i suoi risultati; 2. una analisi pansessualista della psyche; 3. una spiegazione materialista di tutta la vita spirituale (morale, arte, religione, politica).

La prima finalità è ora accettata dalla Chiesa. Anche perché di psicanalisi, come di detersivi, ce ne sono decine, la sua storia è quella di una continua secessione. E alcuni psicanalisti (come Jung, Fromm e Frankl nel lager nazista) l’hanno spiritualizzata. Ma un cristiano non può accettare le altre due, che mostrano l’inventore della psicanalisi come un israelita che supera il pessimismo del peccato originale nella sua liberazione per opera della scienza moderna (come ha intuito Peter Gay, Un ebreo senza Dio, Il Mulino).

Il titolo riprende un’autodefinizione dello stesso Freud. Che sulla religione non cambiò mai opinione. Nel famoso scritto L’avvenire di una illusione (1927) egli sostiene che occorre liberarsi delle “pie illusioni della Provvidenza e dell’ordine morale del mondo”. La religione è una illusione senza avvenire, in quanto è “una nevrosi ossessiva universale dell’umanità”. Freud conclude con i versi di Heine: “il cielo lasciamolo agli angeli e ai passeri”.

Ma la confessione del papa, largamente anticipata dal Figaro Magazine, appare di grande interesse, in quanto è un discorso generale sulla società attuale e sui compiti della politica. Essa esprime tutto il complesso e organico progetto di rinnovamento della Chiesa portato avanti da Francesco I: il dramma dei migranti, la guerra che a differenza di Giovanni Paolo II non può mai essere “giusta”, il commercio delle armi, la laicità dello Stato, le radici (cristiane ma non solo) dell’Europa, la morale della compassione, l’aborto come peccato grave che il prete può assolvere come tutti gli altri, l’utilità delle unioni (non matrimoni) tra i gay.

Come accade sempre con Bergoglio, questa silloge del suo pensiero susciterà entusiasmi in una parte della Chiesa, che vi vedrà proposte fertili e caritative, mentre susciterà dubbi e anche rifiuti nell’altra, per i pericoli evidenti di opportunismo e di perdita dell’identità cristiana. Non è il tema della innovazione che preoccupa. La Chiesa l’ha sempre fatto. Su verità non negoziabili come la divinità di Cristo non ha mai mollato e ha sconfitto l’arianesimo. All’importanza della proprietà privata e del danaro si è aperta solo nella società mercantile del Duecento, sino a divenire creatrice di banche. Condannò Galilei, ma accolse ben presto il sistema copernicano. La democrazia fu ostracizzata, ma divenne poi “cristiana”.

Più difficile fu aprirsi a quelle filosofie dell’Ottocento, che sono antropologie dal basso: mentre alle origini per il cristianesimo c’è lo “Spirito” (logos), per Darwin c’è una evoluzione meccanica, per Marx i bisogni economici, per Freud un inconscio irrazionale. Eppure anche a queste concezioni materialistiche ha finito per aprirsi. Darwin è stato battezzato: dentro la cornice della generale creazione operata da Dio si svolge, come dirà il gesuita Teilhard de Chardin, una evoluzione verso una sempre maggiore spiritualità.

Marx verrà rifiutato (almeno a parole) per il suo appello alla lotta violenta, ma anche sposato con i valori cristiani, soprattutto dalla “teologia della rivoluzione” sudamericana (non più “falce e martello”, ma “falce e croce”) e dai cattocomunisti italiani. La psicanalisi non sarebbe più in contrasto con la confessione, ma potrebbe esserne un elemento di sostegno (anche se oggi si tratta del sacramento meno praticato di tutti).

La dialettica della Chiesa ha sempre alternato la difesa della tradizione, senza la quale si svuoterebbe di ogni significato, e l’accettazione delle novità e dei mutamenti del mondo, di cui deve tener conto per continuare ad esservi presente ed efficiente. Lo sta facendo con forza anche il papa attuale. Egli è convinto di dover liberare la dottrina e la prassi cristiana da schemi, strutture e costumi incompatibili con la coscienza contemporanea, rendendo il Vangelo meglio compreso e amato dalla masse.

I suoi oppositori gli obiettano che la sua opinabile strategia pastorale potrebbe, anziché permeare nuovamente di religione l’epoca nostra, trasformare il cristianesimo in un hobby superficiale, in un insignificante supplemento di anima rispetto al mondo secolarizzato attuale. Lo hanno fatto con le loro lettere 13 cardinali nel 2015 e 4 nel 2016. Il papa non ha ancora dato loro una risposta diretta. Convincente o meno che sia, in qualche modo e indirettamente la troviamo nell’intervista.

Pubblicato su Italia Oggi, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi



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