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Libia, Nigeria e gli schizzi tra i Paesi produttori di petrolio

Petrolio

Il cartello del petrolio punta ancora una volta sul taglio all’output di greggio per rilanciare il mercato. Durante la prossima conferenza ordinaria, convocata per il 30 novembre, l’Opec valuterà, infatti, l’estensione dei tagli della produzione che hanno sostenuto la ripresa delle quotazioni petrolifere e l’imposizione di quote per tutti i membri del cartello. È quanto è trapelato dalla riunione del comitato interministeriale Opec-non Opec che si è svolta venerdì scorso a Vienna.

A margine dell’incontro, il ministro dell’energia degli Emirati Suheil al-Mazrouei ha sottolineato come il mercato sia ben bilanciato dopo l’accordo storico tra paesi Opec e non-Opec dell’anno scorso, spingendo il barile sopra i 55 dollari. “Al prossimo vertice Opec si discuterà se esiste la necessità di estendere gli accordi per i tagli alla produzione e per quanto tempo” ha detto parlando con la stampa. “Al vertice si discuterà anche l’estensione ad altri produttori dei tagli all’output” ha aggiunto il ministro, oltre all’imposizione del sistema delle quote ai paesi finora esenti come Libia, Iran e Nigeria.

I principali produttori mondiali, paesi Opec e non-Opec, l’anno scorso hanno raggiunto un accordo per la riduzione della produzione di petrolio di circa 1,8 milioni di barili per un tetto massimo di 32,5 milioni di barili al giorno, soglia che verrà mantenuta fino a marzo 2018. In questo contesto, Libia e Nigeria sono esentate dalle quote, mentre Iran gode di un tetto particolarmente elevato (3 milioni 797 mila barili al giorno). “L’adesione all’accordo Opec è stata in generale accettabile, ma c’è bisogno di qualche modifica”, ha detto il ministro del petrolio iraniano, Bijan Zanganeh. “In primo luogo tutti gli stati membri devono impegnarsi al 100% nel contenimento della produzione – ha proseguito – inoltre anche la Libia e la Nigeria devono essere inserite nel meccanismo delle quote”.

Il comitato ha infatti concordato sul fatto che la situazione legata alla produzione di greggio in Libia e in Nigeria rimane instabile, tuttavia i due Stati potrebbero aderire all’accordo di Vienna dopo averla regolarizzata. Critica la posizione della Nigeria, secondo gli analisti Opec il paese africano ha aumentato la produzione nazionale di petrolio oltre l’1,8 milioni. Il responsabile dell’ufficio di Stato per le risorse petrolifere, Ibe Kachikwu, ha spiegato però che le cifre prese in riferimento per la produzione petrolifera della Nigeria sono errate.

A Vienna sembrano poi essere intenzionati a discutere finalmente il nuovo ruolo che la produzione americana di shale gas sta avendo sul mercato. La notizia è stata confermata dallo stesso ministro russo per l’energia, Alexander Novak, che fa parte del comitato. A spaventare i rappresentanti del cartello e i russi sono i dati che arrivano da Pechino.

La Cina ha importato circa centomila barili di petrolio greggio al giorno dagli Stati Uniti nei primi cinque mesi dell’anno, dieci volte in più rispetto al 2016, secondo i dati delle dogane cinesi. Una tendenza al rialzo che si conferma in tutti gli ultimi mesi: in aprile e maggio le importazioni sono aumentate a una media di 180 mila barili al giorno e nel mese di febbraio la Cina è diventata il più grande acquirente di petrolio greggio statunitense, superando il Canada e in un momento in cui l’Opec sta cercando di ridurne la produzione.

Contestualmente, come ha riferito una nota del governo di Riad, le esportazioni di petrolio dell’Arabia Saudita a luglio sono scese a 6,693 milioni di barili. La produzione di luglio si è attestata intorno ai 10,010 milioni di barili con un leggero calo di 60 mila barili rispetto a quelli estratti in giugno.


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