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Padoan, il codice degli appalti e i pregiudizi della magistratura

padoan

Alla presentazione degli Scenari economici di Confindustria ho ascoltato con attenzione l’intervento del ministro Pier Carlo Padoan (Schioppan?).

L’ho apprezzato: ha parlato a braccio dimostrando di avere sottomano i problemi. Soprattutto, a mio parere, ha fatto due affermazioni importanti: la prima riguarda il rischio di scambiare l’incerto e precario ritorno alla normalità come un ritorno ai punti di partenza, immaginando così che – essendo “passata la nottata” – il Paese possa tirare il fiato e mandare  in “pausa pranzo” le riforme. Secondo Padoan ciò sarebbe un grave errore, perché, al di là di ogni altra valutazione, le riforme servono a convincere i nostri partner che facciamo sul serio. L’altra considerazione condivisibile riguarda i ritardi nel dare avvio ad un piano di opere pubbliche e di infrastrutture.

Padoan ha detto che non si tratta di un problema di risorse – che sono state stanziate – ma di questioni concernenti l’apparato decisionale. Non solo per gli inconvenienti di una burocrazia inefficiente, ma anche per il legittimo timore dei funzionari pubblici ad assumersi delle responsabilità a fronte dei rischi di incorrere in indagini di natura penale, pur avendo compiuto il proprio dovere nell’ambito di un reticolo di procedure assurde e vederselo riconoscere a distanza di anni, dopo essere stati triturati dalla macchina mediatico-giudiziaria.

A tal fine – cautamente – il ministro ha parlato di “implementazione del codice degli appalti”. Noi non intendiamo strumentalizzare in alcun modo le affermazioni del titolare dell’Economia. Ci limitiamo a ribadire una nostra ferma convinzione: che esiste un pregiudizio “corruttela”, da parte della magistratura inquirente, che è tra le cause dell’immobilismo nella ricostruzione di tante aree devastate.


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