“Il problema delle migrazioni è globale, ma i vescovi degli Stati Uniti e del Messico sono comunque molto preoccupati”, ha detto Franco Coppola (nella foto), Nunzio Apostolico in Messico, al termine dell’incontro che si è svolto dall’1 al 3 settembre nel comune messicano di Piedras Negras, in corrispondenza della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. “Il lavoro della politica è di risolvere i problemi e quello della Chiesa è di aiutare”, ha aggiunto, rimarcando il tradizionale spirito americano di separazione tra Chiesa e politica.
COSA DICONO I VESCOVI DELLA FRONTIERA TRA MESSICO E USA
All’incontro hanno partecipato 21 vescovi degli Stati situati nel confine tra Messico e Stati Uniti. Area geografica in cui il tema delle migrazioni si è ormai trasformato in quello di una “crisi umanitaria”, secondo quanto emerge invece da un’altra riunione, denominata “Incontro di frontiera del Messico e dei paesi dell’America centrale sulla migrazione”, che si è svolta il 29 e 30 agosto nella città messicana di Tapachula e a cui hanno partecipato i vescovi di El Salvador, Honduras, Guatemala e Messico. Dall’assemblea, come riporta l’Agenzia Fides, è emerso che i “flussi migratori sono cresciuti a causa della povertà, della mancanza di opportunità di sviluppo, della emarginazione sociale e della violenza”, e “le politiche migratorie governative, se guidate dalla salvaguardia della sovranità e del potere economico, diventano politiche anti-migratorie”. Il messaggio che è stato lanciato alla fine della conferenza è di “evitare la criminalizzazione dei migranti”.
IL MURO CHE VUOLE COSTRUIRE TRUMP
Il tema rovente, al centro di questi incontri, è stato quello delle migrazioni, con lo sguardo rivolto alla costruzione del muro fra i due Stati annunciato dal presidente americano. Che, nonostante le resistenze incontrate, nelle ultime settimane ha confermato la volontà di portarlo a termine. La Camera dei rappresentanti infatti ha approvato – con 235 i voti favorevoli e 192 contrari – una parte del bilancio del 2018, pari a 827 mld di dollari. Questo comprende i fondi per la muraglia con il Messico, circa 1,6 miliardi, che dovrebbe essere eretta in Texas, nella valle del Rio Grande, e in California, a San Diego. Cifre tuttavia ampiamente insufficienti per l’iniziale progetto annunciato da Trump.
I NUMERI DELLE MIGRAZIONI
Nel frattempo il numero di migranti che muoiono nel tentativo di attraversare il confine è aumentato del 17 per cento nella prima metà del 2017, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. L’allarme è stato lanciato dall’agenzia di migrazione delle Nazioni Unite, l’Oim, che ha dichiarato che sono 232 i decessi registrati nei primi sei mesi dell’anno, di cui cinquanta solo a luglio, mentre nello stesso periodo del 2016 le vittime sono state 204.
TUTTE LE POSIZIONI DEI VESCOVI AMERICANI
I vescovi statunitensi hanno manifestato in numerose occasioni la “necessità di regolamentare il flusso migratorio e di offrire un’assistenza degna a quanti cercano di varcare il confine”, come riporta l’Osservatore Romano. Monsignor Daniel Ernest Flores, il vescovo di Brownsville, Texas, intervistato da Crux ha sostenuto che “la grande battaglia nella nostra società è culturale”: “molti giovani americani non si sentono più responsabili di nessuno” e la Chiesa “deve ricordare il principio che i più vulnerabili vanno protetti”, anche “ai non cattolici”, raccontando che a cavallo del confine vivono famiglie in cui il padre lavora in Messico e il resto del nucleo risiede nel territorio americano, per poter vivere protetti dalle violenze messicane. Numerosi leader religiosi, tra cui l’arcivescovo Jose Gomez di Los Angeles, vicepresidente della Conferenza statunitense dei vescovi cattolici, hanno più volte invitato pubblicamente il Congresso a procedere nella riforma delle leggi sull’immigrazione – risalenti al 1996 – sostenendo che queste non siano più efficaci per proteggere adeguatamente le famiglie immigrate.
LETTERE PUBBLICHE E CELEBRAZIONI DI FRONTIERA
L’acceso dibattito ha così spinto circa 1.300 cattolici, operanti nel settore dell’educazione, a inviare una lettera, con la medesima richiesta, al Capo di gabinetto della Casa Bianca John Kelly, firmata anche da un centinaio di padri gesuiti, tra cui i presidenti della Fordham University, della Creighton University e di diverse altre scuole gesuite. Lungo la linea che separa gli Stati Uniti dal Messico ogni anno Monsignor Mark Joseph Seitz, vescovo di El Paso, celebra puntualmente una grande messa, da entrambi i lati delle barriere già esistenti, con l’obiettivo di far luce sulle condizioni già poco esemplari dei migranti trattenuti in quelle zone. “I cattolici dovrebbero essere arrabbiati per le politiche che danneggiano gli immigrati “, ha dichiarato Seitz.
LA CANCELLAZIONE DI TRUMP DEL PROGRAMMA DACA
Il tema centrale di questi giorni è però quello del Daca (Deferred Action for Childhood Arrivals), programma introdotto da Obama che consentiva a circa 800.000 immigrati entrati illegalmente negli Stati Uniti da bambini, conosciuti all’opinione pubblica come “Dreamers”, di lavorare negli Usa legalmente. Aspiranti cioè all’American Dream. Trump ha deciso di eliminarlo, realizzando così una parte di quei rimpatri di massa promessi in campagna elettorale, dopo la lettera aperta inviata dai Ceo delle più grandi compagnie americane – tra cui Jeff Bezos, Tim Cook, Mark Zuckerberg – in cui si chiedeva di mantenere in vita il programma. Il New York Times, dopo che la scelta è stata annunciata pubblicamente dal segretario alla Giustizia Jeff Sessions, ha accusato Trump di “codardia”.
LE DURA NOTA DELLA CONFERENZA EPISCOPALE, IN AIUTO DEI “DREAMERS”
La conferenza episcopale statunitense, che aveva chiesto di assicurare una “protezione permanente” ai giovani migranti, ha rapidamente condannato il provvedimento: “Una decisione inaccettabile e riprovevole, un passo indietro nel progresso del Paese, un’azione che mostra assenza di misericordia e una visione ristretta del futuro”, si legge nella nota diffusa – firmata dal presidente della Conferenza episcopale DiNardo, dall’arcivescovo di Los Angeles Gomez, dal presidente della Commissione delle migrazioni Vásquez e da mons. Tyson, presidente della sottocommissione per la cura pastorale dei migranti -, dove si dichiara la disponibilità di supportare i giovani colpiti dalla decisione “qualunque sia il loro stato di immigrazione”. La “decisione non riflette chi siamo come americani” e “la nostra nazione ha agito in modo contrario alla Scrittura soprattutto nel passo che chiede di accogliere i bambini nel nome di Gesù”, vi è scritto.
LA VICENDA DI JOE ARPAIO
Proprio nei giorni in cui si discuteva sul programma Daca la Casa Bianca ha annunciato, il 25 agosto, la concessione della grazie all’ex sceriffo della contea di Maricopa (Arizona) Joe Arpaio, lo “sceriffo anti-immigrati”, sostenitore trumpiano della prima ora, colpevole di violazione dei diritti civili e discriminazione razziale verso i latinos. Il cardinale Roger Mahony, ex arcivescovo di Los Angeles, si è detto “turbato e disgustato” dalla decisione. L’arcivescovo Thomas Wenski di Miami ha invece rivolto a Trump la domanda: “Se lo sceriffo merita la grazia, perché la stessa misericordia non vale anche per gli immigrati che vivono illegalmente negli Stati Uniti?”. Dopo l’annuncio sui “dreamers” l’ormai ex-stratega di Trump Steve Bannon ha duramente accusato i vescovi di avere bisogno “di immigrati illegali per riempire le loro chiese”. Pronta la risposta del cardinale di New York Timothy Dolan: “dichiarazioni insultanti e ridicole”.
LE VIOLENZE IN MESSICO
Il vero problema del Messico però, che spaventa gli Stati Uniti al di là dei lavoratori immigrati, è la violenza diffusa. Secondo quanto ha riportato alla fine del convegno di Tapachula Mons. Elías Samuel Bolaños Avelar, Vescovo di Zacatecoluca (El Salvador), gli scontri tra soldati e bande criminali hanno causato soltanto l’anno scorso circa 550 morti, di cui 500 banditi e 50 militari. E sono in aumento le violenze delle bande, come la Mara Salvatrucha, che secondo alcuni rapporti si starebbero rifornendo sempre più di armi ad alta potenza, viaggianti peraltro tra i due Stati. La pericolosità di attraversare il confine è infatti causata proprio da bande e cartelli della droga, molte sono le persone rapite. Il vescovo di Guatemala Álvaro Ramazzini, ha pubblicamente raccontato che nella sua città, a metà dello scorso mese, sette persone sono state uccise a sangue freddo durante il tentativo, da parte di una banda, di portare un proprio membro fuori da un ospedale dove era trattenuto. Il Vescovo della diocesi di Coatzacoalcos, Mons. Rutilo Muñoz Zamora, riferendosi alla liberazione di un noto criminale ha tuonato: “Il sistema giudiziario in Messico ha perso credibilità”.
LE VIOLENZE VERSO I RELIGIOSI
Brutalità che non risparmiano nemmeno i religiosi. I membri del Comitato per la sicurezza del Messico sostengono infatti che le azioni dei banditi contro sacerdoti sono cresciute, e di conseguenza è salita altrettanto la domanda di protezione all’interno delle chiese. Finora sono 19 gli omicidi di parroci segnalati da quando l’attuale governo è in carica, quattro dei quali nell’ultimo anno. Lo scorso maggio il sacerdote Miguel Ángel Machorro è stato pugnalato al termine della celebrazione della Messa, ed è morto tre mesi dopo in ospedale. A giugno è stato assassinato un prete sospeso dal sacerdozio, Jorge Antonio Díaz Pérez, e a gennaio padre Joaquín Hernández Sifuentes è stato ritrovato ucciso dopo una settimana di ricerche. A luglio è toccato al Luis López, 71 anni, ritrovato con mani e piedi legate da nastro adesivo. Senza contare le minacce, con esplosivi fatti saltare davanti alla Conferenza Episcopale Messicana. Durante il suo recente insediamento dello scorso giugno l’arcivescovo di Acapulco Leopoldo González González, in uno slancio di ferma audacia, frammista però a disperazione concreta, si è pubblicamente offerto come mediatore tra governo e criminalità organizzata, per “mantenere la pace in Messico”