Funzionari informati hanno raccontato a Eric Schmitt del New York Times che il presidente Donald Trump sta preparando l’ordine per eliminare un’altra delle policy applicate dal suo predecessore: quella sugli iper-controlli incrociati prima di eseguire raid con velivoli senza piloti o lanciare team di forze speciali contro potenziali terroristi in aree al di fuori dei classici campi di battaglia.
Cambieranno dunque le regole che finora hanno obbligato i comandati sul campo a passare per una serie di filtri di controllo che, secondo Barack Obama, erano necessari per evitare di sferrare il colpo su bersagli sbagliati (rischi sostanziali per i soldati americani e d’immagine per l’amministrazione), e invece per Trump non sono altro che appesantimenti burocratici che limitano l’efficenza del servizio.
Si era parlato anche di questo durante la campagna elettorale, inserendo il maggiore potere concesso ai comandanti sul campo nell’insieme degli alleggerimenti con cui Trump – e i suoi ideologi, per esempio il fundraiser repubblicano Roger Stone o lo stratega Steve Bannon – vuole combattere la burocrazia; un altro caso collegato a questo aspetto comunque tra i classici della politica repubblicana, è per esempio la riforma sanitaria che sta per essere votata al Congresso, dove il messaggio politico dietro all’eliminazione dell’obbligatorietà e del controllo centrale è questa volontà di scaricare i cittadini dalle pressioni federali. Maggiore libertà d’azione è già concessa ai comandati della campagna anti-IS e a quelli dell’Afghanistan.
In questo caso i comandanti che coordinano le missioni nei teatri operativi ufficiali e non – come Somalia, Yemen e Libia, e anche in alcuni nuovi, secondo il Nyt, dove è però appurata la presenza di terroristi (le Filippine, per esempio?) – potranno: inserire nella lista dei target anche membri di basso livello dei gruppi terroristici e non solo i notabili; colpire con un processo di analisi dei bersagli più sbrigativo che darà agli ufficiali sul campo massima indipendenza rispetto alla catena di comando superiore. Alla Cia sarà inoltre garantita un’espansione del proprio programma di killing-missioni mirate attraverso i droni, e allo stesso tempo l’intelligence avrà anche maggiore opportunità di usare le unità tattiche speciali per missioni a terra.
Tutto, dicono ovviamente i funzionari, terrà in primissimo piano la necessità di minimizzare i danni collaterali. Abbassare le vittime civili delle operazioni di anti-terrorismo è una della principali prerogative dell’anti-terrorismo stesso, perché spesso militanti e persone comune condividono gli stessi spazi quotidiani, e l’azione sbagliata che uccide, per esempio, un bambino mentre si sta cercando di colpire un militante, rischia di innescare il rapido travaso (per rappresaglia e rancore) nelle organizzazioni di coloro che finora s’erano tenuti ai margini. Esempi del genere sono stati raccontati da una vecchia inchiesta di Reuters fatta in Yemen, dove Washington combatte da anni una guerra indiretta (nel senso: fatta attraverso i droni) contro i leader del braccio locale di al Qaeda, il più attivo di tutta l’organizzazione, e spesso sono stati commessi anche errori grossolani.
Secondo quanto raccontato dai funzionari al Nyt, il nuovo procedimento d’azione (nome tecnico PSP, che sta per Principles, Standards and Procedures) sarà sottoposto a revisioni e controlli ogni 12 mesi. Non ci sono ancora informazioni su come gli Stati Uniti si relazioneranno con i paesi sovrani nei territori in cui le azioni vengono eseguite. È un aspetto critico e controverso: in più occasioni, un esempio gli attacchi ai qaedisti nel Waziristan pakistano, Washington è entrato in scontro diplomatico con i governi dei paesi in cui sono stati fatti i raid.