Nuovo capitolo della guerra aeronautica fra Stati Uniti, Canada e Regno Unito. Dopo i dazi da capogiro del 220% imposti da Donald Trump contro la canadese Bombardier per difendere la statunitense Boeing, che accusa la rivale di aver ricevuto sussidi statali e di truccare la concorrenza, adesso un nuovo attore vuole rimescolare le carte irritando il Tycoon. Si tratta di Airbus, il colosso aeronautico europeo che ha annunciato di voler acquistare tramite una joint venture la quota di maggioranza della linea Bombardier finita sotto accusa dagli americani, la C-Series.
L’annuncio giunge come un fulmine a ciel sereno in primis per il presidente Trump, che ha chiamato il premier canadese Justin Trudeau questo lunedì per chiedere spiegazioni. Il 27 settembre il Dipartimento per il Commercio guidato da Wilbur Ross aveva iniziato le procedure per imporre dazi stellari ai canadesi: la dead-line prevista è per febbraio 2018, quando la Commissione Statunitense per il Commercio Internazionale (USITC) dovrà dare un responso finale. A febbraio dunque Trump avrebbe dovuto dare il colpo definitivo a Bombardier impedendo l’accesso ad un’enorme fetta di mercato e ristabilendo l’America First per la gioia del suo elettorato di ferro, e, si intende, di dirigenti e dipendenti della Boeing.
Con la mossa francese la festa è rovinata: Airbus acquisterà il 50,1% della C-Series, mentre a Bombardier rimarrà circa il 30% e ad Investissement of Quebec il restante 19%. Nessun esborso immediato di denaro per la compagnia con base a Toulouse, che si impegna a ripagare i canadesi fornendo la catena di approvvigionamento, il marketing e il servizio clienti per far decollare di nuovo la linea di jet.
Non soltanto Bombardier non lascerà il mercato americano, ma aumenterà la sua presenza, grazie alla fabbrica di Mobile, in Alabama, che i franco-tedeschi metteranno a disposizione per l’assemblaggio finale degli aeroplani. Difficile capire se basterà ad attutire l’urto delle sanzioni in arrivo. D’altronde il comunicato ufficiale del dipartimento per il Commercio parla chiaro: i dazi colpiranno i jet Bombardier “a prescindere dal fatto che entrino negli Usa parzialmente o totalmente assemblati”.
Nel frattempo a Belfast, in Irlanda del Nord, dove la Bombardier possiede una fabbrica dedita alla costruzione delle ali per i C-Series, più di 4000 dipendenti locali brindano alla notizia dell’intervento francese. La fabbrica, aperta da David Cameron nel 2013, rischiava la chiusura definitiva dopo l’annuncio delle sanzioni promesse dalla Casa Bianca e i costi insostenibili (6 miliardi di dollari) della linea di jet per Bombardier. Ora che Airbus ha assicurato che lo stabilimento nordirlandese non sarà toccato, la premier britannica Theresa May può tirare un sospiro di sollievo, dopo che le Trade Unions avevano dichiarato guerra al governo per difendere i posti di lavoro a rischio.
“Un affare vincente per tutti” chiosa Tom Enders, Ceo di Airbus. Non è d’accordo Boeing: in un comunicato, il colosso di Chicago definisce l’intesa fra le due sponde dell’Atlantico “un accordo dubbio fra due competitori pesantemente sussidiati dallo Stato per insabbiare le recenti scoperte del governo statunitense”, mentre “ognuno dovrebbe giocare con le stesse regole per assicurare un mercato libero e leale”.
Un esito paradossale della scivolata a gamba tesa del gruppo europeo è stato quello di porre sulla stessa linea d’onda Washington e Pechino. Non solo Boeing infatti riponeva le sue speranze nel pugno duro di Donald Trump, ma anche diverse aziende cinesi diretteconcorrenti della Bombardier. Fra queste la Commercial Aircraft Corp. of China (Comac), compagnia sussidiata dal governo che, secondo indiscrezioni riportate da Bloomberg, aveva preso contatto lo scorso agosto con la Bombardier per l’acquisto della C-Series, prima che Airbus si aggiudicasse la partita.
(Foto: Nymag.com)