Il rischio è di trovarsi in una situazione come quella di Gianfranco Fini alle elezioni del 2013. Quando il presidente della Camera, dopo lo strappo con Silvio Berlusconi, guidò la campagna elettorale di Fli, racimolando però un miserrimo 0,47%. Nella prossima campagna elettorale i protagonisti istituzionali saranno addirittura due: il presidente del Senato, Pietro Grasso, e la presidente della Camera, Laura Boldrini. Seconda e terza carica dello Stato. Il primo ha rotto gli indugi giovedì, con le traumatiche dimissioni dal gruppo del Pd dopo il voto finale sulla legge elettorale approvata a colpi di fiducia. Uno smarcamento che era già nell’aria da settimane, ma che due giorni fa ha trovato conferma con un atto formale e drammatico in Parlamento.
Nel corso degli ultimi due anni, infatti, i rapporti tra l’ex magistrato e il Pd si sono andati via via deteriorandosi, tanto che, a parte un filo con il capogruppo Luigi Zanda, il presidente del Senato da tempo non aveva più rapporti con i vertici del Nazareno. Mentre proprio nelle ultime settimane si era molto avvicinato alle posizioni degli scissionisti, Mdp di Bersani e D’Alema, tanto da partecipare alla festa del partito a Napoli, accolto molto clamorosamente. “Sono sempre un ragazzo di sinistra”, aveva sottolineato Grasso in quell’occasione. Bankitalia e il Rosatellum hanno fatto il resto.
Ma come si muoverà ora Grasso? Chiaro che il suo ruolo in campagna elettorale sarà di primo piano, qualcuno dice addirittura da leader e candidato premier del partito di Bersani. Un ruolo che sembrava destinato a Giuliano Pisapia prima che i rapporti tra Mdp e l’ex sindaco di Milano si raffreddassero. AAA leader cercasi, è il cartello fuori dalla porta di Mdp, dove non si considerano più spendibili elettoralmente Bersani e D’Alema. Così, se non va bene Pisapia, avanti con Grasso. Che sicuramente è un personaggio di grande caratura, anche per il suo profilo civico più che politico (e in questo assomiglia proprio a Pisapia e anche alla Boldrini). Resta però da vedere come sarà possibile per l’ex magistrato gestire una campagna elettorale – che si prevede infuocata – dallo scranno più alto di Palazzo Madama. L’unico a rimetterci davvero, in questa fase, è Roberto Speranza, che poteva essere un volto nuovo da spendere in prima persona e invece, con Grasso in campo, sarà costretto al ruolo di gregario. Anche se poi alcuni sostengono che la leadership di Mdp potrebbe andare stretta al presidente del Senato, che invece si vedrebbe di più in un ruolo di federatore delle forze a sinistra del Pd. Quello che avrebbe dovuto fare Pisapia, per intenderci.
Discorso diverso, invece, per Boldrini. La quale è stata forse un po’ improvvida a bruciare i tempi e a fare un endorsement pubblico, lo scorso inverno, per Pisapia. La presidente della Camera, infatti, si è proposta in ticket con Giuliano: insieme avrebbero dovuto condurre la campagna elettorale della coalizione a sinistra del Pd nel ruolo di federatori. Ora, però, con la frenata del sindaco e l’improvvisa freddezza tra lui e Mdp, tutto si è fatto più complicato. E, abbandonata Sinistra italiana, senza Pisapia in campo Boldrini rischia di trovarsi senza una casa politica. Tanto che anche la sua rielezione sarebbe a rischio. Naturalmente tutto cambierebbe se Pisapia fosse della partita, perché una sua lista con candidata la stessa Boldrini avrebbe un suo appeal elettorale. Ma sui piani dell’ex sindaco tutto appare ancora fumoso, anche sul discorso delle alleanze: Pisapia sarà in campo con una lista di sinistra anti-Pd alleato di Mdp e Sinistra italiana o sarà la gamba di sinistra di un’alleanza con Renzi? A questi interrogativi è appeso il futuro politico della Boldrini che, allo stato attuale, appare quanto mai incerto.
“L’auspicio è che entrambi possano dare un contributo importante a ricostruire il campo di un centrosinistra plurale in grado di raccogliere la domanda politica degli elettori alla sinistra del Pd”, osserva il deputato dem Franco Monaco, un tempo molto vicino a Romano Prodi, ora uno dei principali collaboratori di Pisapia. Boldrini e Grasso, pur essendo molto diversi tra loro, hanno anche molti punti in comune: sono di sinistra ma non hanno mai fatto vita di partito; hanno entrambi un profilo civico; sono stati eletti da due partiti (Sel e Pd) da cui si sono distaccati; ognuno di loro con la sua storia personale è portatore di due valori – diritti sociali (Boldrini), legalità e lotta alle mafie (Grasso) – che fanno parte del Dna della sinistra italiana. Tutto questo fa supporre che il loro futuro politico potrebbe essere più radioso di quello del loro predecessore Fini. Ma in politica non si sa mai e la prova elettorale è sempre pericolosa. Per tutti.