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Ema, ecco vantaggi e svantaggi di Milano nella corsa all’agenzia europea del farmaco

GIUSEPPE SALAROBERTO MARONI

Milano è ufficialmente in corsa per ospitare l’Agenzia europea del Farmaco (Ema). La Commissione europea, l’organo esecutivo del Vecchio continente, ha infatti validato la candidatura del capoluogo lombardo, presentata dopo la Brexit, nella speranza di poter ereditare da Londra l’importante amministrazione e il suo relativo indotto. Ma le avversarie europee sono numerose (18), dunque la partita è ben lungi dal dirsi vinta.

LA “PROMOZIONE” DELLA COMMISSIONE

Il primo “step” è compiuto: l’istituzione comunitaria non ha espresso giudizi di valore, si è limitata al vaglio della presenza dei requisiti ritenuti necessari per poter presentare la candidatura. Più nel dettaglio, la Commissione doveva valutare che il trasferimento fosse, per l’Ema e i suoi dipendenti, il meno traumatico possibile, quindi ha valutato i seguenti parametri: continuità operativa dell’agenzia, la rapidità con la quale si potrà rimettere in moto dopo il trasloco, la presenza di scuole e università per i figli dei dipendenti, l’accesso al lavoro e alla sanità per i coniugi, i conviventi e i familiari degli impiegati, la situazione relativa a collegamenti e infrastrutture e, infine, la collocazione geografica delle altre agenzie europee.

I DUBBI

È soprattutto l’ultimo parametro a impensierire Milano: finora, infatti, la distribuzione delle agenzie europee è sempre avvenuta nel modo più uniforme possibile, così da evitare concentrazioni e, soprattutto, possibili doglianze da parte dei Paesi che ne restano esclusi. Una situazione di compromesso, insomma.
L’Italia, al pari di molte altre candidate, ospita già due agenzie (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare – EFSA- con sede a Parma e la Fondazione europea per la formazione – ETF- con sede a Torino) e questo aspetto potrebbe portare il Consiglio Affari generali a preferirle Paesi membri ancora “scoperti” dal punto di vista della copertura burocratica – amministrativa.

LE RIVALI PIU’ AGGUERRITE

Sulla base di questo criterio frutto, come si diceva, di compromesso interno, le candidate più agguerrite sarebbero: Zagabria, Bratislava, Bucarest e Sofia. Infatti, Croazia, Slovacchia, Romania e Bulgaria non sono sedi della burocrazia comunitaria. Tuttavia, risultano anche essere le candidate meno appetibili secondo le preferenze espresse dai funzionari dell’Ema, cui è stato chiesto di stilare una classifica interna che aiuterà i ministri riuniti in consiglio a prendere una decisione. Insomma, ai 900 dipendenti dell’Agenzia europea del Farmaco è stato chiesto dove preferirebbero vivere e la zona orientale dell’Unione è la meno appetibile.
Incrociando quindi la valutazione espressa dai boiardi comunitari con il mero dato numerico relativo al sovraffollamento delle agenzie, i problemi per Milano potrebbero invece arrivare da: Vienna, Copenaghen, Bruxelles e Dublino. L’Austria, la Danimarca, il Belgio e l’Irlanda ospitano infatti una sola agenzia a testa e in più hanno ottenuto posizionamenti lusinghieri secondo l’indice di gradimento interno all’Agenzia europea del farmaco. Verrebbe invece automaticamente esclusa la candidata di Parigi: Lille, dato che la Francia oggi ospita altre tre agenzie.

LA POSSIBILE ESCLUSIONE SPAGNOLA

La partita è già chiusa? No, perché ci sono altri requisiti tecnici da tenere in considerazione: Amsterdam e Barcellona, per esempio, sono al vertice del gradimento dei funzionari ma, la prima, per quanto abbia allettato i dipendenti per via del regime fiscale agevolato che offrirebbe loro, non è riuscita a individuare una sede definitiva (e nel documento viene data ampia importanza riguardo al fatto che l’Ema possa rimettersi in moto nel più breve tempo possibile), mentre la seconda con ogni probabilità sarà esclusa data la richiesta di indipendenza avanzata dalla Catalogna alla Spagna. E l’Agenzia europea del farmaco non può certo attendere che si definisca la questione. Vienna, dal canto suo, è forse l’avversaria più agguerrita data la vicinanza con le città “forti” tedesche e la promessa di una serie di privilegi e di immunità con riferimento alle più alte cariche dell’Ufficio.

L’OFFERTA ITALIANA

L’Italia offre i 50.260 metri quadrati del Pirellone, un vasto panorama universitario (la Statale, la Bicocca, la Bocconi, l’Università Cattolica “Sacro Cuore”, la IULM, l’Università Vita-Salute San Raffaele, il Politecnico e due Accademie delle belle arti), un solido impianto relativo a collegamenti e infrastrutture e, ultimo ma non per importanza, la bellezza dei suoi paesaggi e del made in Italy, che hanno forse contribuito più di altri sterili parametri al fatto che venisse indicata come meta dal 60% dei dipendenti dell’Ema.
Occorre registrare che il nostro Paese ha lavorato duramente e ininterrottamente, dalla Brexit a oggi, per ottenere la candidatura, potendo vantare una inedita alleanza tra l’amministrazione locale di Beppe Sala, quella regionale a guida Roberto Maroni (“È una grande opportunità. Non saremo decoubertiniani in questa partita: non giochiamo per partecipare. Vogliamo fortissimamente l’Ema in questo magnifico edificio” aveva dichiarato il Governatore al Corriere) e il governo centrale di Paolo Gentiloni.

I VANTAGGI PORTATI DALL’EMA

Bastano i numeri per permettere di comprendere il perché di una simile rincorsa sul piano europeo: l’Agenzia europea del Farmaco è un colosso che vanta un budget annuale di otre 300 milioni di euro. Non solo, organizza una media di 500 meeting internazionali che ogni anno portano nella città che la ospita più di 65 mila partecipanti. Per questo, tra i requisiti valutati dalla Commissione, c’è anche la capacità alberghiera delle candidate. E, sempre per questo, l’Italia lamenta in merito un errore: nel report infatti, per Milano sarebbe indicato un numero molto più basso rispetto alla cifra vantata dal governo (1.500 stanze d’albergo contro i circa 70 mila posti letto indicati da Roma). Ma non è quello il problema: del resto, Milano ha già recentemente dimostrato di poter ospitare un notevole numero di persone, con Expo. In più, in quell’occasione ha dato anche prova del fatto che i propri cordoni di sicurezza funzionino, altro motivo che potrebbe giocare a nostro favore nella scelta finale.

LA PARTITA DELL’EBA

Scelta che, non spettando a un organo tecnico, come la Commissione, ma politico, come il Consiglio, potrebbe comunque presentare sorprese e tenere in considerazione anche altri fattori al momento ignoti. In questo caso, i Paesi della zona Est tornano in campo dato che da tempo lamentano di rappresentare una “Europa di serie B” e l’Ema potrebbe essere il contentino che aspettavano. In più, chiusa la partita dell’Ema, si aprirà quella relativa all’Eba: l’Autorità Bancaria Europea. L’Italia non si è candidata, ma Bruxelles, Parigi, Dublino, Lussemburgo, Francoforte, Praga, Vienna e Varsavia sì. La doppia candidatura potrebbe escludere automaticamente alcuni Paesi dalla prima competizione, proprio per evitare concentrazioni amministrative. Per il resto, come nei conclave, ciò che avverrà in Consiglio lo sapranno solo i ministri che vi prenderanno parte.

APPUNTAMENTO IL 20 NOVEMBRE

Per la proclamazione della città vincitrice occorrerà attendere la fine di novembre – salvo sorprese il 20 – quando il Consiglio Affari generali (composto da tutti i ministri degli Affari europei dei Paesi membri) tornerà a riunirsi. Ciascun membro avrà facoltà di indicare, in ordine decrescente, fino a tre candidate. In caso di stallo si prevede una seconda votazione con quorum più basso. La vincitrice dovrà consentire all’Agenzia europea del farmaco di essere operativa in tempi brevissimi, già a partire dal 2019. Una sfida che Milano sente di poter vincere.


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