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Ecco gli Stati che accelerano (e quelli che frenano) sull’auto elettrica

Francesco Starace e Patrizia Grieco

Il rapporto “eMobility Revolution” realizzato da The European House–Ambrosetti in collaborazione con Enel include una mappa delle iniziative sulla mobilità elettrica in Italia e nel mondo. A livello internazionale, è stata realizzata un’analisi di benchmark su 12 grandi economie: Francia, Germania, Regno Unito, Danimarca, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia, Stati Uniti, Cina, Giappone e India. In tutti questi Paesi, dice lo studio, è stato definito un insieme coerente e integrato di misure per accompagnare la transizione verso la mobilità elettrica e valorizzarla anche in chiave di opportunità di sviluppo industriale. Tempi e modalità possono differire, ma tutti i governi dei Paesi analizzati hanno delineato una visione di medio-lungo termine e identificato degli obiettivi da traguardare in termini di volumi. Al 2009 tutti i Paesi europei analizzati si erano già dotati di un documento strategico in materia.

DUE PAESI DA PRIMATO

In ambito e-mobility la numero uno mondiale è la Cina se si considerano i volumi di auto elettriche circolanti (649.000 nel 2016; la Cina è prima anche in termini di veicoli elettrici a due ruote circolanti, pari a più di 200 milioni nel 2016). Invece, in termini di incidenza delle auto elettriche sul totale circolante, è la Norvegia a classificarsi prima con una quota del 5,11%; la Norvegia è prima anche per market share di immatricolazioni nel 2016: 28,76%.

Da notare che la Cina si è inserita più tardi rispetto a pionieri come Norvegia e California nell’arena competitiva dell’auto elettrica e della mobilità a zero emissioni, ma è riuscita a diventare in poco tempo il primo mercato di auto elettriche al mondo, nonché il primo produttore di batterie al litio, a seguito di investimenti pubblici che superano gli 8,2 miliardi di euro, di cui 1,1 miliardi nella sola ricerca e sviluppo. In Cina inoltre, in linea con le strategie di sviluppo della manifattura nazionale, il governo impone dei vincoli all’importazione di veicoli di produzione estera e prevede il finanziamento diretto alla produzione e alla R&S dell’industria automobilistica.

LE STRATEGIE DEI NOSTRI CONCORRENTI

Degli altri Paesi studiati, la Germania si è posta l’obiettivo di un milione di auto elettriche circolanti entro il 2020 (ad oggi pari a 73.000), Francia e Regno Unito puntano ad avere tutte le nuove auto immatricolate a basse emissioni (full electric o ibride) a partire dal 2040, mentre l’India ha l’ambizione di decarbonizzare l’intero parco auto nazionale entro il 2030.

In questi come negli altri Paesi studiati sono state avviate iniziative di stimolo della domanda, che includono incentivi economici (bonus o sconti applicati al prezzo di acquisto), agevolazioni fiscali (esenzione o riduzione dell’imposta sulla proprietà, della tassa di registrazione o dell’aliquota IVA) e misure di natura non economica (agevolazioni in termini di traffic management come parcheggi gratuiti e/o riservati, accesso a corsie preferenziali e zone a traffico limitato). Tali misure sono spesso abbinate a meccanismi di bonus-malus (come in Francia, Svezia, Norvegia e Giappone) volti ad incentivare l’acquisto di veicoli a basse emissioni e a disincentivare l’acquisto di veicoli inquinanti.

Importante anche il supporto all’infrastrutturazione della rete di ricarica elettrica come condizione essenziale per uno sviluppo consistente della mobilità elettrica sul mercato domestico. La Francia, ad esempio, vuole installare 7 milioni di colonnine di ricarica entro il 2030, obiettivo che sta perseguendo attraverso ingenti investimenti (1,5 miliardi di euro).

Oltre alla rete di ricarica pubblica, molti Paesi sostengono anche il potenziamento delle infrastrutture di ricarica ad uso privato: accade ad esempio nel Regno Unito (copertura dell’investimento privato per le infrastrutture fino al 75%) e in California (prestiti agevolati per l’installazione di punti di ricarica in edifici residenziali).

LA CREAZIONE DI UNA FILIERA

Nei Paesi dotati di una significativa base produttiva nell’automotive (come Francia, Germania, Regno Unito, Giappone e Cina) lo Stato cerca di assumere un ruolo attivo e di coinvolgere l’industria nei piani di sviluppo della filiera della mobilità elettrica; in Germania e Giappone in particolare si punta alle partnership pubblico-private. Il Regno Unito ha scelto di impegnare una parte importante degli stanziamenti statali nell’innovazione e nella Ricerca e sviluppo legata alle frontiere della mobilità, come veicoli a zero emissioni, guida autonoma e Vehicle-to-Grid (V2G).

Se le tecnologie delle batterie appaiono come la potenziale killer app dell’auto elettrica, lo sviluppo dell’ecosistema della e-mobility sembra non poter prescindere da un piano nazionale strategico, coinvolgimento dell’industria, collaborazioni pubblico-private e forti investimenti in ricerca e sviluppo.



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