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Le banche, la cioccolata e l’ingorda Nouy (Bce)

npl, Bce

Cosa non si fa per essere originali ad ogni costo! Per introdurre il tema del consolidamento del sistema bancario europeo, la presidente del Consiglio di Vigilanza dell’Mvu (Meccanismo di vigilanza Unico), Danièle Nouy, (in foto), nel corso dell’ottavo Forum della finanza di Madrid, va a scomodare la scienza di Ippocrate e Galeno e prende a riferimento una ricerca pubblicata sul Journal of Clinical Oncology, nello scorso mese di agosto, dal titolo “Long-term, supplemental, one-carbon metabolism-related vitamin B use in relation to lung cancer risk in the vitamins and lifestyle (Vital) Cohort”. In questo articolo, la rivista scientifica pubblica i primi risultati di uno studio sul legame tra l’uso di integratori di vitamine del complesso B correlate al metabolismo del carbonio e al rischio di cancro al polmone.

Sembra essere tornati alla guerra ideologica e senza quartiere che aveva caratterizzato gli anni precedenti la crisi. Una guerra che farebbe pensare che chi decide di dichiararla sia quanto meno dotato di un’attrezzatura “pesante”. L’idea della presidente, avanzata nel suo discorso dal titolo “Too much of a good thing? The need for consolidation in the European banking sector”, richiederebbe, infatti, un corredo scientifico ampio e approfondito che, però, nella bibliografia riportata, è del tutto assente. E così da un paragone “clinico” si passa, con estrema facilità, ad uno “culinario” con l’affermazione che il cioccolato è “una cosa buona” se preso in dosi moderate, ma troppo può nauseare. Tanto non è richiesta la dimostrazione né dell’uno né dell’altro. Ne è  sufficiente, per riproporre un’idea non certo nuova, partire dall’assunzione che mentre il totale degli asset bancari dell’aria euro si attesta oggi attorno al 280% del Pil Ue, negli Stati Uniti rappresenta soltanto l’88% del prodotto interno lordo. Proprio come se la struttura dell’economia reale americana fosse identica a quella europea!

Scartata, quindi, ogni ipotesi di scientificità si arriva alla natura vera di ciò che ha in mente la presidente: la vecchia richiesta di omologazione che, non motivata, diventa pura ideologia. E così prendendo a pretesto “la condivisione del rischio”, “l’intensificazione dell’integrazione”, il funzionamento del mercato, si prova a portare a termine, usando la crisi, il progetto originario avviato alla fine degli anni ’90, quello di favorire l’acquisizione di tante piccole banche da parte di grandi gruppi finanziari di pochi Paesi con il conseguente risultato di un vero e proprio depredamento dei Paesi dotati del sistema bancario più esposto da parte di quelli più capitalizzati ma meno esposti all’economia reale che sono stati favoriti. La morale è antica e non richiede grandi spiegazioni: “il pesce grande mangia il pesce piccolo” o, letta in altro modo, “che viga la legge del più forte” quella delle oligarchie che fanno del bonapartismo economico la propria forza.

In realtà i dieci anni terribili per l’economia hanno dimostrato tutt’altro. L’aspetto dimensionale non solo non mette al riparo da alcunché ma è esso stesso elemento destabilizzante dell’intero sistema sia bancario sia economico. Oggi si torna a ragionare, a diffidare delle ideologie o, più banalmente, delle mode, e soprattutto ad analizzare le diversità e le complessità. Il sistema economico è composto da realtà produttive di grandi, piccole e medie dimensioni, e anche quello bancario non può prescindere da queste diversità che sono, oggi più di ieri, elementi di forza e di ricchezza proprio per il sistema economico. Il mercato ha bisogno di queste diversità che rappresentano una ricchezza necessaria per la ripresa. Le medie e piccole strutture di credito possono garantire servizi mirati ai propri clienti, accompagnare i risparmiatori e essere nelle migliori condizioni, conoscendo i territori, di sostenere, attraverso il credito, le piccole e medie imprese e con esse favorire l’economia reale. La valutazione dell’efficienza dei singoli istituti bancari va effettuata su un terreno diverso da quello dimensionale. La conoscenza dei territori, lo studio dell’evoluzione dei mercati, la capacità di innovare e di investire nella tecnologia, la capacità di prevenire e saper gestire i rischi diventano le variabili da prendere in considerazione per valutare lo stato di salute dei singoli istituti di credito e del sistema bancario.

Ma tutto questo la presidente non può non saperlo. E, proprio perché lo sa, dovrebbe completamente rovesciare le conclusioni. Proprio perché la cioccolata è buona bisogna evitare che gli ingordi esagerino nella loro intenzione di mangiarla tutta così come chi conosce l’utilità delle vitamine non dovrebbe abusarne. Fuor di metafora, la capacità di “fare banca” legata al territorio, alle comunità, all’economia reale, a prescindere dalle dimensioni e dalle quantità, rappresentano una necessità del sistema economico e per quella reale in particolare, la biodiversità dei soggetti creditizi un elemento da valorizzare e non ridurre a vantaggio dei soliti grandi gruppi finanziari sempre più ingordi.


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