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Migranti, ecco quanto sono cresciuti gli arrivi da Tunisia, Algeria e Turchia

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Risultati importanti, ma non strutturali; apertura di nuove rotte, che in realtà è il rafforzamento di rotte esistenti; il 39 per cento dei Comuni aderisce al progetto di accoglienza diffusa degli immigrati, ma non basta. Il ministro dell’Interno, Marco Minniti (in foto), al Comitato Schengen della Camera ha riassunto quanto compiuto negli ultimi mesi aggiornando i dati dell’attività di controllo dei flussi migratori e ricordando i vari “tavoli” aperti, da quelli con le tribù del Sahara a quelli con i Paesi confinanti con la Libia. I numeri più freschi sono questi: il 25,7 per cento in meno di arrivi rispetto all’anno scorso è una cifra consistente, anche se il ministro ha precisato che non può essere considerata strutturale, cifra alla quale vanno aggiunti un calo del 35 per cento di ingressi in Libia dal confine meridionale e oltre 16.500 persone salvate e riportate a terra dalla Guardia costiera libica. È stata sottolineata di nuovo l’importanza della frontiera meridionale della Libia dalla quale possono passare foreign fighters di ritorno dai teatri di guerra, “una rotta individuale” l’ha chiamata Minniti, con il rischio che singoli terroristi approfittino dei trafficanti di esseri umani.

Nelle ultime settimane, invece, sono cresciuti gli arrivi da Tunisia, Algeria e Turchia. Numeri molto bassi rispetto alla rotta libica, ma non per questo meno preoccupanti. Dalla Tunisia c’è quella che Minniti ha definito “un’impetuosa crescita”, il triplo dell’anno scorso, dall’Algeria il doppio e dalla Turchia un aumento del 63 per cento. Le percentuali, però, indicano il 92,5 per cento di arrivi dalla Libia, l’1,7 dalla Tunisia, l’1,3 dalla Turchia, lo 0,8 per cento dall’Algeria e il 3,3 per cento di rintracci a terra. Quelli con la Tunisia e con l’Algeria sono fronti da tenere sotto controllo, anche perché molti dei simpatizzanti dell’Isis espulsi dall’Italia sono tunisini (quest’anno gli espulsi sono stati in tutto 82). Dunque, il comitato tecnico Italia-Tunisia definirà una maggiore cooperazione sul controllo delle rotte e un aumento dei rimpatri, visto l’accordo bilaterale esistente. In Algeria è stato mandato un ufficiale di collegamento e anche lì saranno rivisti gli accordi.

I rimpatri sono aumentati del 14 per cento e gli allontanamenti alla frontiera del 19,5, mentre le ricollocazioni in Europa sono 13.622 tra quelle già attuate e quelle ormai prossime. Segnali di buona volontà sono arrivati dalla Germania, che ha aumentato da 500 a 750 gli immigrati da ricevere ogni mese, e dalla Francia, che li ha aumentati da 50 a 200 al mese. Tutto contribuisce a mettere un freno all’emergenza-arrivi, anche se sul territorio nazionale i problemi persistono inevitabilmente. La politica del governo è quella dell’accoglienza diffusa dei richiedenti asilo che finora è stata accettata dal 39 per cento dei Comuni. Se l’obiettivo ribadito da Minniti davanti al Comitato Schengen è che in questo modo si potrà superare il sistema dei grandi centri di accoglienza, il fatto che il 61 per cento dei Comuni sia ancora contrario non lascia ben sperare. Nel frattempo, sono state individuate le prime 11 località per i Cpr, i centri per il rimpatrio previsti dalla nuova normativa, che saranno uno per regione.

Non è mancato un passaggio puramente politico. Sollecitato sullo Ius soli dal presidente Laura Ravetto (FI), Minniti non ha potuto che ribadire la propria posizione (“pur nella diversità di opinioni”) e cioè che lo Ius soli, da unire allo Ius culturae, è e dev’essere separato dalle politiche migratorie perché riguarda chi è nato in Italia e ha già permessi. La convinzione del ministro è che “nei prossimi 15 anni un pezzo di futuro si giocherà sulla capacità di gestire le politiche di integrazione”. Non è un caso che proprio questo tema sia tanto delicato quanto divisivo nella politica e nella società.

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