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Perché la Pianura Padana è la pentola dello smog. Parla Stefania Gilardoni (Cnr)

È di nuovo emergenza smog nel Nord Italia e stavolta l’allarme è scattato già a metà ottobre, cioè almeno un paio di mesi in anticipo rispetto al solito. La concentrazione di polveri sottili, nelle principali città della Pianura Padana, sfora i limiti da giorni e quasi ovunque sono scattati i blocchi del traffico: a Milano, a Bologna, a Torino. La situazione più fosca – in senso letterale – si registra proprio nel capoluogo piemontese, che ha superato i limiti già 68 volte nel corso dell’anno a fronte di un tetto massimo fissato dall’Ue di 35 giorni. Altrove, comunque, non va molto meglio.
A spaventare, più che lo sforamento in sé, è il calendario: malgrado il periodo, fa ancora piuttosto caldo e molti impianti di riscaldamento, grandi fonti di inquinamento, sono ancora spenti.

LA PIANURA PADANA, UNA “PENTOLA” DI SMOG

“L’emergenza deriva da una situazione climatica inusuale – spiega a Formiche.net Stefania Gilardoni, ricercatrice Isac (Istituto di Scienze dell’atmosfera e del clima) del Cnr – Da giorni registriamo un’assenza di vento che favorisce l’accumulo delle polveri sottili, non solo a nord ma anche in città come Napoli”.
Nella Pianura Padana, tuttavia, si sta molto peggio. “È certamente una delle zone a maggior concentrazione di polveri sottili inquinanti derivanti da sorgenti variegate: industriale, abitativa, agricola. La particolare conformazione orografica e meteorologica dell’area ne favorisce l’accumulo. Siamo come in una pentola dove tutto si mischia, enfatizzandone l’impatto”.
Il problema non sono solo le emissioni ma anche il “sistema” che le può combinare dando origine a composti secondari ancor più dannosi. “Più della metà degli inquinanti sono costituiti da composti chimici che si formano in atmosfera – dice Gilardoni – come il nitrato di ammonio che deriva dalla combinazione di ossidi del traffico veicolare La maggioranza degli ossidi deriva dal traffico veicolare e ammoniaca dall’attività agricola”.

CHI CREA LE POLVERI SOTTILI?

Traffico, riscaldamento, attività industriale e agricola: un cocktail nefasto per i polmoni. Ma comprendere chi davvero crea maggior danno alla salute non è semplice. “Dagli studi epidemiologici è emersa sin qui un’unica correlazione indiscutibile: quella con le polveri sottili pm 2,5 e pm 10 (la differenza sta nel diametro: le pm 2,5, più piccole, sono in grado di penetrare fino ai bronchi, ndr). Ma le polveri sottili si formano da molte sorgenti diverse e non è stato finora possibile distinguere quali siano le più dannose”.
Poi ci sono gli studi tossicologici. “Qui abbiamo un solo studio che evidenzia una relazione fra i rischi per la salute e la concentrazione del black carbon, un inquinante emesso in tutti i processi di combustione, soprattutto quelli legati al traffico e alla legna. Il problema è che per dettare linee guida di intervento un solo studio non basta. Anche l’Oms vuole capirne di più”.

SERVONO MISURE ORGANICHE

Nel frattempo, le autorità locali devono tamponare il problema. Da quest’anno esiste un protocollo comune, firmato da quattro regioni, Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia, che dovrebbe servire a mettere in piedi azioni coordinate per limitare lo smog. Però ogni città sembra muoversi per conto proprio. Un esempio? Milano è stata la prima a limitare il traffico, lunedì. Torino l’ha fatto due giorni dopo. Venezia invece partirà lunedì 23. Peraltro le misure non sono omogenee: Torino, fra le città più restrittive (anche perché fra le più “malate” di smog), ha già stoppato gli euro 4, che altrove circolano.

APPENDINO AI TORINESI: RIMANETE IN CASA

Non solo: la giunta di Chiara Appendino ieri ha diramato un decalogo invitando i cittadini a evitare di fare attività fisica all’aperto e addirittura a rimanere in casa con le finestre chiuse. Una mossa che ha indispettito la Regione: “Fare i primi della classe crea solo confusione” ha commentato l’assessore regionale del Pd Alberto Valmaggia, non certo l’unico a storcere il naso. Come prevedibile, l’idea che una grande città di un paese sviluppato si debba chiedere ai cittadini di tapparsi in casa per colpa dello smog ha generato molte polemiche. Ma è una misura del genere può essere utile? “ “Preferisco non esprimere nessuna opinione sulle misure prese localmente, perché potrebbero essere fraintese e non è il mio ruolo esprimere opinioni politiche – interviene Gilardoni – Ma credo che per risolvere davvero il problema servirebbe che tutti mettessero in campo misure strutturali”.

L’EFFICACIA DELLE MISURE? DIPENDE DALLA SCALA

Il punto è che quando si ha a che fare con tematiche ambientali, occorre anche definire la scala giusta dell’intervento: locale, regionale, nazionale o europea. “La scala ottimale dipende caso per caso – illustra Gilardoni – Ciò che si fa ora per il bacino padano grazie al piano Pre Pair finanziato dalla Commissione Europea, ovvero un’azione di portata interregionale, ritengo possa dare il miglior risultato. Poi è inevitabile scendere fino al livello comunale”.
Va detto che i risultati del coordinamento sin qui non si sono visti. “Pre Pair è iniziato solo quest’anno – motiva Gilardoni – Penso occorra attendere ancora qualche anno per arrivare a un approccio coordinato e conforme che dia risultati tangibili”.

LE MISURE STRUTTURALI: NON SOLO BLOCCO DELLE AUTO

Restano però molti ostacoli sul cammino di un sensibile miglioramento della qualità dell’aria: su tutti, alcune resistenze del mondo produttivo e dei consumatori. “La chiave è lavorare su sorgenti molteplici – suggerisce la ricercatrice – bisogna contenere le emissioni di ammoniaca dall’attività agricola, limitare il traffico, incentivare l’utilizzo di auto elettriche, che producono emissioni soltanto nel punto di produzione dell’energia, e sensibilizzare all’ammodernamento degli impianti domestici”.

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