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Che cosa unisce Alessandro Di Battista e Antonio Pappalardo

Ha suscitato una generale ilarità la performance di Alessandro Di Battista (detto Dibba) che, preso dal raptus dell’indignazione, ha sbagliato manifestazione e si è messo ad arringare i descamisados dell’ex generale Pappalardo. In verità l’eroe dei due mondi del M5S ha parecchie scusanti. Il Movimento Liberazione Italia di Antonio Pappalardo (grillino ante litteram) ingaggia le stesse comparse che partecipano alle iniziative pentastellate e noleggia i medesimi cartelli e striscioni (l’usato sicuro) esibiti in quelle occasioni. A fornire il personale (in somministrazione) è la stessa agenzia che provvede ad assicurare il pubblico nei talk show televisivi.

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Ho letto un’osservazione molto intelligente su Il Foglio (in un articolo a firma di Annalena Benini) a proposito della denuncia delle violenze subite da molte donne vip da parte di Harvey Weinstein, il mostro di Hollywood. ‘’Sarebbe riduttivo ed anche spaventoso – scrive Benini – che le donne abbiano a disposizione soltanto la reazione ad un atto di sopraffazione, quindi solo dopo che la sopraffazione è avvenuta’’. In sostanza ‘’i rapporti tra uomini e donne’’ non possono essere ‘’ridotti a una denuncia per molestie sessuali’’. Se non ha capito male è implicita una considerazione: perché non dire di no subito? A contemplare Weinstein nudo sotto la doccia occorre andarci con le proprie gambe.

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Nei giorni scorsi, nella sua rubrica ‘’Il Caffè’’ (Corriere della sera) Massimo Gramellini ha riportato sulla ribalta nazionale il caso di un’esperienza di alternanza-lavoro, oggetto di una convenzione tra Miur e McDonald che ha messo a disposizione 10mila percorsi formativi (dei 27mila concordati con un gruppo di grandi imprese). Il remake ha avuto origine da un post su Facebook di un parlamentare ravennate di Sinistra Italiana, Giovanni Paglia, che prendendo spunto da un accordo tra uno dei ristoranti della multinazionale e un liceo scientifico della sua città, ne ha parlato come di «eredità velenosa di trent’anni di neoliberismo, davanti al quale la sinistra ha un’unica possibilità: pensare e organizzare la rivolta». «Hanno costruito un paese – scrive Paglia – in cui si ritiene normale il lavoro coatto e non pagato per una friggitoria multinazionale da parte di studenti che avrebbero il diritto a ben altre ambizioni. D’altra parte frequentano una scuola in cui non si insegna a battersi per una vita degna, ma a ringraziare per la possibilità di faticare per un panino». La sortita di Giovanni Paglia dimostra che a volte le ‘’punture di spillo’’ non servono, perché c’è sempre qualcuno che si punge da sé.

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