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Perché i referendum in Lombardia e Veneto sono giuridicamente superflui

Cresce l’attesa per i due referendum sulla autonomia in Lombardia e Veneto. Da valutare con il metro politico più che giuridico.

Vediamo perché. Con le leggi n. 15 e 16 del 2014 il Veneto aveva avviato due referendum: il primo sulla indipendenza con un quesito univoco: “Vuoi che il Veneto diventi una Repubblica indipendente e sovrana?”. L’altro articolato in cinque quesiti più specifici relativi al trattenimento dei tributi e alla trasformazione in Regione a Statuto speciale.

Su ricorso del governo, la Corte costituzionale si è pronunciata in maniera molto netta (sent. n. 118 del 2015). Ha ritenuto radialmente incostituzionale il referendum sulla indipendenza, perché in contrasto con gli articoli 5, 114, 138 e 139 della Costistuzione, dato che tende a “sovvertimenti istituzionali radicalmente incompatibili con i fondamentali principi di unità e indivisibilità della Repubblica, di cui all’art. 5 Cost”.

Ugualmente ha ritenuto incostituzionali i quesiti specifici in materia tributaria, mentre ha ritenuto conforme solo il quesito referendario sulla possibilità che “alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”, rilevando che opera nell’alveo dell’art. 116, 3° comma Cost., secondo cui “Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata”.

A questo punto la regione Veneto – a differenza della Catalogna – si è adeguata alle indicazioni della Corte costituzionale e ha indetto il referendum di domani così come ha fatto anche la Lombardia.

Dal punto di vita giuridico, si tratta di referendum del tutto “superflui”, in quanto la procedura di attivazione della autonomia speciale di cui all’articolo 116, 3° comma, Cost., non necessita di una consultazione popolare. Ma viene attivata dalla regione, così come hanno fatto negli anni scorsi l’Emilia-Romagna e la stessa Lombardia (senza arrivare a compimento della procedura).

Ora anche per Lombardia e Veneto sarebbe ancora bastata la semplice iniziativa della Regione. Per cui la aggiunta del referendum ha una portata tutta politica, per sperare di arrivare a trattare con il governo centrale avendo alle spalle la forza di milioni di voti.

Ecco  perché il vero risultato di domenica prossima sarà da leggere nella affluenza alle urne. Se voteranno molti lombardi e veneti il referendum sarà un successo politico, in quanto mostrerà la chiara volontà popolare di lavorare per una maggiore autonomia. Altrimenti sarà stato un referendum inutile anche politicamente, oltre che giuridicamente.


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