Nel corso dei secoli la città di Roma ha assistito a tanti conflitti tra le diverse classi, a cominciare dalle lotte tra la plebe e i patrizi. Non si erano mai visti però scontri tra due plebi – i Forconi di Antonio Pappalardo (in foto) e i grillincasaleggesi – come è accaduto nei giorni scorsi davanti a Montecitorio, mentre in Assemblea si votava il c.d. Rosatellum bis.
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Bisogna sempre avere l’onestà intellettuale di ricredersi. Dopo aver visto in piazza i Forconi dell’ex generale Pappalardo mi è venuto il dubbio che abbia ragione Beppe Grillo quando sostiene che il movimento di cui è stato fondatore ed è garante ha nei fatti intercettato una protesta sociale che avrebbe potuto assumere dei connotati più gravi. Nel corso dell’ultima settimana abbiamo potuto notare che non c’è mai limite al peggio e che si rischia sempre di cadere dalla padella (di Grillo) alla brace (di Pappalardo).
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Invito a leggere su Wikipedia la biografia dell’ex generale Antonio Pappalardo. Dopo aver svolto la funzione di “sindacalista” dei Carabinieri, ha trascorso decenni ad intrufolarsi in partiti e movimenti, a ricoprire ruoli di parlamentare e di sottosegretario, a candidarsi a cariche pubbliche in giro per l’Italia (senza mai essere eletto), percorrendo come una meteora il tragitto tra sinistra e destra e ritorno. Ma l’aspetto singolare è che, a questo personaggio, veniva affidato un comando sempre più importante con la promozione ad un grado superiore, ogni volta che rientrava in servizio nell’Arma.
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Pare che si stato Vittorio Di Battista, il padre di Dibba, a mollare uno sganassone a Pappalardo davanti alla Camera. Ma attenzione: come le colpe, così anche i meriti dei padri non devono ricadere sui figli.
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Sarà poi vero che la norma – che consentirà una volta approvato il “rosatellum bis” ad un cittadino residente in Italia di candidarsi in una delle circoscrizioni estere – è stata pensata per salvare Verdini? Vorrà dire che siamo tornati ai tempi in cui la condanna alla pena capitale veniva convertita in condanna all’esilio.
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A mio avviso il “rosatellum bis” un merito lo ha sicuramente: non è più previsto il premio di maggioranza, l’artificio elettorale che trasformava le rane in un bue.