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Perché Donald Trump ha bloccato la fusione AT&T-Time Warner

La fusione fra At&t e Time Warner si ferma ai box col rischio di non rientrare in gara. Il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti (DOJ) ha presentato una causa civile antitrust per bloccare l’acquisizione proposta dalla telco americana. Un’operazione colossale (vale 108 miliardi di dollari) che “ridurrà la concorrenza di mercato in misura significativa, col risultato di far salire i prezzi e limitare l’innovazione per milioni di americani”, afferma il DOJ. Nel mirino del regolatore c’è un aspetto specifico dell’accordo: il gruppo At&t possiede già DirectTv e la combinazione della vasta infrastruttura di distribuzione video di At&t/DirecTv con la ricca offerta di contenuti di Time Warner (che possiede tra gli altri i canali Tnt, Cnn, Cartoon Network, Hbo e Cinemax e annovera fra i suoi programmi Game of Thrones, March Madness e le partite di baseball e di basket) “creerebbe una rete Tv verticalmente integrata e danneggerebbe la concorrenza”. Secondo molti commentatori, però, c’è il presidente Donald Trump dietro la decisione di mettere i bastoni tra le ruote all’espansione di At&t.

SERVONO RIMEDI. NETFLIX RINGRAZIA

La causa presentata dal dipartimento di Giustizia presso la United States District Court for the District of Columbia argomenta che At&t-Time Warner messe insieme sfrutterebbero il potere di mercato acquisito grazie ai canali e programmi di successo di Time Warner per danneggiare le reti rivali costringendole a pagare centinaia di milioni di dollari l’anno per i diritti di distribuzione; proverebbero a bloccare l’ingresso di nuovi entranti e in generale rallenterebbero “la transizione dell’industria televisiva verso nuovi modelli di distribuzione che danno più scelta ai consumatori e ciò risulterebbe in un calo delle offerte innovative e in un aumento del costo degli abbonamenti per le famiglie americane”.

Secondo il DOJ, infatti, la fusione creerebbe un gruppo capace di impedire la concorrenza basata su tecnologie e modelli fortemente innovativi mossa dai distributori online di video, “che hanno concesso ai consumatori maggiore scelta a prezzi più bassi”, come ha affermato Makan Delrahim della Divisione antitrust del DOJ con un chiaro riferimento a Netflix, Amazon e altri fornitori Over the top. Il rappresentante del dipartimento di Giustizia ha riferito che un top manager di Time Warner ha detto che l’azienda ha “le leve” per decretare il successo o il fallimento di “un distributore di video online” la cui offerta sarebbe “insignificante” senza la Cnn, mentre At&t/DirecTv non ha esitato a definire il suo modello di pay-Tv tradizionale “la nostra gallina dalle uova d’oro”. Per Delrahim “la fusione At&t/DirecTv con Time Warner è illegittima, e, senza rimedi adeguati, capaci di evitare i danni al mercato, l’unica azione appropriata per il dipartimento di Giustizia è cercare un’ingiunzione dal giudice federale per bloccare l’intera operazione”.

At&t, con un fatturato di oltre 163 miliardi di dollari nel 2016, è la più grande azienda delle telecomunicazioni al mondo. Negli Stati Uniti è anche il più grande distributore di programmi video multicanale (MVPD), con oltre 25 milioni di abbonati e tre offerte di pay-Tv, tra cui DirecTv, Tv satellitare con quasi 21 milioni di abbonati, U-Verse, che trasmette sulle reti in rame o in fibra, e DirecTv Now, che è online. Time Warner ha invece un fatturato di 29,3 miliardi di dollari nel 2016 e, secondo dati aziendali, i suoi canali Tv più popolari hanno raggiunto più di 90 milioni di famiglie delle quasi 100 milioni che nel 2016 risultano abbonate alla pay-Tv tradizionale negli Stati Uniti.

TRUMP E LA CNN

Per i commentatori americani, però, la decisione di contrastare la fusione proposta da At&t nascerebbe dall’ostilità di Donald Trump, che attacca in continuazione la Cnn, parte del gruppo Time Warner, definita la rete delle “fake news”, ed è notoriamente contrario al merger (in campagna elettorale ha promesso di bloccarlo).

Il dipartimento di Giustizia ha assicurato che la Casa Bianca non ha avuto alcun ruolo nella sua decisione di rivolgersi al giudice federale e che i “commenti” di Trump sulla Cnn non contano. Per il Ceo di At&t Randall Stephenson, però, Cnn c’entra eccome. “Come mai la Cnn continua a uscire fuori?”, ha detto il Ceo in conferenza stampa parlando di un “elephant in the room”: la questione è così grossa che tutti la conoscono, ma fanno finta di niente.

A inizio mese NBCNews aveva riportato che il dipartimento di Giustizia si preparava a chiedere alla telco la vendita di asset significativi suoi o di Time Warner, come Turner Broadcasting, che include la Cnn, per ottenere il via libera al merger, ma At&t ha replicato che non intende farlo e che difenderà anche in tribunale il suo diritto a non fare disvestimenti.

LA VERSIONE DI AT&T

Per At&t la causa intentata dal DOJ è “un radicale e inspiegabile allontanamento dagli atteggiamenti tenuti dall’antitrust negli scorsi decenni”:  le fusioni “verticali” come questa, in cui si uniscono aziende attive su segmenti diversi della stessa supply chain, sono generalmente sempre approvate perché “beneficiano i consumatori senza rimuovvere un concorrente dal mercato. Non vediamo alcun motivo legittimo per trattare il nostro merger in modo diverso”, ha dichiarato il rappresentante legale di At&t, David R. McAtee II. “Per fortuna il dipartimento di Giustizia non ha l’ultima parola in materia; anzi, ora dovrà dimostrare alla Corte distrettuale americana che questa transazione viola la legge. Siamo sicuri che la Corte respingerà gli argomenti del governo”.

At&t definisce la transazione una fusione tra una “distribution company” e una “content company”: non pone problemi antitrust. Ma per le aziende rivali e il dipartimento americano di Giustizia il merger verticale non è verticale del tutto, perché gli interessi di At&t e Time Warner convergono sull’offerta Tv. Lo stesso Ceo di At&t Stephenson, riporta NBCNews, non ha risparmiato attacchi ai colossi hitech che fanno concorrenza ai servizi di At&t citando in particolare Netflix – più di 100 milioni di abbonati – e Amazon – circa 60 milioni di utenti.

UN BOOMERANG PER TRUMP

Sebbene sia innegabile che la colossale operazione At&t-Time Warner sia un naturale motivo di perplessità per i regolatori, Randall potrebbe avere ragione su un punto: la fusione viene bloccata principalmente per volere di Trump e per i suoi attacchi alla Cnn, da sempre molto critica verso la nuova amministrazione. Si tratta di un argomento, già sostenuto dal Financial Times e oggi ripreso da The Atlantic, che è sicuramente “speculativo” ma non “fantasioso”: Trump ha pubblicamente dichiarato che è favorevole a usare il dipartimento di Giustizia per distruggere gli avversari. Inoltre, l’atteggiamento adottato verso la fusione At&t-Time Warner è contrario alla linea della Casa Bianca, paladina della deregulation. “Molto sospetto”, commenta The Atlantic. “Soprattutto se si considera che l’unico altro caso in cui il presidente si è messo a difendere le regole antitrust è stato quando ha minacciato un’indagine su Amazon, il cui fondatore Jeff Bezos possiede il Washington Post, giornale che scrive articoli critici su Trump”.

La partita non è chiusa: nella preparazione dei documenti a supporto della causa legale gli avvocati potrebbero trovare più tweet e dichiarazioni pubbliche di Trump contro la Cnn e a quel punto sostenere che l’azione del DOJ non sia legata alla politica sarà difficile. D’altro lato, gli argomenti di At&t e Time Warner potrebbero beffare Trump e il DOJ, perché, per difendere la loro fusione, le due aziende potrebbero sostenere che l’unione è necessaria per contrastare il predominio nella pubblicità e nei contenuti dei colossi della Silicon Valley, a partire da Facebook e Google e passando per Amazon e Netflix. Sarebbe un argomento convincente: i politici americani sono molto preoccupati dai presunti nuovi monopoli dei colossi del web. A quel punto a chi darà ragione Trump?


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