Martedì 7 novembre è una data da ricordare per il Partito Democratico americano, sconfitto malamente alle ultime presidenziali da Donald Trump; convitato di pietra nell’enorme inchiesta Russiagate che farà chiarezza anche sulle scorrettezze riguardo quella sconfitta; in attesa di un leader che possa guidarne politica, consensi e idee.
LA VITTORIA IN VIRGINIA…
Sulle vittorie che i dem hanno portato a casa – le più importanti dopo l’elezioni di Trump, avvenuta esattamente un anno fa – brilla quella in Virginia. La successione del governatore clintoniano Terry McAuliffe era stata affidata dai democratici a Ralph Northam (compassato membro dell’Asinello che aveva sconfitto il rampante Tom Perriello). Contro di lui correva Ed Gillespie, repubblicano già nei gangli dell’amministrazione ai tempi di George W. Bush e pezzo grosso del Comitato nazionale, uomo del partito che nel corso della campagna aveva imboccato il filo-trumpista (linea dettata anche da un piano strategico pensato da di Steve Bannon, ora un po’ in ribasso) “ma senza Trump”; anche se Trump (in viaggio in Asia) ha subito trovato il modo di smarcarsi dalla sconfitta dicendo che Gillespie “non aveva mai abbracciato i miei valori”.
… LA SUA IMPORTANZA…
La vittoria in Virginia è considerata importante per una serie di fattori: primo, i democratici erano in un testa a testa con i Rep; secondo, rappresenta un colpo d’arresto per il piano di radicalizzazione del Gop bannoniano (l’opposto era avvenuto in Alabama) o l’altro piano, più vicino all’establishment, che consiste nel costruire candidati estremisti su basamenti moderati, come quello di Gillespie (il problema: l’approval locale su Trump è al 4o per cento); terzo, la Virginia è uno stato popoloso che ha sempre una certa influenza (ed è sempre in bilico) nelle presidenziali che verranno; quarto, le presidenziali che verranno, appunto: Northam, che ha vinto con oltre il 53 per cento dei consensi, magari sull’onda emotiva, viene anche considerato da alcuni osservatori della politica americana un potenziale contender democratico di livello (almeno al momento). In Virginia i Dem hanno preso la maggioranza pure al parlamento locale: in un’immagine, la prima candidata transgender ha battuto il più omofobo dei politici americani.
… E IL MESSAGGIO A TRUMP
I dati che escono dalla Virginia, e da dagli altri risultati, sono un messaggio per le elezioni di mid-term che si terranno tra un anno: i democratici possono contare su un attivismo più frizzante, e molto è spinto anche dall’opposizione a Trump. Di là, i repubblicani, invece soffrono la polarizzazione che il presidente ha acuito nella politica americane e soprattutto all’interno del partito.
ALTRI RISULTATI
In New Jersey il nuovo governatore sarà il democratico Philipp Murphy, ex ambasciatore in Germania durante l’Amministrazione Obama, uomo di Wall Street che è riuscito a convincere gli elettori di sinistra seguendo due linee: la discontinuità rispetto all’uscente, e detestato, Chris Christie (il contendere repubblicani era il suo vice); la promessa di difendere lo stato da Trump, assiduo frequentatore del suo golf resort locale. A New York Bill de Blasio è stato rieletto prendendo due terzi dei consensi, che però si trova davanti un futuro complicato (dovrà tenere insieme al città, mantenere il contatto con le tante minoranze etniche, costruire un rapporto proficuo con il governatore locale). A Detroit è stato riconfermato il sindaco Mike Duggan, con un risultato più ovvio perché è stato colui che ha salvato la città dagli enormi guai economici, e a Boston, feudo liberal, è stato rieletto Martin Walsh. Infine ci sono state vittorie minori, ma comunque significative in seggi locali in Georgia o in Maine, dove un referendum popolare ha sovvertito i veti del governatore repubblicano sulla reintroduzione del Medicare, parte dell’Obamacare che l’amministrazione Trump sta cercando di smantellare da mesi. Charlotte, North Carolina, ha eletto il suo primo sindaco afroamericano donna, la democratica Vi Lyles.