Il progetto di Difesa europea si deve fare e anche alla svelta. Dopo settimane di riflessioni, moniti e dubbi (qui e qui gli speciali di Formiche.net sul tema) arriva la posizione ufficiale del governo, per bocca del responsabile della Difesa, Roberta Pinotti, ascoltata questa mattina alla Camera dai deputati dell’omonima commissione. Il ragionamento è questo: un’integrazione della Difesa a livello comunitario è sacrosanta, ma non sarà una passeggiata. Per essere della partita bisogna investire soldi, tanti soldi e un’industria della sicurezza sveglia e vigile, in grado di cogliere subito le opportunità del progetto.
IL GOVERNO BENEDICE IL FONDO PER LA DIFESA
Il punto di partenza è che per Palazzo Chigi la creazione di un grande Fondo alimentato dai Paesi membri con cui finanziare il progetto di Difesa europeo (qui il focus di Formiche.net con la spiega sul funzionamento del Fondo) è cosa buona e giusta. “L’importanza del Fondo europeo per la Difesa non sta nell’entità delle risorse ma sta nella scelta di farlo, perché in precedenza non si potevano finanziare progetti che facessero capo alla Difesa”, ha sottolineato Pinotti di buon mattino a Montecitorio. Dunque, ben venga l’architettura per una nuova industria dal dna globale. Ma le buone notizie si sono fermate qui. Adesso infatti viene il difficile.
PIU’ SOLDI O ITALIA FUORI DAI GIOCHI
Seconda questione, i soldi che l’Italia deve mettere per partecipare il più attivamente possibile al progetto e agguantare il maggior numero di gare che l’Ue lancerà a partire dal 2018. Il problema è che Francia e Germania stanziano ogni anno più quote di Pil in favore della Difesa: “Noi abbiamo delle eccellenze, ma sulle risorse siamo più deboli perché la Germania ha deciso di arrivare al 2% del Pil in Difesa e anche la Francia vuole arrivarci – ha spiegato il ministro – Quando partiremo per dei programmi comuni, se la Germania e la Francia ci metteranno 100 e l’Italia ne metterà 10,5, il rischio di essere tagliati fuori è un problema che ci dovremo porre”.
L’ASSE PARIGI-BERLINO
Per Pinotti è comunque difficile immaginare una Difesa europea senza l’Italia. Una guida franco-tedesca indubbiamente c’è, ma l’Italia resta pur sempre un Paese fondatore dell’Unione. Basterà a sedersi al tavolo? “Nella Difesa esiste un asse Parigi-Berlino perché storicamente Francia e Germania lavorano su assetti comuni ma con la stessa forza vi dico che non si fa la Difesa europea senza l’Italia”. Per di più “questo asse franco-tedesco molto forte rende l’Italia un riferimento per altri Paesi perché un eccesso di polarizzazione su quell’asse preoccupa alcuni”.
IL RUOLO DI LEONARDO
Anche l’industria dovrà fare la sua parte se si vuole rimanere in prima linea. Poche settimane fa Formiche.net ha dato ampiamente conto di tutti i progetti di Leonardo per partecipare alle gare di prossimo lancio. “Se va avanti il processo di integrazione – ha ammonito il ministro della Difesa – allora deve andare avanti un processo di aggregazione industriale, altrimenti le idee vanno da una parte e gli interessi dall’altra. Ci sarà un grande movimento e noi dobbiamo fare attenzione a non rimanerne fuori”.
E QUELLO DELLE PMI
Leonardo da sola non può bastare però a portare l’Italia nel cuore del progetto, aggiudicandosi le gare più importanti. Servirà necessariamente il contributo di tutte le altre imprese minori del settore, molto spesso fornitrici di quelle più grandi. Pinotti in un certo senso condivide i timori dell’associazione delle imprese italiane della Difesa, guidata da Guido Crosetto. “Abbiamo spinto molto affinché l’attenzione alle Pmi fosse alta. Pensiamo di incentivare le grandi imprese ad aprire la loro catena di subfornitura attraverso una competizione europea aperta e trasparente, nonché riservando ai progetti di dimensione delimitata una piccola quota di fondi”.