La joint venture tra Fincantieri e Naval Group prevederà delle compensazioni a favore di Leonardo se sulle navi vendute all’estero sarà scelta apparecchiatura fornita da Thales. Due giorni fa l’amministratore delegato di Fincantieri, Giuseppe Bono (nella foto), è intervenuto in commissione Industria, al Senato, ufficialmente per recuperare un’audizione su Fincantieri-Stx (qui il focus), precedentemente saltata a causa dell’ingorgo della legge elettorale. Il capo azienda del gruppo ha fornito indicazioni su natura e obiettivi della futura cooperazione navale militare tra Italia e Francia. Con un particolare riferimento al ruolo di Leonardo.
TRA LEONARDO E THALES
Per comprendere bene il senso delle parole di Bono, che ha risposto a una domanda del presidente della commissione, Massimo Mucchetti, occorre fare una piccola premessa. La cooperazione sulla cantieristica militare italo-francese, ancora alla fase di studio da parte di un apposita commissione italo-francese, prevede la costruzione di navi militari da parte di Fincantieri e Naval Group, colosso francese della difesa navale. Dunque qualcuno dovrà montare sugli scafi sistemi d’armamento. Per i francesi non c’è problema, c’è il colosso Thales che vende sistemi di difesa in tutto il mondo. Per l’Italia c’è Leonardo, l’ex Finmeccanica. Ma proprio qui sta il problema. Thales è socio forte di Naval, al 35% mentre Leonardo, almeno da un punto di vista di capitale, è fuori dai giochi. Come rilevato criticamente dai vertici del gruppo Leonardo e da diversi addetti ai lavori, l’ex Finmeccanica partirebbe svantaggiata nella corsa all’installazione dei sistemi d’arma che Italia e Francia. Che fare?
COMPENSAZIONI IN CAMPO
Ecco le risposte indirette di Bono in Parlamento: “Se andiamo all’estero e un cliente qualsiasi dice che vuole sistemi Thales non possiamo farci nulla, però ci saranno compensazioni tra di noi a favore di Finmeccanica”. In pratica, è il senso delle parole del manager saranno i Paesi clienti a scegliere quali apparati montare sulle navi: se è scontato che l’Italia scelga i sistemi italiani e la Francia quelli francesi, nel caso di parti terze che scelgano i sistemi di uno dei due Paesi, sono previste delle compensazioni. Dunque, se la marina, per esempio, indiana vuole una nave Fincantieri-Naval e scegli sistemi Thales, allora il maxi-gruppo dovrà prevedere qualcosa per Leonardo. Non è ancora chiaro se sotto forma di liquidità, quasi fosse un risarcimento, oppure di altre commesse “girate” all’ex Finmeccanica o infine di partecipazione ad altre gare. Fatto sta che, nella logica dell’accordo, il gruppo guidato da Alessandro Profumo non dovrà rimanere in alcun modo a bocca asciutta.
MODELLO STM
Fin qui la parte legata al “peso” di Leonardo della partita per il militare italo-francese. Bono però ha fornito un’altra indicazione rilevante sull’assetto del nascente gruppo. L’aggregazione tra Fincantieri e Naval Group rispecchierà lo schema adottato da Francia e Italia nella joint venture Stm (colosso dell’elettronica la cui governance viene gestita da una holding di diritto lussemburghese) dove i due Paesi controllano al 50% un veicolo che detiene il 27,5% della società, mentre il resto del capitale è detenuto dal mercato. Dunque, quote alle pari nella scatola di controllo della società. “La pariteticità significa che i due governi che mettono assieme una parte importante del militare hanno il co-controllo, una società come questa avrà bisogno dello Stato”, ha precisato Bono.
I TEMPI
A questo punto il numero uno di Fincantieri si attende una conclusione dell’operazione prima della fine del 2018 mentre l’esito del lavoro della commissione che sarà costituita per lavorare a un’intesa nel navale militare (composta da sei membri: due rappresentanti del governo italiano, due di parte francese più gli ad dei due gruppi coinvolti, ovvero Bono e Hervé Guillou) è, secondo gli accordi annunciati a settembre scorso, previsto entro giugno. Entro fine anno, al massimo entro i primi di gennaio, Fincantieri conta invece di chiudere l’operazione su Stx.