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Sayfullo Saipov, chi è il terrorista autore della strage a Manhattan al grido di “Allahu Akbar”

Faceva l’autista Sayfullo Habibullaevic Saipov, l’attentatore che ieri ha travolto con un furgone i passanti sulla pista ciclabile di West Street a Manhattan, New York, lasciando a terra (i numeri sono ancora provvisori) otto morti e decine di feriti. Sceso dal veicolo, l’uomo ha impugnato due pistole ad aria compressa al grido di “Allahu Akbar” (Allah è grande) prima di essere fermato dalla polizia con alcuni colpi di pistola nel ventre. Ora si trova ricoverato in gravi condizioni in ospedale, ma secondo i medici dovrebbe sopravvivere all’operazione chirurgica.

Il furgone usato nell’attentato per colpire i passanti lungo il fiume Hudson è stato affittato da Home Depot. Al suo interno la polizia ha trovato una bandiera dell’ISIS e un foglio scritto a mano in cui l’attentatore giura fedeltà allo Stato Islamico.

Nel frattempo grazie alle prime indagini, ancora in corso, dell’FBI, cominciano ad emergere i primi dettagli sull’identikit dell’attentatore, assieme ad un’immagine diffusa dalle autorità (nella foto). Nato e cresciuto a Tashkent, capitale dell’Uzbekistan, è giunto da immigrato negli Stati uniti nel 2010 passando i controlli all’aeroporto JFK di New York con una green card, un’autorizzazione che permette agli immigrati di risiedere negli States. Non è la prima volta che l’Uzbekistan fa da culla al terrorismo jihadista, anche se, al momento, il Paese non rientra nella lista del Muslim Ban stilata dall’amministrazione Trump. È un fenomeno diffuso in altre repubbliche dell’Asia centrale come il Kazakistan, il Kirghizistan, il Tagikistan e il Turkmenistan. Da quelle terre provenivano, ad esempio, l’attentatore di Istanbul che lo scorso gennaio ha ucciso 39 persone in una discoteca, e il kamikaze che il 4 aprile del 2017 si è fatto esplodere nella metro di San Pietroburgo.

Secondo la ricostruzione del NYPD, in un primo momento Saipov si mette in cerca di un lavoro, imparando la lingua inglese, mentre vive a Symmes Township, Greater Cincinnati. A confermarlo al New York Times è uno dei componenti della famiglia uzbeka che accolse all’epoca Saipov: Bekhzod Abdusamatov, 22 anni, autista di camion per la Ohio Transport Company. Il ragazzo è incredulo alla notizia dell’attacco a Manhattan: “Mio padre lo introdusse dicendomi “È nuovo negli Stati Uniti e starà con noi”.

“Era un uomo molto calmo, andava sempre al lavoro. Non è mai andato a feste o cose del genere” racconta Dilnoza Abdusamatova, sorella di Bekhzod. Fu il padre di Saipov a chiedere dall’Uzbekistan alla loro famiglia di ospitare suo figlio all’arrivo negli States.

Poi cinque anni fa il trasloco in Florida a Fort Myers, dove Saipov incontra Kobiljon Maktarov, 37 anni, uzbeko oggi residente in Ohio, entrato in contatto con Saipov anche grazie alle comuni origini. “È un bravissimo ragazzo, è molto amichevole, è come un fratellino, mi guardava come un fratello maggiore” spiega ai giornalisti del Nypost l’uzbeko. Maktarov è un autista, e ha lavorato per Uber fino alla scorsa estate. L’ultimo incontro con Saipov lo scorso giugno, quando, in partenza con i suoi cinque figli per l’Uzbekistan, Maktarov ha chiesto all’amico Saipov un passaggio in aeroporto. All’epoca l’attentatore di New York sembrava sereno, “I miei figli lo adorano, gioca sempre con loro, gioca tutto il tempo”. Solo un piccolo particolare, col senno di poi, può far pensare che già a giugno Saipov stesse lavorando al piano terrorista. Quando si sono salutati all’aeroporto, uno dei bambini ha chiesto a Saipov di scattare una foto insieme. “Non era dell’idea, ha detto di no” racconta Maktarov.

Gli investigatori lavorano alacremente sugli ultimi mesi di Saipov negli States, trascorsi non più in Florida, ma nel New Jersey, a Paterson. Si tratta della città con il più alto tasso di musulmani negli States dopo la piccola Dearborn, un sobborgo di Detroit. Secondo recenti indiscrezioni, la moschea Omar di Peterson che l’uzbeko avrebbe frequentato in questi ultimi mesi sarebbe nel mirino della polizia dal 2005 per sospette attività di radicalizzazione. A Paterson Saipov inizia una nuova vita, riporta northjersey.com, in un bilocale a 168 Genessee Ave, lavorando come autista per Uber (a confermarlo è la stessa azienda).

Secondo alcune testimonianze, l’atteggiamento dell’attentatore negli ultimi mesi in New Jersey è stato molto meno amichevole di quanto il suo amico Uzbeko Maktarov abbia raccontato. “Ogni volta che veniva qui era sempre furibondo e litigava con le cassiere” racconta al Nypost il manager del Farm Boy Super Fresh Supermarket di Paterson. “Si arrabbiava molto velocemente, rompeva i barattoli e lanciava gli oggetti”. Sulle cassiere, stando al racconto del manager, Saipov inveiva sempre con una particolare irruenza, insultandole: “Credo avesse un pregiudizio verso le donne alla cassa, che avessero o no il hijab, le sminuiva, diceva loro di star mute”.

(Foto: Theblaze.com)


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