Chi sono gli “Imperdonabili”? Irregolari del pensiero, autori controcorrente, scrittori e intellettuali che non si sono adattati alle mode del loro tempo e anzi le hanno metodicamente contraddette, uomini e donne impegnati nel campo della cultura che hanno osato sfidare le verità della fabbrica delle idee ad uso e consumo del volgo o delle èlites. Una “famiglia speciale”, insomma, ai cui appartenenti una delle più grandi e delicate poetesse del Novecento, Cristina Campo, diede appunto il nome di “Imperdonabili”. Marcello Veneziani, “imperdonabile” a sua volta, forse più di tanti altri, ha voluto omaggiare questa congrega di luminosi reprobi con un libro che ne raccoglie i profili, ne tratteggia le storie o accenna soltanto alle loro vicende intellettuali con qualche dettaglio, pochi spunti, piccoli indizi che valgono a riportarli in vita (Imperdonabili. Cento ritratti di maestri sconvenienti, Marsilio, pp.509, € 20,00). Un’operazione di intelligente rimozione culturale delle scorie che il tempo e la meschinità del servitorame del “pensiero unico” hanno fatto crescere su coloro che non sono stati ritenuti degni di essere ricordati perché in stridente conflitto con la modernità, i suoi miti, le sue logiche, il progressismo nichilista alla quale è votata.
Ci voleva un intellettuale figlio di quella stessa famiglia per riportarli in vita, o soltanto accennare alle loro esistenze tutt’altro che marginali, come Veneziani perché il respiro di anime dissimili, eppure accomunate dalla grandezza e dalla consapevole intelligenza che le ha motivate nella scrittura e nella trasmissione del sapere, tornasse a farsi sentire. L’autore dei cento ritratti è un uomo che avverte il bisogno in questa fase del suo percorso umano ed intellettuale di cominciare a fare qualche conto, un consuntivo forse precoce, considerando che è opportuno non perdere tempo. E salda perciò un primo debito riconoscendo e ringraziando i maestri che lo hanno fatto diventare ciò che è, coloro che insomma lo hanno indirizzato sulla strada che ha percorso con passione ed autentico spirito civile, salvandosi l’anima che mai è stato tentato di portare all’ammasso ed ha fatto della sua esistenza un lungo esercizio di stile e di ammirazione seguendo i passi dei “grandi”.
Le trenta opere di Veneziani sono tutte intessute di una gratitudine tangibile ai pensatori, ai filosofi, agli scrittori, ai poeti che lo hanno ispirato, con cui ha colloquiato, ai quali ha dedicato i suoi pensieri come se fossero fratelli maggiori, grandi alcuni al punto da considerarli maestri assoluti ed inarrivabili. Sono molti, una folla sterminata, come quella che riempiva di bauli di Pessoa, a cui Veneziani è legato; ma non tutti hanno potuto avere posto nel pur voluminoso “album di famiglia” che ci propone e se ne rammarica.
Un album, comunque, abbastanza pieno e ricco che colma due carenze che hanno spinto l’autore a comporlo: l’incomprensione della grandezza di chi “vale davvero” e l’incapacità di serbare la memoria condannando alla labilità coloro che hanno avuto un ruolo tutt’altro che secondario nella formazione di una coscienza civile ed in qualche modo sono stati i guardiani dell’esperienza conoscenza, le sentinelle davanti al passato. Non tutti gli “Imperdonabili” ovviamente hanno avuto queste caratteristiche: alcuni di coloro, generosamente inseriti da Veneziani nel suo personale Pantheon, sono lontani intellettualmente e forse spiritualmente da lui, ma il confronto critico che ha stabilito con essi li ha fatti entrare in famiglia come “fratellastri”, consapevole che la dialettica e l’amore per la disputa intelligente sono caratteristiche di un conservatore corazzato dall’adesione militante alla Tradizione che non teme di aprirsi al confronto.
I ritratti riflettono proprio questa sensibilità a testimonianza della rispettosa considerazione di Veneziani per “i maledetti in rivolta contro il proprio tempo e le sue dominazioni”. Egli, nelle sue peregrinazioni, segue il sacro e il mito, ma non disdegna di soffermarsi su quanti avversano l’uno e l’altro, cercando di capire le loro scelte, confrontandosi e rifuggendo il facile anatema come invece fanno quanti invocano retoricamente la tolleranza per coprire l’attitudine di carcerieri del pensiero che praticano tenacemente e voluttuosamente.
Nel suo lungo percorso Veneziani incontra Dante e Machiavelli, Petrarca e Leopardi, Nietzsche e Dostoevskij, Stirner e Marx, Spengler e Borgson, Gramsci e Prezzolini, Ortega y Gasset e Adorno. E poi Pound, Jünger, Evola, Mishima, Cioran, Eliade, Pirandello, Solzenicyn, Gómez Dávila, Del Noce, Scruton, Montanelli, Fallaci, Thibon, Weil, Campo… L’elenco è nutrito ed in esso ognuno vi troverà ciò che vuole appassionandosi, ne sono certo, ad ognuno grazie ad una scrittura avvolgente ed essenziale, ad uno stile letterario che fa di Veneziani non soltanto un eccellente saggista, ma anche un vero scrittore.
Le pagine più intense, per me che ho condiviso tante delle sue passioni intellettuali, sono quelle del singolare e commovente “Spoon river della parte sbagliata”, un post scriptum dedicato ad amici e veri e propri fratelli maggiori che non ci sono più, conosciuti e frequentati, amati anche quando, per fortuna raramente, si era con loro in disaccordo: Giovanni Volpe, Giano Accame, Piero Buscaroli, Enzo Erra, Claudio Quarantotto, Alfredo Cattabiani, Fausto Gianfranceschi. “Imperdonabili”, tutti. Anzi tra tutti i più imperdonabili: il loro pensiero è stato un lucido atto d’accusa alla modernità pagato a caro prezzo, ma con la gioia della coerenza vissuta fino alla fine, in ogni istante delle loro vite, imperdonabilmente esemplari, quasi inimitabili, al punto da apparire ai nostri occhi di fratelli minori purissima letteratura.