Mercoledì due F-22 Raptor, i più tecnologici aerei a disposizione dell’aviazione americana, sono entrati a stretto contatto con due Su-25 russi nel congestionato spazio aereo siriano, sopra ad Abu Kamal, nel sud del paese, a pochi chilometri dal confine iracheno.
Non appena i due bombardieri russi hanno scavallato l’asta dell’Eufrate, i due Raptor li hanno intercettati, facendoli rientrare nell’area di competenza. Secondo il racconto ufficiale di un portavoce del Pentagono, uno dei Sukhoi russi è volato talmente vicino a un caccia americano che questo ha dovuto compiere “una manovra aggressiva” per evitare la collisione, inoltre, un altro, è stato per alcuni minuti inquadrato nel mirino di tiro dell’F-22 perché, passato di là del fiume non voleva rientrare nel suo spazio aereo. I due caccia americani hanno sparato flares di avvertimento.
La zona è d’interesse, perché è là che le spurie baghdadiste si dovrebbero essere rintanate, in un territorio noto come “Corridoio dell’Eufrate” che sfocia in Iraq e che potrebbe essere uno dei rifugi in cui lo Stato islamico, sconfitto come entità statuale, passerà il suo futuro dormiente. A terra ci sono le forze curdo-arabe che gli americani hanno condotto su Raqqa e che hanno compiuto la liberazione della stragrande maggioranza del territorio siriano dall’infestazione califfale, ma anche i governativi. Secondo un accordo di deconflicting, il lato orientale del corso del fiume è off limits alle forze governative (il caotico mix di milizie sciite mosse dall’Iran, unità aeree russe, contractors ingaggiati da Mosca, pochissimi soldati regolari di Damasco): in quest’area e nella provincia di Deir Ezzor – a dispetto degli annunci propagandistici del Cremlino – la situazione non è del tutto sicura, e i combattimenti contro gli uomini dello Stato islamico continuano.
Questo contatto diretto tra le due fazioni è pericolosissimo: inutile aggiungere il danno che seguirebbe un eventuale incidente con coinvolgimento russo e americano, o addirittura un abbattimento di un aereo da parte di una delle due aviazioni. Problema nel problema è che le milizia comandate da Teheran – che sono, insieme a qualche unità russa, il grosso dei militari di Damasco – odiano gli Stati Uniti, li considerano forze occupanti e li vedono come infedeli; sotto quest’ottica l’approccio verso i militari statunitensi è esattamente lo stesso che ha lo Stato islamico, devono essere uccisi e basta. Il contatto ravvicinato tra queste due realtà ha già creato problemi nei mesi scorsi. In estate gli aerei americani hanno abbattuto due droni iraniani e un caccia siriano proprio in quella zona. A inizio novembre il direttore della Cia ha provato a contattare il capo delle operazioni iraniane in Siria, mentre era proprio ad Abu Kamal, ma quest’ultimo ha rifiutato di aprire una lettera che gli era stata consegnata brevi manu da un messo di Langley.
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