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Il Tap, la Puglia e il senso del ridicolo. Il corsivo di Peppino Caldarola

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Ho visto gasdotti costruiti sui ghiacci, ponti che con veri ghirigori di ferro e cemento collegano isole del Nord alla terraferma, ho visto opere d’ingegneria che tempo fa sembravano solo parto di fantasia, tutti hanno visto che a Parigi hanno messo una piramide davanti al Louvre e il Centre Pompidou spacca gli occhi  e entusiasma chiunque lo veda per la prima volta.

In Italia nulla di questo si sarebbe potuto fare. Non se abbiano ragione i favorevoli o i contrari alla Tap che porterà in Puglia, e di qui in Italia, il gas del Caspio. So che la vicenda sta diventando talmente poco seria da far arrossire anche il più sfrontato luddista.

A noi il gas serve. Giorni fa abbiamo tremato alla notizia del gasdotto esploso in Austria. La decisone di fare la Tap è antica, all’inaugurazione dei lavori in Grecia presenziò Tsipras che non è nipote della signora Thatcher. Invece in Italia il “no” è guidato dalle più alte autorità amministrative, si arricchisce di manifestazioni che tentano di impedire i lavori.

Il governo aveva sciaguratamente pensato a provvedimenti di arresto per chi manifesta. Fortunatamente non se ne è fatto niente. Ma “niente” è un concetto che la politica deve cancellare dal proprio vocabolario. Bisogna fare.

Il tema di una opera pubblica, per la quale l’Italia ha preso impegni internazionali, deve essere la sua affidabilità e la sua utilità. La discussione deve ruotare solo su questo, non sullo spostamento di dieci-venti chilometri dell’approdo del tubo che viene dall’Est così da suscitare altre proteste di altre popolazioni in un gioco infinito di diatribe localistiche. I cento fuochi di guerriglia non andavano bene neppure al tempo del Che.

Come pugliese sento il ridicolo della risata che sembra sommergere gli attori di questa vicenda e di un governo che non sa discutere con le popolazioni. Anche questa storia, a parte la buona fede dei manifestanti, sembra prigioniera della difficile formazione di una classe politica meridionale. Abbiamo sperato che guardasse a De Gasperi, a Lombardi, ad Amendola ma sembra attratta solo dal modello “boia chi molla”.

Peppino Caldarola, direttore della rivista Italianieuropei



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