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Come cambiano gli assetti geopolitici nel Mediterraneo dopo la decisione di Trump su Gerusalemme

Sullo scacchiere mediterraneo le mosse di fanno sempre più veloci in vista del vertice della Conferenza Islamica, che si terrà a Istanbul mercoledì, fortemente voluto dal presidente della Repubblica turca, Recep Tayyip Erdogan che vuole passare, almeno agli occhi delle comunità islamiche di tutto il mondo, come il principale interprete dell’azione diplomatica volta a limitare il presidente americano Donald Trump e Israele. Ma, oltre a lui, si stanno muovendo tutti i principali leader mondiali, organizzando incontri che delineano e rafforzano gli schieramenti in gioco.

Il primo, è quello che vede coinvolti i principali protagonisti di questa fase: il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente Usa, Donald Trump. A loro, per il momento, è anche allineato anche Mohammed Bin Salman, l’ambiguo principe ereditario saudita, che da una parte parla di modernizzazione del suo regno, ma che sulla scena internazionale sempre sempre più agguerrito.

Il secondo schieramento è quello composto da Russia-Turchia-Iran, le stesse potenze impegnate nella normalizzazione e nella decisione del futuro assetto della Siria. Tutti e tre i Paesi, hanno più di un buon motivo per mettersi di traverso ai piani di Trump. La Russia geopolitici, l’Iran storici, visto che è da sempre considerato lo stato più pericoloso da Israele e la Turchia prettamente ideologici, mascherati da difesa dei diritti umani. Non dimentichiamo che il padre politico del presidente Erdogan, l’uomo che lo ha cresciuto come leader e nei cui partiti Erdogan ha militato fin dalla giovinezza, nel 1969 ha fondato il Milli Gorus, il movimento per la visione nazionale, come la componente antisemita era evidente. Il presidente sta cercando di compattare sulle sue posizioni tutto il mondo arabo e islamico non senza creare qualche problema a Paesi da sempre importanti nell’area, che di questa crisi ne avrebbero fatto volentieri a meno. Sono l’Egitto e la Giordania, formalmente in buoni rapporti con Israele e filoamericani, ma anche chiave per quanto riguardano gli equilibri della regione.

Oggi il presidente egiziano, Abdel Fattah al-Sisi incontrerà a Il Cairo l’omologo palestinese Mahmud Abbas e il re di Giordania Abdallah. Domani, in compenso, arriva Putin a Il Cairo. Una visita programmata da tempo, che dovrebbe inaugurare una collaborazione più stretta fra i due Paesi, ma dove si parlerà inevitabilmente anche della situazione attuale e dove al-Sisi, che con Erdogan è in pessimi rapporti, dovrà giocare bene le sue carte e assumere una posizione credibile agli occhi del mondo arabo, anche per mantenere la pax interna dentro I confini nazionali.

C’è infine l’ultimo blocco, quello dell’Unione Europea. Il presidente della Francia, Emmanuel Macron ha tentanto una esposizione diplomatica e mediatica ma l’incontro di ieri con il premier israeliano non è andato affatto bene. Netanyahu oggi è a Bruxelles : ciò che preoccupa Macron, il cancelliere tedesco Angela Merkel e l’Alto Rappresentante per la politica estera europea Federica Mogherini è che in un’Unione Europea sempre più spaccata e dove ognuno va ormai per conto suo, vi siano Paesi pronti ad appoggiare le linea Trump.

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