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Non solo Tap. La corsa per il debàt publìc, speranza anti Nimby

Stefano Ciafani ed Ermete Realacci

Mai più casi Tap o simil-Tap. A qualcuno sembrerà pura ambizione in un Paese dove parlare di grandi opere sembra quasi un azzardo, vista la miriade di cavilli burocratici e proteste locali che ne impediscono il compimento. Eppure per i deputati della commissione Ambiente vale la pena combattere la battaglia. Per esempio resuscitando la norma sul cosiddetto debàt publìc, ispirato all’omonimo istituto francese che prevede l’apertura di un vero dibattito pubblico tra i diversi attori coinvolti nella realizzazione di un’opera prima che aprano i cantieri. Una sorta di stanza di compensazione dove le parti in causa (imprese e istituzioni, locali e non) chiedono interventi e modifiche ma soprattutto si accordano su tempi e modi onde evitare tensioni future.

LA MOSSA DELLA COMMISSIONE

La norma in questione, che concede quattro mesi di dibattito pubblico prima di posare la prima pietra, è già inserita nel codice degli appalti, ma necessità di un decreto attuativo che il parlamento avrebbe dovuto approvare prima di Natale. Più precisamente nella manovra. Eppure qualcosa è andato storto visto che alla fine Regioni e ministero dello Sviluppo non si sono messe d’accordo sul da farsi, costringendo il presidente della commissione Ermete Realacci (nella foto, qui l’intervista a Formiche.net) gran sostenitore del debat a incardinare il provvedimento già dalla prossima settimana. Una scelta forzata visto l’inciampo in manovra.

L’ENERGIA DENTRO IL DEBAT

Il motivo dello stop va ricercato nella volontà di recuperare nel decreto appena approdato (3 giorni fa) in commissione il capitolo energetico. Non solo infrastrutture, per esempio, per la viabilità, ma anche quelle energetiche dentro la norma sul dibattito pubblico. Dunque anche opere in stile Tap, anche se i lavori per il gasdotto pugliese tanto contestato sono ormai in fase avanzata, seppur lungi dall’essere ultimati viste le nuove incognite legate al’intervento della magistratura con la sponda di certa sinistra. Al Mise non avrebbero considerato le infrastrutture energetiche come appalti pubblici dunque senza diritto alla copertura del debàt. Insomma, una norma inutile per l’energia. Le Regioni da parte loro pare temano un depotenziamento del loro ruolo nel confronto su questa o quella opera. Ma adesso a Montecitorio hanno scelto di riprovarci, decisi ad alzare il livello di protezione attorno ad opere legate all’energia e considerate di vitale interesse.

LO SCENARIO

Come spiega lo stesso Realacci a Formiche.net, l’obiettivo della commissione è approvare il decreto prima del voto di inizio marzo. E questo per dare un’ulteriore accelerata alla strategia per evitare casi di contestazioni postume come accaduto per il Tap. Lo scopo finale è mettere al riparo l’Italia da casi simili, fornendo a governo ed enti locali l’occasione di siglare una sorta di patto pre-opera. Ora bisognerà capire il timing dei lavori in commissione, la quale si riunirà già questa settimana.


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