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La Polonia, il negazionismo e i facili giudizi politici

Polonia

È difficile, a tanti km di distanza, dare un giudizio compiuto di una legge di un Paese straniero che ha una storia diversa dalla nostra e che ha sofferto per decenni della mancanza di libertà. L’aggressione della Polonia e la sua spartizione ad opera della Germania nazista e dell’Urss fu la causa scatenante della Seconda Guerra mondiale.

Gli accordi tra le potenze vittoriose condannarono questa nobile nazione a subire per più di quarant’anni un dominio del socialismo reale, imposto con la forza militare sovietica. Il nuovo caso polacco consiste nel varo di una legge che sanzione l’accostamento dell’aggettivo “polacchi” alle parole “campi di sterminio”. È un grave errore politico; quasi un’excusatio non petita con quel che ne è seguito sul piano delle critiche e delle polemiche. La Polonia non aveva bisogno di una legge per difendersi da un’accusa infondata. Bastava la storia.

Nessuno in buona fede poteva intravvedere, nella costruzione dei luoghi dell’orrore, una qualche responsabilità di un popolo che ha sopportato le sofferenze della Polonia. Ecco perché mi pare comunque fuori luogo parlare di negazionismo nei confronti di una nazione che, nel 1939, divenne la vittima del Patto Ribbentrop-Molotov; che, sconfitta dopo una resistenza valorosa, vide sterminare tutti gli ufficiali prigionieri di guerra nelle foreste di Katyn; che, tuttavia, schierò  le truppe superstiti a fianco degli Alleati (Bologna, la mia città, è stata liberata dai polacchi, i cui nomi, complicati da pronunciare, sono scolpiti sulle lapidi di un cimitero sulla via Emilia Levante).

Una nazione che versò un tremendo contributo di sangue di cittadini innocenti, soprattutto ebrei; ma che stupì  gli invasori e il mondo intero con l’eroica rivolta del Ghetto di Varsavia, l’unica reazione armata di un popolo che venne sterminato nei campi che si trovavano anche sul suolo polacco. Certo, come in altri Paesi, ci furono dei collaborazionisti (tra cui la famigerata Polizia ebraica); ma in Polonia i nazisti dovettero fare tutto da soli, perché non ci fu mai un governo fantoccio (come in Francia, in Italia e altrove) sul quale caricare una corresponsabilità  dell’abominio della Sohah.

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