Avevamo in calendario una serie d’incontri, previsti per il mese di marzo al dicastero dello Sviluppo economico, per dare una risoluzione positiva alla vicenda Ilva. La campagna elettorale, l’esito del voto politico, l’attesa di un nuovo esecutivo rallentano questo percorso ed inevitabilmente allungano i tempi preventivati tra le parti. Ci ritroveremo altre due volte nell’ultima decade di questo mese al ministero competente, affinché questa vicenda possa riavviarsi su un giusto binario. Ma c’è di più. Il Tar di Lecce ha dichiarato la propria incompetenza a valutare nel merito i ricorsi presentati da Regione e Comune contro il Dpcm del 29 settembre 2017 che ha approvato il piano ambientale per la nuova Ilva. Ora il Tar del Lazio sarà investito del caso, essendo l’Ilva un gruppo siderurgico con siti ubicati su tutto il territorio nazionale. Il percorso, quindi si sta facendo tortuoso, nonostante si tratti di una vicenda bisognosa di una celere risoluzione. Come è successo ai tanti “dossier” affrontati prima del voto politico del 4 marzo.
LA VERTENZA EMBRACO
L’ultimo in ordine cronologico è stato quello della vertenza Embraco. In questo caso non abbiamo firmato alcun accordo che prevedesse i licenziamenti. Abbiamo definito, invece, un allungamento della procedura fino a fine anno rispetto al 25 marzo, data in cui sarebbero scattati i licenziamenti dei lavoratori della società brasiliana di elettrodomestici. Dunque, proroga fino al 30 novembre della sospensione dei 497 licenziamenti di Embraco, nel Torinese. Poi in regione il verbale di mancato accordo e da dicembre riprenderà il conteggio dei 23 giorni di vertenza, quindi riprenderanno trattative e tavoli. Se entro il 31 dicembre Invitalia non avrà completo la reindustrializzazione, l’agenzia si farà carico dei lavoratori e diventerà il loro nuovo committente. Nei prossimi giorni si lavorerà poi a un sistema di incentivi per chi decide di lasciare il posto. Entro fine marzo al Ministero dello Sviluppo economico verrà convocato un nuovo tavolo per trattare la riconversione del sito di Riva di Chieri.
LA VERTENZA ALCOA
Anche nel caso della vertenza Alcoa avevamo fatto la nostra parte. Sempre al MiSe è stato firmato l’accordo per la cessione dello stabilimento di Portovesme (ex Alcoa) da Invitalia al gruppo svizzero Sider Alloys. Si è trattato non di una conclusione ma dell’inizio di un processo. La cessione dello stabilimento è avvenuta in seguito a una doppia firma. La prima per il passaggio da Alcoa e Invitalia e la seconda da Invitalia a Sider Alloys.
L’obiettivo è quello di rimettere il Sulcis in condizione di fare il ciclo completo dell’alluminio. La storia della crisi dell’Alcoa di Portovesme è lunga e molto complessa anche dal punto di vista industriale ed energetico. Qui ci sarà un investimento complessivo di 135 milioni di euro per il revamping e la modernizzazione degli impianti, un investimento molto significativo che darà capacità produttiva. Oggi l’Italia, importa alluminio con un sovrapprezzo perché esistono anche i dazi. Ecco perché il fatto che lo stabilimento ex Alcoa funzioni è molto importante per la competitività del sistema italiano nel suo insieme. Il MiSe ha anche confermato, nel corso di un incontro con Vincenzo Rosino, presidente di Eurallumina, Aleksey Gordymov, Head of Supply Chain di Rusal e Tornike Svanidze, Leader of the Projects Group di Rusalil pieno supporto a Eurallumina per il rilancio dello stabilimento produttivo di Portovesme. Impegnandosi nella modifica di un Contratto di Programma e di un Contratto di Sviluppo. Ci sarà, quindi, il supporto al piano di ammodernamento e miglioramento dell’impianto con un contributo complessivo di 83 milioni di euro, di cui fino a 16 a fondo perduto, a fronte di un investimento complessivo previsto dall’impresa di circa 160 milioni”.
JINDAL A PIOMBINO
Ma va anche ricordato l’impegno profuso a favore del distretto industriale di Piombino. È una cosa buona che si sia formalizzata l’intesa preliminare per la cessione dell’Aferpi di Piombino dal gruppo Cevital a quello di Jindal. Si tratta di una decisione che rappresenta il riscontro determinante per un cambio di passo nella produzione di buon acciaio nel distretto succitato. Dopo la firma del “memorandum of understanding” tra il gruppo Cevital e quello di Jsw Steel seguirà una ‘due diligence’ in vista del “closing” dell’operazione previsto per la fine di questo. Attendiamo che la società acquirente presenti presto un piano industriale utile a far conoscere i futuri livelli occupazionali e produttivi. Di certo le strutture siderurgiche di Piombino sono ora in mano a professionisti del settore che sanno come si produce buon acciaio. È un buon inizio. Si è chiusa la pagina della gestione di Cevital. Lo sbarco degli algerini a Piombino è del dicembre 2014. Il gruppo fu scelto dal comitato di sorveglianza del gruppo Lucchini e preferito a Jindal, che già aveva manifestato interesse al complesso siderurgico. La riattivazione del Laminatoio e del treno rotaie dell”impianto, nel 2016, è passata per molti step: un accordo con i sindacati per la riassunzione di tutti i 2.200 lavoratori e 132 milioni di fondi previsti dall’accordo di programma con il Mise. Ma già nel 2016 sono iniziati i problemi finanziari della neonata società Aferpi. Il richiamo a Cevital da parte del governo ha portato a giugno del 2017 alla firma di un accordo per il prolungamento dell’amministrazione straordinaria al 2019, e dei contratti di solidarietà fino a fine 2018, sulla base di un cronoprogramma che, tuttavia, Aferpi non è riuscita a rispettare.
UNA PROSPETTIVA PER L’ILVA
Dopo tutto questo impegno andato a buon fine non rimane che dare un futuro all’Ilva, per savaguardare efficacemente la produzione siderurgica in Italia È bene ricordare che il nostro Paese continua ad essere il secondo produttore di acciaio in Europa, dopo la Germania, avendo consuntivato una produzione di oltre 23 milioni di tonnellate nel 2016 ed un incremento 1,7% nel primo semestre del 2017, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno; per quanto concerne l’alluminio, nel 2016 l’impiego totale del metallo in Italia è stato di 2,4 milioni di tonnellate, registrando un nuovo incremento rispetto all’anno precedente. In particolare è rilevante il valore di produzione di getti di alluminio colati a pressione, gran parte dei quali sono destinati ai mercati esteri come parti di prodotti complessi (auto, macchine, impianti di riscaldamento), che contribuiscono significativamente alla competitività del made in Italy e che ci fanno posizionare, anche in questo caso, come secondo Paese produttore in Europa dopo la Germania. Per quanto riguarda Ilva, è quanto meno utile capire come sta avanzando il dossier Ilva a Bruxelles. Il via libera dell’Antitrust europeo è infatti determinante per chiudere tutta l’operazione e trasferire gli asset di Ilva ad Am Investco. Il pronunciamento dell’Antitrust è atteso ai primi di aprile. Ci sono già delle prime condizioni che Bruxelles ha posto: uscita di Marcegaglia dalla compagine di Am Investco e cessione, da parte di Mittal, dell’impianto ex Magona di Piombino. L’Antitrust, infatti, non vuole che dall’unione del più grande produttore mondiale, Mittal, col più grande trasformatore europeo, Marcegaglia, nasca una realtà in grado di nuocere al mercato e alla concorrenza. Da rilevare che Mittal si è impegnato a non fare alcun taglio nel perimetro Ilva qualora l’Unione Europea ponesse ulteriori condizioni per validare l’acquisto da parte di Am Investco. Intanto alle richieste già avanzate da Bruxelles si dovrebbe far fronte con la cessione di Piombino – Arvedi rileverebbe il sito da Mittal – e con un riassetto della stessa Am Investco con l’uscita di Marcegaglia e l’ingresso, come partner di Mittal, di Banca Intesa e Cassa Depositi e Prestiti.
L’obiettivo per noi resta lo stesso. Assicurare un futuro occupazionale e produttivo al gruppo Ilva di Taranto attraverso gli investimenti del gruppo acquirente di Am InvestCo Italy, controllata dalla famiglia Mittal, ed eliminare ogni esubero annunciato, significherebbe attuare una vera e propria scelta di politica industriale a favore dell’economia nazionale.