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Intesa Sanpaolo, vista sulla cashless society con Samsung. Parla Massimo Tessitore

Un altro passo in avanti verso la frontiera tecnologica. Nel regno del contante, l’Italia, Intesa Sanpaolo porta avanti a testa a bassa la sua missione per una digitalizzazione pressoché totale del risparmio. La prova, non certo la prima, è nella partnership firmata con il gigante coreano Samsung, che in Italia ha appena presentato l’ultima conquista nei pagamenti mobile, Samsung Pay. Basta un tocco sulla parte inferiore dello schermo dello smartphone, un click per selezionare la carta desiderata, un veloce passaggio per identificarsi-autentificarsi e quindi un semplice gesto per avvicinare il dispositivo mobile al terminale di pagamento e la transazione è completata.

Ordinaria amministrazione in Paesi come Norvegia o Svezia, dove la cosiddetta cashless society è ormai una realtà da toccare con mano. Ma in Italia, dove il Fintech ancora sgomita per farsi strada in uno dei sistemi bancari più tradizionali al mondo (la settimana scorsa il Tesoro ha varato il primo comitato permanente per la tecnofinanza), l’avvento di Samsung Pay è qualcosa che fa rumore.

Formiche.net ha chiesto un parere a Massimo Tessitore, capo del multichannel, mobile payment e dell’ecommerce di Intesa Sanpaolo. Il quale parte da qualche anno addietro, cioè da quando Intesa ha deciso di abbracciare la rivoluzione digitale. “Negli ultimi anni grazie alle innovazioni tecnologiche che abbiamo messo a punto abbiamo tolto oltre 1 miliardo di fogli di carta dalle nostre filiali”. Un percorso ancora in atto dal momento che l’istituto torinese punta a “passare nei prossimi tre anni dall’attuale 10% di attività digitalizzate a oltre il 70%. Prevediamo di investire 5,8 miliardi di euro in sviluppo tecnologico e formazione del personale”.

In questo senso “Samsung Pay rappresenta comunque un ulteriore passo in avanti verso la completa digitalizzazione del risparmio e del sistema bancario”, chiarisce Tessitore. Il quale però riflette sul tipo di risposta a tale innovazione che potrà arrivare dal mercato. L’Italia d’altronde è un Paese non certo privo di controsensi dove tutti o quasi hanno uno smartphone salvo poi prediligere l’uso del contante. “Noi crediamo che un’app, opportunamente venduta possa aiutare anche i clienti più tradizionali, persino le persone anziane. Certo, ancora non siamo ai livelli di Paesi come Danimarca o Svezia, dove sono state messe in campo policy in chiave cashless society”.

Certo, sullo sfondo rimane sempre un problema di regole in grado di accompagnare la transizione digitale. Un problema sollevato anche dai vertici della stessa Intesa, in occasione di un’audizione sul Fintech, pochi mesi fa. “Noi auspichiamo da sempre leggi che favoriscano gli scambi digitali commerciali e con la Pubblica amministrazione. Perché laddove c’è meno contante, cresce anche la sicurezza. Meno ne girà meglio è”.

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