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McMaster parla di Siria e colpisce la Russia

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Il consigliere per la Sicurezza Nazionale americano, Herbert McMaster, ha tenuto giovedì un discorso sulla Siria che uno dei massimi esperti del conflitto (Charles Lister del Middle East Institute) ha definito “powerful”.

McMaster ha parlato davanti a una platea riunita al Museo dell’Olocausto di Washington, che lo ha applaudito con due consapevolezze: primo, è uno dei generali colti e intelligenti di cui Donald Trump s’è contornato e che finora hanno dato una spinta normalizzatrice all’azione di governo; secondo, mentre il consigliere parlava, sugli schermi degli smartphone dei presenti in testa alla sezione news comparivano le indiscrezioni sulla sua prossima uscita dall’amministrazione, altro passaggio di questa contro-normalizzazione che sta imperando alla Casa Bianca da inizio 2018.

Però, per ora, McMaster è uno dei massimi consiglieri della Casa Bianca, e dunque quel che dice ha un peso. Per esempio, ha detto: “dobbiamo sempre tenere in primo piano il fatto che tra gli sponsor di Bashar al-Assad non c’è solo l’Iran” — contro cui l’amministrazione Trump ha avviato una guerra di contenimento che va dal completo sostegno alle politiche anti-Tehran di Israele e Arabia Saudita, passando per la nuova nomina di Mike Pompeo, ex direttore della Cia, falco con gli ayatollah, messo programmaticamente al dipartimento di Stato. “Occhio”, ha detto McMaster, “che questa avversità (finanche giusta) contro l’Iran, non ci faccia perdere l’attenzione sul punto centrale”. Il dittatore di Damasco è principalmente sostenuto dalla Russia, che non solo è più forte sul campo (anche grazie al set di contractors schierati, ben più esperti della carne da cannone che l’Iran ha mosso dalla regione per rinfoltire le linee delle milizie settarie che hanno sostenuto Assad con la scusa della lotta al terrorismo), ma è lo scudo diplomatico siriano, creando anche la narrativa per cui l’opinione pubblica globale più disattenta tratta con lassismo la carneficina del regime siriano.

Dice McMaster: “Purtroppo molti dei nostri tentativi di proteggere i civili sono stati impediti dalle malefatte di Assad, dall’Iran e dalla Russia”; Mosca ha protetto politicamente Damasco, aggiunge il consigliere, ha bombardato i ribelli colpendo anche i civili, spesso ha impedito l‘ingresso  dei convogli umanitari, ha reso difficoltoso il lavoro dei tecnici dell’Organizzazione per lo smantellamento delle armi chimiche. “La Russia conduce 20 bombardamenti al giorni a East Ghouta, la Russia è responsabile dell’attaco per uccidere la spia Skripal: è ora che tutto questo si porti dietro conseguenze politiche severe”.

Sono dichiarazioni interessanti che vanno contestualizzate. Poche ore prima, per esempio, il dipartimento del Tesoro aveva diffuso una lista di 19 persone (tredici indicate direttamente dal procuratore speciale che sta indagando per il dipartimento di Giustizia il cosiddetto Russiagate) e cinque agenzie (tra cui le intelligence militare ed estera e la fabbrica di troll di San Pietroburgo, cuore della disinfiormatia strategicamente diffusa da Mosca) sanzionate per le interferenze alle presidenziali del 2016: Trump era stato sempre piuttosto restio nel prendere questo genere di decisioni — temendo che avessero potuto delegittimare la sua vittoria elettorale ha definito più volte tutta la vicenda una “caccia alle streghe” — e per mesi era restato fermo sulle ingerenze russe. Poi adesso le ha punite.

Per il momento dunque gli Stati Uniti, con Francia e Germania, si sono buttati alle spalle degli alleati inglesi, che accusano il Cremlino di aver ordinato l’avvelenamento con un composto nervino — di cui solo i laboratori militari russo conoscono la formula — di una ex spia russa in una cittadina del sud britannico. È l’inizio di un nuovo momento nel confronto tra Russia e Occidente?

A fornire il quadro, che va da McMaster a Londra, è stato il segretario della Nato, Jens Stoltenberg, che ha detto che il tentativo di omicidio rientra nel quadro aggressivo russo, quello con cui il presidente Vladimir Putin ha mostrato i nuovi missili strategici durante il discorso alle Camere riunite, e lo stesso con cui continua a fiancheggiare i separatisti in Ucraina (nel quadro, appunto: in mezzo ai contatti diplomatici, Washington in queste settimane ha approvato per la prima volta il passaggio di armamenti letali a Kiev) e avalla gli attacchi sui civili del regime siriano (che McMaster definisce il luogo dove abbiamo visto le peggiori atrocità, a parte l’Isis), o ancora compie operazioni di disturbo all’interno delle democrazie occidentali e arrocca mezzi e uomini sul fronte orientale dell’Alleanza.

 

 

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