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Arrivano i missili anti-tank americani a Kiev, ma la linea diplomatica non è compromessa

Gli Stati Uniti hanno deciso di aumentare il sostegno militare al governo di Kiev, da ormai quasi quattro anni occupato a contenere le mire separatiste post-crimeane nella regione orientale del Donbass, fornendo (intanto) 210 missili anti-carro. Si tratta di una decisione attesa, soltanto oggi ufficializzata dal dipartimento di Stato e Pentagono giovedì, ma che tutti gli osservatori davano ormai per presa da tempo.

Da circa due mesi gli americani hanno inviato le prime armi letali, ossia armamenti offensivi, a Kiev – che finora riceveva soltanto componenti tattiche e kit per assistenza medica. A gennaio erano stati forniti all’esercito ucraino i primi fucili da cecchino, ma si sapeva che i sistemi anti-tank Javelin sarebbero arrivati presto (la spedizione, oltre ai 210 missili, comprende 37 postazioni mobili di lancio, nonché un training per l’utilizzo dell’apparecchiatura; conto totale che la joint venture tra Raytheon e Lockheed Martin incasserà dall’operazione: 47 milioni di dollari).

La decisione di Washington era stata tenuta appesa per anni dall’amministrazione Obama, ma poco prima della fine dello scorso anno la Casa Bianca (Trump) scelse di dare luce verde alle raccomandazioni di Pentagono, dipartimento di Stato e del consigliere delegato per trattare il conflitto (Kurt Volker, uno che con franchezza ha definito le regioni separatiste “sotto il controllo russo al 100 per cento”, ma che si è intestato la guida dei negoziati diplomatici).

La fornitura di questo genere di armamenti è acidamente criticata dalla Russia, che la considera alla stregua di una dichiarazione di guerra, e pure qualche Paese europeo alleato americano ha espresso il proprio risentimento. Per esempio, a gennaio fu il ministro degli Esteri tedesco, Sigmar Gabriela polemizzare con questo genere di scelte della Casa Bianca, che in effetti (arrivavano, e ancor più adesso) arrivano in un momento in cui sembra concretizzarsi un percorso di stabilizzazione a cui attori di tutti i fronti interessati (compreso la Nato) stanno partecipando attraverso “uomini di buona volontà” – per riprendere un virgolettato con cui una fonte diplomatica di Formiche.net descrisse la situazione poche settimane fa.

“I sistemi Javelin aiuteranno l’Ucraina a stabilire una capacità di difesa di lungo termine, per proteggere la sua integrità territoriale e la sovranità, e per soddisfare le esigenze di difesa nazionale” scrive la nota del dipartimento americano, sottolineando che queste armi “non cambieranno l’equilibrio militare nella regione” (dove si contano finora più di 10mila morti); tuttavia i sistemi anti-carro sono un addizionale difensiva/offensiva importante per gli ucraini, che nel Donbass hanno sofferto l’avanzata dei corazzati russi in mano ai separatisti (nota: teoricamente l’utilizzo di questo genere di mezzi sarebbe proibito dagli accodi per de-escalation e pacificazione).

La scorsa settimana Volker aveva in qualche modo anticipato questo passaggio all’agenzia locale Unian, sostenendo che quello che stava facendo Donald Trump era piuttosto in linea con la strada intrapresa dalla precedente amministrazione, solo che l’attuale presidente “ha rimosso le limitazioni imposte dal predecessore (quelle sugli armamenti letali, ndr), estendendo la possibilità per gli Stati Uniti di garantire la sicurezza dell’Ucraina”.

Ma l’inviato speciale della Casa Bianca ha calcato molto sulla linea diplomatica, spiegando che la fornitura americana permetterà sì di colmare un gap tecnico dell’esercito di Kiev, ma Washington esclude qualsiasi possibilità di una opzione militare nel conflitto del Donbass: “Il ritorno dei territori occupati sotto la sovranità ucraina tramite la forza militare non è un nostro obiettivo, dato che abbiamo degli strumenti diplomatici da applicare, come nel caso delle forze di pace”.

Una nota sulla tempistica dell’annuncio americano e la guerra di nervi tra Stati Uniti e Russia: poche ore prima il presidente Vladimir Putin aveva mostrato i muscoli durante il suo annuale discorso alle Camere, vantandosi dei progressi tecnologici del settore missilistico russo, in quella che era sembrata una mossa da campagna elettorale in risposta alla Nuclear Posture Review pubblicata da Washington, che come contro-risposta ha poi fatto uscire la notizia dei sistemi anti-carro che metterà in mano agli ucraini.

(Foto: Marine.mil, un lanciatore Javelin durante un’esercitazione dei Marines americani)


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