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Missioni internazionali. Il cambio di gravitazione italiano spiegato dal generale Bertolini

L’idea di un’Italia limes meridionale di un’Europa unicamente occidentale e atlantica sta cedendo il passo a quella di un Paese centrale per tutta quell’area euro-mediterranea che include anche i Paesi rivieraschi africani e mediorientali, nonché quelli balcanici, fino al Mar Nero. Un’indubbia crescita concettuale, quindi, che smorza la marginalità alla quale eravamo rassegnati e che potrebbe autorizzare maggiori ambizioni in un bacino che si dimostra ancora vitale per i principali competitor mondiali.

In verità, non sono le nostre ambizioni a solleticare questa nuova consapevolezza, ma le paure innescate dalle crisi che lambiscono le rive mediterranee, con particolare riferimento a quelle del gigantesco continente africano e che approdano sulle nostre coste coi barconi dei trafficanti di esseri umani. Gioca un ruolo non indifferente in questa nuova sensibilità nazionale anche la proattività dimostrata da altri Paesi europei ed extra-europei che non si fanno scrupolo di intervenire militarmente in tutta quest’area per affermarvi i propri interessi, magari a prescindere dai nostri. In questa nuova ottica, l’Italia sta esprimendo un moderato cambio di gravitazione, diminuendo le forze dal teatro iracheno, soprattutto quelle a presidio della diga di Mosul e nella componente aerea ed elicotteristica, nonché dall’Afghanistan, anche se non si parla ancora di concludere il nostro quasi ventennale impegno nel Paese.

Beneficerà di tale cambiamento la nostra presenza nel Sahel. Al piccolissimo contingente in Mali per l’addestramento dei locali impegnati con le unità francesi contro Aqmi (acronimi di AlQaida nel Maghreb islamico), aggiungeremo un più consistente contingente addestrativo in Niger. Un ulteriore incremento dovrebbe riguardare la Tunisia e infine la Libia, dove il nostro Esercito e la Marina addestreranno forze terrestri e guardia costiera, mentre elementi dell’Aeronautica assicureranno supporto logistico e addestrativo alla componente aerea. Insomma, pare proprio che l’Italia debba fare i conti con la propria posizione geografica, che per ora le causa solo problemi, ma dalla quale con un po’ di coraggio potrebbe ottenere vantaggi importanti.

Resta da capire se a finalità soprattutto politiche e di presenza, sottese da attività addestrative e di scarso impatto immediato, sarà necessario aggiungerne di più concrete, con obiettivi di più largo respiro. Purtroppo, per questi non basta l’ambizione, ma l’elaborazione di strategie di lungo periodo che solo Paesi con forti politiche estere condivise a livello interno si possono permettere.


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