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Accordo Sky Netflix, quale futuro e quali regole per il mercato audiovisivo. Conversazione con Antonio Martusciello (Agcom)

Porterà sicuramente nuova linfa a Sky. Ma il recente accordo strategico tra Netflix, il colosso dello streaming online e la grande emittente satellitare di contenuti pay, per condividere archivi e abbonati, va sicuramente analizzato alla luce delle trasformazioni che il settore ha subìto negli ultimi anni. Formiche.net ha affidato il compito ad Antonio Martusciello, Commissario Agcom, che in un’intervista dichiara: “Forse è ancora presto per parlare di sostituzione tra servizi audiovisivi online e servizi televisivi, ma occorre monitorare lo scenario di mercato”.

“A livello globale sono in atto processi di diversificazione produttiva e di consolidamento realizzati tramite operazioni di partnership e di concentrazione, che avvengono sia a livello intra settoriale, sia tra soggetti appartenenti a settori merceologici diversi”, spiega Martusciello.

“È innegabile come il settore dei servizi di media audiovisivi – prosegue – ha subìto negli ultimi anni rilevanti trasformazioni”. Ma, per il Commissario, le partnership seguono il mutamento che ha toccato il prodotto. “Oggi – spiega – il contenuto audiovisivo trasmesso o veicolato sui diversi mezzi trasmissivi, e le relative modalità di offerta sono in costante evoluzione, dal momento che i soggetti operanti sul mercato hanno ampliato la propria catena del valore in direzione dell’aggregazione e della distribuzione di contenuti. Del resto, l’accordo tra Sky e Netflix ne è prova”.

Come noto, quest’ultimo operatore si è imposto anche nel mercato italiano mediante un’offerta di contenuti on demand in modalità non lineare su rete Ip. Più semplicemente, a fronte del pagamento di un abbonamento mensile, l’utente ottiene l’accesso a un intero catalogo di contenuti di cui può fruire in qualsiasi momento. “È la rivoluzione del Subscriptional Video On Demand”, esclama Martusciello.

“L’accordo – prosegue – sembra fornire nuova linfa a Sky che cerca di arginare una possibile fuga dagli abbonamenti al satellite. Cord cutting, direbbero negli Stati Uniti, dove la perdita complessiva di abbonati della pay tv, nel primo trimestre del 2017, già raggiungeva ben 762 mila unità”.

Pur se in Italia non si registrano valori preoccupanti, i numeri raggiunti da Sky lo scorso anno non possono dirsi molto soddisfacenti: abbonati tendenzialmente stabili a quota 4.78 milioni. “Certo – rileva il Commissario – il processo di convergenza media/tlc ha posto i soggetti tradizionali dinanzi all’entrata nel settore di operatori di comunicazione elettronica o di nuovi players  (principalmente fornitori di servizi Ott), il cui modello di business prevede sostanzialmente la distribuzione di contenuti su piattaforma Ip. Se queste nuove forme di distribuzione di contenuti sul web, generalmente affiancano e completano l’offerta principale sulle tradizionali piattaforme trasmissive, oggi, in virtù dell’accordo tra Sky e Netflix, sembrano addirittura integrarsi tra loro”.

E dal punto di vista del regolatore? “La questione è quella di capire se effettivamente il Svod possa costituire un’opzione sostitutiva rispetto ai tradizionali servizi offerti dagli altri operatori”, prosegue Martusciello.

Un tema che riguarda non solo il nostro Paese. “In Gran Bretagna, ad esempio – precisa Martusciello – la Competition Commission, già nel 2012, ha avuto modo di affrontare il tema della pressione concorrenziale esercitata da nuovi operatori di contenuti audiovisivi online come Netflix. Nella Pay Tv Movies investigation sui mercati all’ingrosso dei diritti e dell’offerta all’ingrosso di pacchetti pay tv, la Commission ha rilevato che l’offerta in esame può essere parzialmente sostituibile a quella degli operatori di pay tv. Tuttavia, “sebbene esistano delle similarità nella varietà di film offerti, nella disponibilità di contenuti in alta definizione, nelle modalità di commercializzazione basate sull’abbonamento, è stata considerata ancora insufficiente la sostituibilità dal lato della domanda, stante la limitata base clienti dei nuovi soggetti, e le significative differenze fra le due tipologie di servizi”.

Ebbene, “se la Competition Commission, pur tenendo conto dell’evoluzione del contesto di mercato, ha sostanzialmente confermato l’impostazione europea sulla definizione dei mercati rilevanti televisivi retail, oggi possiamo ancora ritenere valido tale ragionamento?”,  si chiede icasticamente Martusciello.

Il Commissario Agcom dichiara: “È ancora presto per individuare una netta soluzione di continuità nei processi di sostituzione tra servizi audiovisivi online e servizi televisivi, ma occorre monitorare lo scenario di mercato. D’altronde non possiamo negare che, sebbene il consumo dei servizi audiovisivi online a pagamento sia ancora contenuto, dal lato della domanda, si riscontra un interesse sempre più crescente da parte degli utenti per questi servizi innovativi”.

“In un futuro, forse non troppo lontano – conclude Martusciello  – il mercato della pay tv potrebbe essere ampliato prevedendo l’inclusione anche dei servizi Svod o Tvod. Ecco che allora nell’oggi – come sapientemente rilevava il filosofo inglese Samuel Taylor Coleridge – sembra già camminare il domani”.

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