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Nessuna sorpresa. Così Xi ha ottenuto la guida della Cina all’unanimità

Xi Jinping

Il cento per cento dei 2970 delegati del Congresso nazionale del Popolo cinese ha votato per la rielezione di Xi Jinping a presidente. Una mossa scontata, che segue di qualche giorno il voto dell’Assemblea popolare che ha ratificato la modifica costituzionale per togliere i limiti temporali al mandato presidenziale.

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Entrambe le decisioni erano state proposte dal Partito comunista cinese, e il passaggio per l’approvazione da parte dei corpi istituzionali era mera prassi. Tutti i delegati lo hanno riconfermato anche come presidente della Commissione militare centrale.

Ora Xi, che ha giurato col pugno alzato sulla costituzione che contiene anche la sua dottrina secondo alcune modifiche recenti, è anche formalmente il leader con più potere al mondo — un potere a vita — alla testa della nazione che secondo il suo ambizioso programma politico si proietterà alla guida, anche armata, degli affari globali.

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Nel rafforzamento del suo potere, in corso ormai da mesi a colpi di modifiche costituzionali, strappi alle regole consolidate e martellante campagna propagandistica, Xi ha ottenuto anche l’elezione a vice presidente di Wang Qishan, suo grande alleato politico. Wang Qishan ha 69 anni, e secondo le regole che finora servivano a garantire il ricambio generazionale alla testa dello stato e del Partito, avrebbe raggiunto un’età che lo renderebbe intellegibile, ma le norme saltano nell’era Xi.

Il presidente cinese crede nel ruolo di Wang, la cui nomina serve anche per consolidar tra il popolo l’immagine pulita della presidenza, daro che in precedenza ha ricoperto il ruolo di capo della commissione anti-corruzione. Sarà probabilmente lui inoltre, a tenere i rapporti con gli Stati Uniti, e a gestire dunque l’aggressività dell’ammininistrazione Trump sul commercio e in tutti i (tanti) dossier di confronto.

 

 

 

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