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Perché l’Antitrust italiana ha aperto un’istruttoria su Facebook

Altra tegola su Facebook, stavolta in Italia. Dopo le ultime notizie che vedono, per stessa ammissione del social network, il coinvolgimento di oltre 214mila utenti italiani nel caso Cambridge Analytica, l’Antitrust ha aperto oggi, nei confronti del colosso di Menlo Park, un procedimento per pratiche commerciali scorrette, che riguarda il messaggio ingannevole che viene dato al consumatore.

L’ANNUNCIO

L’annuncio è stato dato dallo stesso presidente dell’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato, Giovanni Pitruzzella, in un’intervista a SkyTg24.
“Quando ci iscriviamo a Facebook sulla home page troviamo un messaggio che dice che il servizio è gratuito e lo sarà sempre”, ha detto il presidente dell’Antitrust. “Ma il consumatore”, ha sottolineato, “non è messo in grado di sapere che al contrario cede dei dati, per i quali ci sarà un uso commerciale, come dimostrano anche le recenti vicende”.

PROBLEMATICHE NUOVE

“Si tratta – ha proseguito Pitruzzella – di problematiche nuove che involgono vari profili: c’è un profilo di tutela della privacy, per cui il regolatore di settore, l’Autorità per la privacy, nazionale e europea, sta intervenendo; c’è un profilo di nuove regole, occorrono regole adeguate ai tempi a cui sta pensando l’Autorità per le Comunicazioni, c’è poi un profilo di tutela del consumatore: noi siamo stati chiamati a intervenire dalle associazioni di tutela del consumatore, e riteniamo che i messaggi devono essere chiari, precisi, non ingannevoli, su cosa le piattaforme come Facebook fanno della nostra identità digitale”, ha concluso il presidente dell’Antitrust.

LA NOTA DELL’ANTITRUST

L’Agcm ha poi spiegato con una nota quali sono le presunte pratiche commerciali scorrette oggetto dell’istruttoria, che riguarderebbero: l’informativa fornita dal professionista in fase di registrazione alla piattaforma” fondata da Mark Zuckerberg (nella foto), “con riferimento alle modalità di raccolta e utilizzo dei dati dei propri utenti a fini commerciali, incluse le informazioni generate dall’uso da parte dell’utente Facebook di app di società appartenenti al gruppo e dall’accesso a siti web/app di terzi; l’automatica attivazione della piattaforma di scambio dei propri dati da/a terzi operatori per tutte le volte che l’utente accederà o utilizzerà siti web e app di terzi, con validità autorizzativa generale senza alcun consenso da parte dell’utente, con sola facoltà di opt-out (in particolare, l’opzione a disposizione dell’utente di rinunciare o meno a tale modalità risulterebbe preimpostata, tramite spunta nell’apposita casella, sul consenso al trasferimento dei dati).

GLI ARTICOLI SOTTO OSSERVAZIONE

Secondo l’Autorità, “questi comportamenti potrebbero integrare due distinte pratiche commerciali scorrette in violazione degli articoli 20, 21, 22, 24 e 25, del Codice del Consumo, in quanto, da un lato, Facebook non informerebbe adeguatamente e immediatamente, in fase di attivazione dell’account, l’utente dell’attività di raccolta e utilizzo, a fini commerciali, dei dati che egli cede”.
Dall’altro, prosegue il comunicato, “Facebook avrebbe esercitato un indebito condizionamento nei confronti dei consumatori registrati, i quali, in cambio dell’utilizzo di Facebook, presterebbero il consenso alla raccolta e all’utilizzo di tutte le informazioni che li riguardano (informazioni del proprio profilo FB, quelle derivanti dall’uso di Fb e dalle proprie esperienze su siti e app di terzi), in modo inconsapevole e automatico, tramite un sistema di preselezione del consenso e a mantenere lo status quo per evitare di subire limitazioni nell’utilizzo del servizio in caso di deselezione”.

L’INIZIATIVA DEL GARANTE PRIVACY E AGCOM

L’iniziativa dell’Agcm non è isolata, ma si affianca a quella del Garante Privacy, che il 24 aprile, nell’ambito della sua indagine, riceverà il global deputy chief privacy officer di Facebook Stephen Deadman.
E anche l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), aveva spiegato a Formiche.net il commissario Antonio Nicita, per saperne di più su quanto è accaduto in Italia ha recentemente riattivato il Tavolo tecnico per la garanzia del pluralismo e della correttezza dell’informazione sulle piattaforme digitali già istituito lo scorso anno.



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