Non è la prima volta che il Pd si divide, ma questa sarà decisiva per il futuro del partito. Di fronte alla possibilità di un governo con il Movimento 5 Stelle, di cui Roberto Fico dovrà in queste ore sondare la concretezza (farà un secondo giro di consultazioni), i dem si stanno lacerando in gruppi e sottogruppi, ognuno con la sua posizione o la sua sfumatura. La notizia, però, è che il fronte renziano “mai un governo con i grillini” non è più così coeso. Anzi, tra gli esponenti ancora vicini all’ex segretario ce ne sono tanti che ormai, sul punto governo con Di Maio sì o no, la pensano diversamente dall’ex leader. E dicono apertamente di provarci. Insomma, ci sono i renziani duri, i renziani possibilisti, quelli che vogliono vedere le carte con prudenza e quelli che vogliono l’intesa senza indugio. E i mediatori. Vediamo, dunque, qual è allo stato attuale la mappa delle posizioni nel partito.
MAI CON GIGGINO
La truppa dei duri e puri è composta dai fedelissimi renziani. Quindi lo stesso Renzi (che oggi ha fatto un sondaggio improvvisato in piazza a Firenze), Maria Elena Boschi, Francesco Bonifazi, Matteo Orfini, Simona Bonafè, Anna Ascani, Michele Anzaldi. E poi Alessia Morani, il capogruppo in Senato Andrea Marcucci, Ettore Rosato, Dario Parrini, Sandro Gozi, Davide Faraone. Alcuni di loro hanno creato su Twitter l’hastag “senza di me” (ovvero, fate pure un governo con Di Maio ma “senza di me”) che sta ricevendo parecchie adesioni, ma anche critiche, da iscritti, militanti e semplici elettori. “Non si possono decidere le sorti del Paese con un hastag”, ha detto Walter Verini, critico con l’iniziativa dei renziani. Come si è visto nelle ultime ore, gli anti-M5S possono contare su un alleato in più: Carlo Calenda, che renziano non è. “Se si fa l’alleanza con i grillini, lascerò il partito”, ha detto il ministro dello Sviluppo economico, uno dei pochi a pensarla così tra i membri dell’esecutivo di Paolo Gentiloni. Tra l’altro, all’interno dei fedelissimi renziani diverse fonti raccontano una differenza di sfumature tra Luca Lotti, che vorrebbe dare una possibilità al dialogo, e Maria Elena Boschi che, insieme a Bonifazi, è per la chiusura totale. Sulla stessa posizione di Lotti c’è anche un renziano doc come Roberto Giachetti, contrario in linea generale all’intesa, ma lasciando aperto uno spiraglio.
SCENDIAMO DALL’AVENTINO
Numeroso anche il fronte degli aperturisti, che vedono nell’intesa con i 5 Stelle una possibilità. È un gruppo bipartisan all’interno del partito, composto innanzitutto dal segretario reggente Maurizio Martina, che ormai Renzi considera quasi un traditore. Ma su questa linea, anche se più prudente, si può annoverare Graziano Delrio. Per il resto, sono in tanti, tra renziani soft e minoranza, chi più chi meno, a essere favorevoli al dialogo con il movimento di Grillo e Di Maio. Uno dei primi ad aprire ai 5 Stelle, anche se si tratta di un acquisto recente, è stato Pierferdinando Casini, che già il 20 marzo scorso, quindi più di un mese fa – e nonostante gli attacchi ricevuti dai grillini quando era alla guida della commissione banche – ha auspicato un’intesa tra le due forze. Dario Franceschini l’ha detto chiaramente l’altro giorno con una lunga intervista a Repubblica, e lo stesso ha fatto in più di un’occasione il leader della minoranza Andrea Orlando. Ma nelle ultime ore hanno fatto sentire la loro voce esponenti della maggioranza dem come Piero Fassino, Sergio Chiamparino, Debora Serracchiani, Sergio Chiamparino. Sono per andare a vedere le carte, anche se con molta prudenza. Gli altri, invece, spingono per il dialogo con più convinzione. Uno di questi, anche se rimane in silenzio, è il premier ancora in carica Paolo Gentiloni. Poi ci sono Nicola Zingaretti, Francesco Boccia, Michele Emiliano, Barbara Pollastrini, Anna Finocchiaro, Marianna Madia, Sandra Zampa, Walter Verini, Gianni Cuperlo e Luigi Zanda.
I MEDIATORI
Ci sono poi quei renziani doc che stanno cercando di mediare tra le varie posizioni. Anche se già citato tra i possibilisti, uno che in queste ore sta cercando trovare una sintesi è sicuramente il ministro Delrio. Poi ci sono altri due ministri: Marco Minniti e Roberta Pinotti. Non pervenuta, invece, la posizione di Claudio De Vincenti. Tra i mediatori va annoverato anche Lorenzo Guerini, che sta cercando di tenere unito il partito, pur restando tra i fedelissimi renziani.
Nel Pd i prossimi saranno giorni di discussioni, scontri e trattative, in vista della Direzione del partito prevista per mercoledì prossimo, 2 maggio. Qui ci sarà il redde rationem. In questo organismo, però, i numeri sono largamente a favore di Renzi. Su 209 componenti, infatti, si possono contare 117 renziani, compresi 13 “turchi” legati a Orfini e 3 esponenti vicini a Delrio. I franceschiniani sono 20, quelli vicini a Martina 9, mentre un paio sono considerati vicini a Veltroni. Per quanto riguarda la minoranza vera e propria, 32 ne conta Orlando e 14 Emiliano. Quindi o si smuove qualcosa tra i renziani, in modo da rimescolare le carte, o l’esito appare scontato.