Sono passati ormai oltre quaranta giorni dalle elezioni del quattro marzo e lo stallo nelle consultazioni per la formazione del nuovo governo rischia seriamente di trasformarsi in immobilismo. Pur con tutta la pazienza del Presidente Sergio Mattarella, che ha concesso ai due “vincitori” del 4 marzo – Matteo Salvini e Luigi Di Maio – tutto il tempo necessario per trovare un accordo che consenta di far partire la XVIII legislatura, il pericolo che i due falliscano nel loro progetto di “governo del cambiamento”, come abilmente lo hanno definito, si fa sempre più concreto.
Il Colle è stato costretto a registrare che due giri di consultazioni al Quirinale e il mandato esplorativo della presidente del Senato Elisabetta Casellati non hanno sostanzialmente smosso le posizioni di partenza del Movimento Cinque Stelle e del centrodestra. In un irresponsabile gioco dei veti, che non sembra trovare soluzione, Salvini e Di Maio, che pure avevano iniziato la legislatura trovando agevolmente un accordo per eleggere i presidente delle due Camere, non sembrano essere più in grado di giungere ad compromesso che “sciolga” la situazione attuale.
Fino ad ora il Presidente Mattarella ha condotto le consultazioni come un irreprensibile notaio, seguendo le indicazioni uscite dalle urne e venendo incontro alle indicazioni dei partiti, sia concedendo più tempo ai protagonisti per trovare l’intesa necessaria, sia elaborando un mandato esplorativo circoscritto alla creazione di un governo centrodestra-M5S.
Ora però il tempo inizia a scarseggiare. I giorni passano, limando la pazienza del Colle, mentre la situazione internazionale e le scadenza economiche sempre più vicine impongono all’Italia di avere un governo nel pieno dei propri poteri. Come il professor Vincenzo Lippolis ha ricordato proprio su queste pagine, il Presidente della Repubblica, durante le consultazioni, si limita al ruolo di notaio quando c’è un clima di intesa tra i partiti, ma può trasformarsi in “motore di riserva” qualora non si riesca a dare vita ad un governo; sembra giunto il momento in cui, come è accaduto anche nel passato, il Presidente utilizzi la sua moral suasion per forzare la situazione, per trovare una soluzione per il bene del paese.
È quindi lecito aspettarsi che il Mattarella che abbiamo visto fino ad oggi, cambi atteggiamento preferendo una diversa interpretazione del ruolo, andando a compiere delle scelte per favorire la nascita di un governo. Alcune di queste scelte, il semplice preferire un’opzione rispetto ad un’altra, potrebbe, per la prima volta, attirargli delle critiche, anche aspre. È ovvio che per sbloccare una situazione che i partiti dopo 45 giorni non sono stati in grado di risolvere Mattarella si troverà costretto a compiere delle scelte che saranno in contrasto con i desiderata di alcuni dei soggetti in causa, cosa che, temiamo, potrebbe in qualche modo indurre qualcuno a trascinare anche la figura del Presidente nella quotidiana lotta politica.
Ma ci sembra doveroso sottolineare che se qualcuno, che magari ha contribuito in queste settimane con la propria irresponsabilità a rendere ancora più ingarbugliata una situazione politica già complessa, dovesse scegliere scientemente di attaccare la terzietà del Presidente per il proprio tornaconto elettorale, commetterebbe l’ennesimo peccato di hybris, in un quadro politico in cui l’interesse generale del Paese sembra sempre più andare in secondo piano.