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“Bergoglio e pregiudizio”, cinque anni di pontificato di Papa Francesco analizzati da Mauro Mazza

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Jorge Mario Bergoglio, eletto romano pontefice il 13 marzo 2013 ed assunto il nome di Francesco (per la prima volta dopo 259 Papi), è immediatamente diventato una icona pop di livello planetario. Applaudito ed osannato come nessuno prima al di fuori del mondo cattolico, il suo carisma nei primi due anni di esercizio del ministero petrino si è dilato  fino a surclassare la stessa Chiesa come istituzione che ne è parsa una sorta di irrilevante appendice. Francesco è stato, insomma, “adottato” dal mondo laico, guardato con simpatia perfino dagli atei militanti, accolto nella vasta comunità degli scettici e non credenti tra lo stupore e lo sconcerto dei cattolici che tutto potevano immaginare dopo la storica rinuncia di Benedetto XVI tranne l’elevazione al “Soglio del Relativismo” di colui che avevano scelto come successore di Pietro. Un bizzarro segno dei tempi o una distrazione del collegio cardinalizio, forse poco assistito – e chiediamo scusa per l’ardita ipotesi – dallo Spirito Santo, al momento della scelta suprema? Nessuno potrà rispondere, ovviamente.

Possiamo soltanto analizzare le conseguenze di un Pontificato che dopo cinque anni, esauritasi la “spinta propulsiva”, segna il passo soprattutto sul piano delle riforme auspicate dai cattolici ed in particolare dai vertici della Chiesa universale. Riforme disattese e quelle poche realizzate ampiamente rivelatesi controproducenti al punto che Bergoglio se l’è dovute quasi tutte rimangiare.

Da un cardinale sudamericano, impregnato di una cultura teologica discutibile e segnato da una carriera nella quale le influenze culturali e politiche di un certo pauperismo molto prossimo a quello che una volta veniva chiamato il “socialismo caraibico”, forse non c’era da attenersi altro che lo smantellamento dell’ortodossia e della tradizione tanto nello stile, quanto nelle proposizioni. Papa Francesco, insomma, sembra aver accontentato tutti coloro che certo credenti non sono, da Eugenio Scalfari a Evo Morales, il presidente peruviano, scontentando, di converso, quelli che che alla “Chiesa di sempre” sono profondamente legati. E la “rottura” non ha tardato a prendere forma tanto nelle molte discutibili (rivelatesi poi fallaci) “chiamate” tra i ranghi più eminenti della Curia vaticana operate dal Pontefice,  quanto nei documenti ufficiali che recano il suo sigillo, in particolare la contestata Amoris Letitia che ha suscitato i famosi dubia di porporati non marginali ai quali il Papa non ha ritenuto di dare adeguate risposte suscitando risentimenti, malumori e perfino contestazioni da parte di non pochi dei cardinali che lo avevano votato.

Il malessere, ormai conclamato, ha oscurato i primi due anni di Pontificato. Francesco resta l’icona di un mondo a lui religiosamente estraneo, ma viene guardato con apprensione (per non dire altro) da credenti e soprattutto da coloro che dovrebbero essergli più prossimi, dalla casa pontificia al collegio cardinalizio, oltre a numerosi teologi che apertamente si interrogano sui destini della Chiesa universale e osservano con legittima preoccupazione alle vicende legate all’inedita “diarchia” vaticana costituita dal Papa regnante e dal Papa emerito, chiuso nella sua “contemplazione attiva” nel monastero poco distante da Santa Marta da dove Bergoglio esercita pienamente il suo ministero, quasi sprezzante dei riti e delle prerogative che hanno connotato l’esercizio papale dei suoi predecessori.

papa francescoCome scrive Mauro Mazza, acuto ed intelligente analista dei “movimenti” ecclesiastici, oltre che giornalista e saggista autorevole (ma anche romanziere che qualche anno fa annunciò in un libro suggestivo i possibili esiti della deflagrazione e ricomposizione della Chiesa cattolica con l’ascesa al Soglio di un Papa russo), nel suo puntuale e documentatissimo Bergoglio e pregiudizio (Pagine, pp.210, € 18), oltre ad aver smantellato buona parte delle istituzioni ecclesiastiche che conoscevamo ed aver ridotto la cattolicità ad una sorta di Ong – per meglio dire: “un ospedale da campo”, secondo la sua espressione – “Bergoglio è diventato un beniamino che governa il nostro vecchio, anzi decrepito continente”, assecondando l’ideologia “migrazionista” con tutte le conseguenze sincretiche dal punto di vista religioso che il fenomeno comporta.

L’oggettiva percezione di un ecumenismo, già di per sé discutibile, tradottosi in relativismo con pericoloso avvicinamento allo gnosticismo, mettendo sullo stesso piano tutte le confessioni in nome di una non precisata “misericordia”, è un inquietante segnale di rassegnazione per la cattolicità  che intravede la subordinazione  del cristianesimo alle altre religioni, in primis quella musulmana, la cui “geometrica potenza” si dispiega grazie anche  alla rinuncia al primato della verità da parte della Chiesa cattolica. Oltretutto. l’apertura al protestantesimo in occasione del cinquecentesimo anniversario delle tesi di Württemberg, ha gettato nello sconforto quanti per mezzo millennio hanno sbarrato la strada a Lutero tenendosi fedeli ai principi della Controriforma di fatto abrogati dalla disinvolta apertura di Bergoglio al monaco ribelle celebrato, ovviamente, nel segno della conciliazione e dell’indefinita etica della misericordia che ci sembra tutt’altra cosa, nel lessico e nel pensiero Bergoglio o, rispetto a quella tomista.

Si pone il problema di “evangelizzare” nuovamente l’Europa, come fa intendere Mazza dedicando pagine di annotazioni prive di preconcetti nei confronti del vescovo di Roma, ma dense di notizie, cronache e atteggiamenti che la dicono lunga sulla pericolosa china che la Chiesa ha intrapreso. Questo Papa, osserva Mazza, “progressivamente e a notevole velocità, si è notevolmente allontanato dai suoi predecessori. Sempre, in ogni occasione, Wojtyla e Benedetto, infatti, avevano chiesto altro all’Europa. Lo avevano fatto invano, inascoltati, quasi implorando i governanti perché non gettassero nella spazzatura le radici cristiane, caposaldo della civiltà e dell’identità europea. Bergoglio, a velocità della luce, si è allontanato anche da… se stesso. Nel 2014, un anno dopo la sua elezione, di fronte al parlamento di Strasburgo, richiamava il rispetto della ‘dignità trascendente della persona umana’ troppo calpestata”. Lodevole intento, se non avesse alluso alla indiscriminata accoglienza delle masse di immigrati, sostenendo di fatto, come esplicitamente richiesto in tanti documenti, una “sintesi tra popoli e religioni”; sintesi nella quale la confusione sarebbe – anzi già lo è – altissima. Quanta differenza con l’Europa di Wojtyla per il quale se essa si  fosse fatta “animare da Cristo” sarebbe stata una comunità conciliata “di uomini e di popoli con rispetto profondo e benevolenza duratura”.

Bergoglio è forse il maggior interprete della “società liquida” nella quale la prevalenza del relativismo è assoluta. E Mazza lo sottolinea con particolare vigore, senza pregiudizi, ma appoggiandosi ad atti incontestabili che vanno meditati con rigore piuttosto che rigettati con l’orgoglio ferito di adepti figli dell’epoca conciliare “tradita” dalla teologia della liberazione penetrata, come il “fumo di Satana”, denunciato a suo tempo da Paolo VI, nelle viscere nella Chiesa.

C’è rumore, approssimazione, letargica assuefazione alle mode, rifiuto della sacralità ed accettazione indiscriminata della mondanità nella Chiesa contemporanea. Quando un Papa dice: “Chi sono io per giudicare?” crea di fatto una teologia nuova mettendo fuori gioco quella bimillenaria fondata sulle Scritture e sul Magistero. E’ probabile, al di là delle dispute giuridiche e canoniche, che lo Spirito Santo abbia davvero disegnato l’inedito schema dei due Papi per orientare in qualche modo la Chiesa del futuro. I progetti della Provvidenza, come si sa, sono imperscrutabili. E forse il vescovo di Roma ne è lo strumento per quanto possa sembrarci incomprensibile. Il suo discusso pontificato potrà essere il lievito del rinnovamento quando ci si sarà resi conto che dopo il tempo del frastuono dovrà affermarsi quello del silenzio. Come ammonisce il cardinale Robert Sarah, uno degli ultimi custodi della Tradizione insieme con il contemplativo e “attivo” Joseph Ratzinger.

 


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