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Phisikk du role. Dell’auto blu e di altre fondamentalissime questioni

blu

L’episodio del presidente Fico che si muove dalla Camera al Quirinale a piedi, costringendo coorti di forze dell’ordine (ma anche di alti funzionari della Camera) ad una performance da film di Sorrentino, con tanto di scalata finale del centinaio di gradini dalla Dataria al palazzo, è stato opportunamente illustrato nel suo splendore pedagogico dai giornalisti laureati nelle scorse ore. Nulla da aggiungere se non un pensiero solidale alla segretaria generale della Camera ed al consigliere capo del Cerimoniale che, in verità, non ricordo di aver visto mai impegnati in così arduo e sudato cimento. Peraltro non previsto dal concorso per consigliere parlamentare.

È facile congetturare che in quel rumore di fondo in cui si discioglie il cosiddetto immaginario collettivo, questa abolizione dell’auto blu, e la sua sostituzione col tram, col treno, col camminamento a piedi della terza carica dello Stato, rappresenti un gesto da incoraggiare, ben oltre la simbologia pop che pure dichiara. In mancanza di contenuti programmatici, affidati all’acribia del professor Giacinto della Cananea, impegnato a scandagliare i punti di convergenza nei programmi elettorali delle liste concorrenti (come se, posto che l’algoritmo fosse in grado di evidenziare sei convergenze su dieci, bastasse dire al partito convergente: guarda che adesso devi per forza firmare il contratto di governo con noi perché su sei punti siamo d’accordo…), restano vitalizi e auto blu.

Sui primi si abbatterà senza pietà la scure dei censori, generando una festa per gli avvocati difensori dei colpiti che argomenteranno su sentenze della Corte Costituzionale e principi generali dell’ordinamento intorno al tema d’antologia della irretroattività della reformatio in peius. Considerati i tempi rilassati dei tribunali italiani l’unica certezza è che prima delle sentenze si rifaranno le elezioni politiche. Ed è quello che forse interessa più di tutto. Sulle auto blu va detto che ormai la politically correctness che anima da un bel po’ le alte stanze delle istituzioni ha ridotto al lumicino questa pratica sibarita, abolendone o quanto meno limitandone la diffusione cromatica. Insomma di blu se ne vede pochino sulle auto della politica. E quando proprio non se ne può fare a meno si cerca in altro modo l’espiazione per questo lusso immeritato. Per tutta la XVII legislatura le sopravvissute auto blu della Camera dei deputati- riservate ai massimi livelli istituzionali (ufficio di presidenza, Capigruppo, presidenti di commissioni etc.) solo per collegamenti da aeroporto-stazione a palazzo- sono state sottoposte ad una curiosissima limitazione. Non hanno più potuto accedere per raggiungere i luoghi della partenza e dell’arrivo, alle corsie riservate ai taxi, agli ncc e a tutte le auto pubbliche, vanificando, così il beneficio dell’auto di servizio.

Qual è, infatti, la ragione per cui nella notte dei tempi si dispose che alcune categorie utilizzassero l’auto “blu”? Si presume che non sia quella dell’esibizione di uno status, esercizio peraltro poco raccomandabile, ma quella di raggiungere velocemente la destinazione, tenendo conto del fatto che, per l’ufficio di responsabilità ricoperto, il deputato destinatario del “privilegio” ha il dovere di trattenersi a Roma più a lungo dei suoi colleghi e si muove con tempi stretti e imprevedibili. Ma, avendo comunque da espiare qualcosa di fondamentale la faccenda per questa supercasta si è potuta risolvere con una soluzione a metà: la macchina blu te la lascio, però che non appaia proprio blu e si metta in coda come tutti gli altri cittadini sull’ostiense nell’ora di punta.

Cosicché non è stata cosa rara il riconoscimento del passeggero dell’auto blu da parte del cittadino che direttamente dal finestrino aperto gli ha potuto dire quel che ne pensava. Mentre sulla corsia riservata correvano giulive le auto blu dipinte di blu dei noleggiatori, vetri fumè e dentro chissà chi.

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