Il caso politico c’è tutto, quello industriale anche. Il decreto sulle rinnovabili messo a punto dal ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda, è andato indigesto a Lega e Movimento Cinque Stelle, che in un modo o nell’altro intendono smontarne l’impianto. Si tratta in particolare del provvedimento per l’incentivazione delle rinnovabili elettriche diverse dal fotovoltaico.
Lo scorso febbraio il ministro aveva annunciato l’intento di chiudere la legislatura inviando il testo alla Commissione europea, alla Conferenza delle Regioni e all’Autorità per l’Energia prima delle elezioni politiche del 4 marzo. Scopo del provvedimento è gestire l’accesso agli incentivi per le fonti rinnovabili elettriche, avvicinandosi alla competitività per gli anni 2018-2020. Ora il decreto ha ricevuto un primo importante benestare, quello del ministero dell’Ambiente.
Lega e Cinque Stelle, nell’attesa di riuscire a formare il nuovo governo, si sono però messi di traverso, chi per ragioni di merito chi per ragioni di forma. Partendo proprio dalla Lega, questa mattina il responsabile economico del Carroccio, Armando Siri, ha duramente criticato l’operato di Calenda sulle rinnovabili. L’accusa parte dal fatto che un governo in carica solo per sbrigare gli affari correnti, l’ordinaria amministrazione per intendersi, non può varare proveddimenti “significativi” quale quello sull’energia pulita è. “Pare che il ministro Calenda voglia mettere la sua firma su un decreto fondamentale come quello sulle rinnovabili”, ha sottolineato Siri.
Rimarcando il peso specifico che l’energia verde ha nel programma di governo della Lega: “abbiamo dato tantissimo spazio alle rinnovabili per consentire a una platea di investitori di entrare con impianti di piccole o medie dimensioni in un settore fino ad oggi prerogativa di grandi finanziarie, soprattutto estere. Il decreto emanato da Calenda va esattamente nella vecchia direzione e per questo deve essere bloccato”. A conti fatti, è il messaggio sottotraccia della Lega, lo sviluppo delle rinnovabili con annesso nuovo corso industriale, spetta a chi ha vinto le elezioni, non a un governo ormai giunto al capolinea.
Formiche.net ha voluto sentire l’opinione di Gianni Girotto, senatore del M5S e portavoce grillino a Palazzo Madama, nonché estensore del programma energia del Movimento. Le assonanze con la visione della Lega sono molte, anche se i pentastellati ne fanno più una questione di merito e sostanza. “Parliamo di un decreto che deve essere assolutamente migliorato, modificato nel profondo. Per nostra fortuna l’iter politico è ancora lungo visto che serve il parere della Conferenza delle Regioni e anche il benestare dell’Unione europea. Dunque lo spazio c’è, premesso che noi del Movimento Cinque Stelle abbiamo promesso ai nostri elettori di cambiare molti provvedimenti, e lo faremo.”
Nel merito del decreto Calenda, sono molti i coni d’ombra che hanno fatto irrigidire i grillini. “Tanto per cominciare non si sono previsti incentivi per gli investitori di piccola taglia, ad oggi ci pare solo un gran favore ad Eni ed Enel. E poi c’è la questione delle bonifiche, visto che il decreto prevede la possibilità di realizzare zone industriali per l’installazione dei parchi ma senza prima bonificare l’area circostante”. Non finisce qui. La stessa filosofia del decreto sarebbe sbagliata. “Trovo francamente paradossale che un decreto che avrebbe dovuto occuparsi specificatamente delle fonti diverse dal fotovoltaico ha finito per occuparsi principalmente proprio di esso lasciando pressoché fuori dai giochi tante altre tecnologie essenziali per lo sviluppo delle rinnovabili”.
Sul decreto ha detto la sua anche Stefano Saglia, ex sottosegretario allo Sviluppo e oggi nel board Terna, fresca di piano industriale incentrato proprio sulle rinnovabili. “Trovo comprensibile l’atteggiamento di forze politiche che rivendicano il diritto a scrivere una politica energetica al posto di un ministro dimissionario”, spiega a Formiche.net. “Nel merito riconosco che si sia puntato troppo sul fotovoltaico, forse la vera distinzione sarebbe quella tra energie programmabili e non” come il sole e il vento.
Critiche al decreto sulle rinnovabili sono infine arrivate nei giorni scorsi anche dalle stesse associazioni di categoria, per bocca di Legambiente. “Risulta grave che si sia arrivati solo a fine legislatura all’approvazione di un provvedimento che dovrebbe spingere interventi già nel 2018, ma che invece vedrà solo a novembre di quest’anno aprire le aste e i registri previsti, ritardando quindi molto quegli investimenti necessari a far ripartire le installazioni nel nostro Paese”.