Il film è tratto dall’omonimo libro di Giorgio Balzoni, già vicedirettore del Tg1 della Rai, un testo edito da la Storia nel 2016. L’autore è stato uno studente della facoltà di Scienze politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma ed ha frequentato le lezioni di Istituzioni di Diritto e Procedura Penale che Moro teneva nell’aula XI dell’ateneo.
Balzoni ricorda, tra i tanti incontri col Presidente, anche quello a Terracina, avvenuto il 2 giugno del 1974, in cui gli manifestò il desiderio di voler fare il giornalista. Con lui c’era la fidanzata, Fiamma Rossi (in seguito diventata sua moglie nel matrimonio in cui Moro fece da testimone), figlia di Nerino, il direttore moroteo del quotidiano Il Popolo. Infatti, la docu-fiction in onda stasera è stata pubblicizzata proprio con l’immagine di Sergio Castellitto che passeggia con alcuni studenti sulla spiaggia della città tirrenica, con alle spalle il promontorio del Circeo. “Dopo i saluti – ricorda Balzoni – il Professore ci invitò a prendere un caffè a casa. Chi non lo conosceva poteva immaginare che la casa del ministro degli Esteri, più volte presidente del Consiglio e segretario della potentissima Democrazia Cristiana, fosse una villa con giardino e affaccio sul mare. Invece no. Entrammo in un appartamentino al secondo piano di un anonimo condominio. Per arrivare al mare occorreva comunque attraversare la strada che costeggiava la spiaggia. Ci scortò fino al soggiorno. In un angolo c’era il cucinino, (oggi diremmo angolo-cottura) con i piatti che erano serviti per il pranzo appena lavati, da lui, e Oreste (Leonardi, il maresciallo dei Carabinieri che lo proteggeva, ndr) cominciò a preparare la caffettiera. Solo allora Moro si ricordò di rimettere in frigorifero ciò che rimaneva di quelle minestre precotte che aveva imparato a cucinarsi da solo. Anche in questo il Professore era diverso: altri pranzavano e venivano nei ristoranti alla moda, lui magari si accontentava di un uovo al tegamino. Poi si rivolse a Leonardi: ‘Ma non potremmo offrire un gelatino a questi ragazzi?’. E Oreste, pazientemente, scese al bar e tornò con quattro coppette dell’allora che consumano sul terrazzino. Lui, che sapevamo goloso, più felice di tutti”.
IL RAPPORTO SPECIALE TRA LO STATISTA E LA CITTÀ TIRRENICA
Moro stava bene in quel luogo e rimaneva ore ad osservare la linea dell’orizzonte da quel balcone. Una passeggiata nel nucleo medievale sul pendio del colle fino al Tempio di Giove Anxur, un’altra nella parte moderna della città, in riva al mare: Aldo Moro smaltiva spesso a Terracina, nella parte più meridionale della pianura pontina, le sue fatiche. Tra lo statista ucciso dalle Brigate Rosse e la città tirrenica si era determinato, negli anni, un rapporto speciale. Il legame che ha unito la famiglia Moro a Terracina ebbe inizio alla fine degli anni Cinquanta. Col tempo quella frequentazione si consolidò talmente che, nella primavera del 1969 al leader Dc fu conferita la cittadinanza onoraria. Nell’estate del 1959 Aldo Moro, già figura di primo piano della Democrazia cristiana, affittò a Terracina un appartamento dal quale si vedeva il mare. Solo successivamente, con altri componenti della famiglia, decise di acquistare due appartamenti sul lungomare. I Moro si erano organizzati per stare tutti insieme nei pressi della spiaggia: il fratello Carlo abitava al primo piano dell’edificio al termine di viale Circe; l’altro fratello e la sorella dello statista, Salvatore e Marina, poco distante. Moro rimaneva per ore sul balcone di casa ad ammirare il profilo del monte Circeo. Tutti i giorni faceva le sue passeggiate in paese: gli piaceva ascoltare le persone che incontrava e che lo salutavano con deferenza. Non di rado si fermava su qualche panchina a leggere i quotidiani. Spesso il piccolo nipote Luca, figlio di Maria Fida, era la sua unica compagnia nelle lunghe passeggiate. Anche a Terracina, benchè fosse in vacanza, il leader democristiano manteneva un abbigliamento rigoroso: un fotoservizio di fine agosto del 1972 lo ritraeva in giacca bianca avorio e cravatta scura, le scarpe lucide insabbiate fino al tacco, il viso disteso e sorridente. Solo successivamente fu fotografato mentre andava in spiaggia con maglia e calzoncini corti.L’ultima volta che Moro andò a Terracina, nella sua casa di vacanza, fu una decina di giorni prima del sequestro da parte delle Brigate Rosse.
IL DOLORE DEL 9 MAGGIO
Durante il rapimento, le forze dell’ordine cercarono l’ostaggio anche nei pressi di Terracina. Era il 27 marzo 1978, giorno di Pasquetta. L’operazione fu coordinata dal magistrato Infelisi e interessò una zona delimitata a nord da Tarquinia e a sud da Terracina. Ma di Aldo Moro non fu trovata traccia. Quando il successivo 9 maggio 1978 a Roma, in via Caetani, fu ritrovato il cadavere del presidente della Dc testimoni oculari raccontano che anche sul lungomare di Terracina molti, che a lungo avevano sperato nella salvezza di Moro si lasciarono andare ad un pianto sconsolato. Sul cancelletto di quella modesta casa al mare qualcuno pose un mazzo di fiori.